PATRIZIA, OTTO ANNI, SEQUESTRATA
di ROBERTO BIANCHIN, la Repubblica, mercoledì 31 gennaio 1990
VERONA - Vado a prendermi una merendina, ha detto alla mamma. Ed è sparita nella nebbia. Patrizia Tacchella, nove anni a maggio, figlia del boss dell'impero dei jeans (Carrera, Vagabond, Fiorucci) è scomparsa da lunedì pomeriggio [29 gennaio 1990, nda].
Un altro sequestro di persona o il folle gesto di un maniaco? L'ha portata via un uomo coi baffi, dice un compagno di scuola della bambina. Gli inquirenti non si sbilanciano e la famiglia dice che finora non è giunta alcuna richiesta di riscatto.
La solida fortuna della famiglia Tacchella, leader nel settore dell'abbigliamento, sembra però lasciare poco spazio ai dubbi. Patrizia Tacchella è sparita alle quattro e mezza del pomeriggio di lunedì a pochi metri da casa, a Stallavena di Grezzana, un paesino di 8 mila abitanti ad una decina di chilometri da Verona, mentre stava andando, da sola, a comperarsi una merendina in un supermercato poco distante dalla sua abitazione. La sorella Laura, 15 anni, l'ha vista dalla finestra che stava per attraversare la strada. Poi la nebbia ha coperto tutto. Patrizia però al supermercato non è mai arrivata. Qualcuno deve averla rapita prima e fatta salire su una macchina. I carabinieri sarebbero sulle tracce di una Ford Fiesta, vista sul luogo del probabile sequestro, la cui targa, ai primi controlli, sarebbe risultata falsa.
Si indaga anche su un misterioso uomo coi baffi e con l'impermeabile bianco che alcuni testimoni hanno visto due volte, giovedì e sabato scorsi, aggirarsi davanti alla fabbrica della Carrera jeans, che si trova di fianco alla casa dove abitano i Tacchella. E' una villetta di cemento armato e mattoni a vista, lo spaccio per la vendita dei jeans a pianoterra, e al primo piano l'appartamento dove vive Imerio Tacchella, 48 anni, uno dei tre fratelli che si occupano delle sorti dell'azienda (lui è il presidente della Carrera) con la moglie Luciana Favari e 4 figlie, Sara di 17 anni, Laura di 15, Amalia di 4 e Patrizia che compirà 9 anni il 21 maggio. Con lui vive anche il fratello Domenico con la moglie Irma, e poco distante sta anche l'altro fratello, Tito, il cervello dell'azienda.
Un altro sequestro di persona o il folle gesto di un maniaco? L'ha portata via un uomo coi baffi, dice un compagno di scuola della bambina. Gli inquirenti non si sbilanciano e la famiglia dice che finora non è giunta alcuna richiesta di riscatto.
La solida fortuna della famiglia Tacchella, leader nel settore dell'abbigliamento, sembra però lasciare poco spazio ai dubbi. Patrizia Tacchella è sparita alle quattro e mezza del pomeriggio di lunedì a pochi metri da casa, a Stallavena di Grezzana, un paesino di 8 mila abitanti ad una decina di chilometri da Verona, mentre stava andando, da sola, a comperarsi una merendina in un supermercato poco distante dalla sua abitazione. La sorella Laura, 15 anni, l'ha vista dalla finestra che stava per attraversare la strada. Poi la nebbia ha coperto tutto. Patrizia però al supermercato non è mai arrivata. Qualcuno deve averla rapita prima e fatta salire su una macchina. I carabinieri sarebbero sulle tracce di una Ford Fiesta, vista sul luogo del probabile sequestro, la cui targa, ai primi controlli, sarebbe risultata falsa.
Si indaga anche su un misterioso uomo coi baffi e con l'impermeabile bianco che alcuni testimoni hanno visto due volte, giovedì e sabato scorsi, aggirarsi davanti alla fabbrica della Carrera jeans, che si trova di fianco alla casa dove abitano i Tacchella. E' una villetta di cemento armato e mattoni a vista, lo spaccio per la vendita dei jeans a pianoterra, e al primo piano l'appartamento dove vive Imerio Tacchella, 48 anni, uno dei tre fratelli che si occupano delle sorti dell'azienda (lui è il presidente della Carrera) con la moglie Luciana Favari e 4 figlie, Sara di 17 anni, Laura di 15, Amalia di 4 e Patrizia che compirà 9 anni il 21 maggio. Con lui vive anche il fratello Domenico con la moglie Irma, e poco distante sta anche l'altro fratello, Tito, il cervello dell'azienda.
Il paese è chiuso in una gola tra i monti Lessini mangiati dalla cave di marmo, ed è tagliato a metà da una strada provinciale stretta e piena di traffico. I Tacchella, che sono di Lugo, un paese vicino, mentre la sede centrale della fabbrica è a Caldiero, sempre nella zona, sono conosciutissimi. Gente semplice, che conduce vita ritirata dice Angela Barbaglio, il magistrato che conduce le indagini e che accredita come presumibile la tesi del sequestro.
Lunedì pomeriggio Patrizia Tacchella, che è una bambina coi capelli castani e con gli occhiali dalle lenti spesse, stava giocando, come fa spesso, nel giardino davanti a casa, un bel prato dall'erba rasa tagliato a metà da un vialetto di marmo, pini e cipressi tutti intorno. Il giardino non è recintato, perché a fianco c'è il piazzale del parcheggio delle auto dei clienti. Mamma, vado a prendermi una merendina, dice la piccola. Sì, ma torna subito perché dobbiamo andare con Laura a fare delle spese, risponde la madre, ferma sotto il portico della casa.
Luciana Favari la paura del sequestro in realtà ce l'aveva, e tempo fa l'aveva confidato al parroco. Ma il supermercato è dall'altra parte della strada, quasi di fronte alla casa. Laura, dalle un'occhiata, dice all'altra figlia. E Laura guarda la sorellina dalla finestra del primo piano. Patrizia, che frequentava la III elementare nella scuola del paese, vestiva jeans, un maglione rosso a collo alto e un giubbotto color panna, attraversa il giardino e il piazzale, e segue la strada per poche decine di metri. L'ho vista finché è arrivata alla cabina telefonica, poi non sono più riuscita a seguirla con lo sguardo perché c'era nebbia, racconta la sorella Laura, 120 passi appena da casa alla cabina del telefono.
Per raggiungere il supermercato bisogna attraversare la strada sulle strisce pedonali e fare ancora poche decine di metri. In tutto, appena 250 metri, 233 passi. Ma al supermercato Crai, grande edificio dipinto di verde, con i banchi della verdura fuori sul piazzale, Patrizia non ci arriverà mai. I rapitori, approfittando del buio, della nebbia, del traffico, l'hanno portata via nei 113 passi che vanno dalla cabina del telefono al piazzale del supermercato, forse, dice la polizia, volevano rapire una qualsiasi delle quattro sorelle.
La macchina dei rapitori (oltre alla Ford c'è chi parla di una Simca metallizzata, chi di una Porsche, di un'auto con targa straniera), l'aspettava o nel piazzale del supermercato, o in quello davanti alle strisce pedonali o in quello del ristorante-albergo Marchesini, di fianco alla cabina telefonica. Lungo la provinciale i rapitori possono quindi essersi diretti o verso l'autostrada Milano-Venezia o nella direzione opposta verso il Trentino.
La bambina la conoscevo bene, veniva qui quasi tutti i giorni o da sola o con delle amiche, a prendere la merenda, della cioccolata, delle brioches, delle caramelle, racconta Franca Valbusa, commessa al supermercato, ma lunedì pomeriggio non l'ho vista proprio, neanche qui fuori, nel piazzale. Passa un quarto d'ora e la sorella Laura e la mamma di Patrizia cominciano a preoccuparsi non vedendola tornare. Devono uscire assieme per andare a far delle spese. Così, Luciana Favari e l'altra figlia Laura vanno al supermercato e scoprono che Patrizia non è mai arrivata. Allora cominciano a cercarla a casa degli amici, dei compagni di scuola, dove Patrizia andava spesso, di pomeriggio, a fare i compiti. Ma nessuno l'ha vista. Allora telefonano al padre, Imerio, che si trovava nella sede centrale dell'azienda, a Caldiero, e alle 18.45 è lui a dare l'allarme telefonando alla stazione dei carabinieri di Grezzana.
Partono subito battute e posti di blocco. Si perlustrano i casolari delle campagne e delle montagne intorno a Boscochiesanuova, si mobilitano i cani e gli elicotteri, ci cerca anche negli ospedali pensando potesse essere rimasta vittima di un incidente stradale. Ma le ricerche non hanno esito.
Ci sono però alcune testimonianze. Stefania, una mia compagna, racconta Alessandro Segala, che frequenta la stessa classe di Patrizia, mi ha detto che davanti alla fabbrica ha visto un uomo con un impermeabile bianco che faceva finta di leggere e invece scriveva qualcosa su un foglio. Aveva i baffi ma forse erano finti, e quando Patrizia è andata a fare quella spesina, un tizio le ha detto: "Dai che ti porto a casa". E invece l'ha portata via. Questa circostanza è confermata dalla mamma di Stefania, Angiolina Degani Marchesini: Ho visto quell'uomo con l'impermeabile bianco giovedì in due occasioni davanti alla Carrera, racconta, la prima volta giovedì e poi anche sabato, era poco lontano dal pullman che porta i bambini a sciare. Non l'avevo mai visto da queste parti e mi sembrava una persona che cercasse qualcosa.
Sandro Righetti, che fa il vigile volontario davanti alla scuola, racconta invece di uno sconosciuto, un uomo sulla quarantina da lui mai visto in paese, che è sceso da un' auto targata Verona e gli ha chiesto dove poteva trovare un telefono. Ma di fronte al telefono, dove c' è il ristorante-albergo Marchesini, la titolare, signora Giuliana, dice di non aver visto nulla di sospetto: "No, no, non mi sono accorta di niente". La conoscevo benissimo, veniva qui a giocare spesso. Veniva sempre in bicicletta, è una bambina molto simpatica, dice Augusta Zullo, una vicina di casa. E a scuola, nella terza elementare frequentata da Patrizia, i compagni la ricordano come una bambina allegra e vivace anche se un po' timida. Era brava a scuola, studiava e non aveva difficoltà in nessuna materia, dice Stefania, una sua compagna di classe, giocavamo sempre assieme. Le eravamo tutti tanto affezionati. Sul paesino di Stallavena scende una nebbia fitta come il latte. Come quando Patrizia è scomparsa. A casa Tacchella tutte le luci sono accese. Ma quel maledetto telefono resta muto.
Lunedì pomeriggio Patrizia Tacchella, che è una bambina coi capelli castani e con gli occhiali dalle lenti spesse, stava giocando, come fa spesso, nel giardino davanti a casa, un bel prato dall'erba rasa tagliato a metà da un vialetto di marmo, pini e cipressi tutti intorno. Il giardino non è recintato, perché a fianco c'è il piazzale del parcheggio delle auto dei clienti. Mamma, vado a prendermi una merendina, dice la piccola. Sì, ma torna subito perché dobbiamo andare con Laura a fare delle spese, risponde la madre, ferma sotto il portico della casa.
Luciana Favari la paura del sequestro in realtà ce l'aveva, e tempo fa l'aveva confidato al parroco. Ma il supermercato è dall'altra parte della strada, quasi di fronte alla casa. Laura, dalle un'occhiata, dice all'altra figlia. E Laura guarda la sorellina dalla finestra del primo piano. Patrizia, che frequentava la III elementare nella scuola del paese, vestiva jeans, un maglione rosso a collo alto e un giubbotto color panna, attraversa il giardino e il piazzale, e segue la strada per poche decine di metri. L'ho vista finché è arrivata alla cabina telefonica, poi non sono più riuscita a seguirla con lo sguardo perché c'era nebbia, racconta la sorella Laura, 120 passi appena da casa alla cabina del telefono.
Per raggiungere il supermercato bisogna attraversare la strada sulle strisce pedonali e fare ancora poche decine di metri. In tutto, appena 250 metri, 233 passi. Ma al supermercato Crai, grande edificio dipinto di verde, con i banchi della verdura fuori sul piazzale, Patrizia non ci arriverà mai. I rapitori, approfittando del buio, della nebbia, del traffico, l'hanno portata via nei 113 passi che vanno dalla cabina del telefono al piazzale del supermercato, forse, dice la polizia, volevano rapire una qualsiasi delle quattro sorelle.
La macchina dei rapitori (oltre alla Ford c'è chi parla di una Simca metallizzata, chi di una Porsche, di un'auto con targa straniera), l'aspettava o nel piazzale del supermercato, o in quello davanti alle strisce pedonali o in quello del ristorante-albergo Marchesini, di fianco alla cabina telefonica. Lungo la provinciale i rapitori possono quindi essersi diretti o verso l'autostrada Milano-Venezia o nella direzione opposta verso il Trentino.
La bambina la conoscevo bene, veniva qui quasi tutti i giorni o da sola o con delle amiche, a prendere la merenda, della cioccolata, delle brioches, delle caramelle, racconta Franca Valbusa, commessa al supermercato, ma lunedì pomeriggio non l'ho vista proprio, neanche qui fuori, nel piazzale. Passa un quarto d'ora e la sorella Laura e la mamma di Patrizia cominciano a preoccuparsi non vedendola tornare. Devono uscire assieme per andare a far delle spese. Così, Luciana Favari e l'altra figlia Laura vanno al supermercato e scoprono che Patrizia non è mai arrivata. Allora cominciano a cercarla a casa degli amici, dei compagni di scuola, dove Patrizia andava spesso, di pomeriggio, a fare i compiti. Ma nessuno l'ha vista. Allora telefonano al padre, Imerio, che si trovava nella sede centrale dell'azienda, a Caldiero, e alle 18.45 è lui a dare l'allarme telefonando alla stazione dei carabinieri di Grezzana.
Partono subito battute e posti di blocco. Si perlustrano i casolari delle campagne e delle montagne intorno a Boscochiesanuova, si mobilitano i cani e gli elicotteri, ci cerca anche negli ospedali pensando potesse essere rimasta vittima di un incidente stradale. Ma le ricerche non hanno esito.
Ci sono però alcune testimonianze. Stefania, una mia compagna, racconta Alessandro Segala, che frequenta la stessa classe di Patrizia, mi ha detto che davanti alla fabbrica ha visto un uomo con un impermeabile bianco che faceva finta di leggere e invece scriveva qualcosa su un foglio. Aveva i baffi ma forse erano finti, e quando Patrizia è andata a fare quella spesina, un tizio le ha detto: "Dai che ti porto a casa". E invece l'ha portata via. Questa circostanza è confermata dalla mamma di Stefania, Angiolina Degani Marchesini: Ho visto quell'uomo con l'impermeabile bianco giovedì in due occasioni davanti alla Carrera, racconta, la prima volta giovedì e poi anche sabato, era poco lontano dal pullman che porta i bambini a sciare. Non l'avevo mai visto da queste parti e mi sembrava una persona che cercasse qualcosa.
Sandro Righetti, che fa il vigile volontario davanti alla scuola, racconta invece di uno sconosciuto, un uomo sulla quarantina da lui mai visto in paese, che è sceso da un' auto targata Verona e gli ha chiesto dove poteva trovare un telefono. Ma di fronte al telefono, dove c' è il ristorante-albergo Marchesini, la titolare, signora Giuliana, dice di non aver visto nulla di sospetto: "No, no, non mi sono accorta di niente". La conoscevo benissimo, veniva qui a giocare spesso. Veniva sempre in bicicletta, è una bambina molto simpatica, dice Augusta Zullo, una vicina di casa. E a scuola, nella terza elementare frequentata da Patrizia, i compagni la ricordano come una bambina allegra e vivace anche se un po' timida. Era brava a scuola, studiava e non aveva difficoltà in nessuna materia, dice Stefania, una sua compagna di classe, giocavamo sempre assieme. Le eravamo tutti tanto affezionati. Sul paesino di Stallavena scende una nebbia fitta come il latte. Come quando Patrizia è scomparsa. A casa Tacchella tutte le luci sono accese. Ma quel maledetto telefono resta muto.
ROBERTO BIANCHIN
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