Con Griffith fu mito


Benvenuti e la saga in USA
Ma poi arrivò Monzon...

Diventò campione contro l’amico Emile, la resa con l’argentino 
In Italia la lotta con Mazzinghi divise il pubblico incollato alla radio

"Griffith era una persona adorabile. 
Ho cercato di aiutarlo quando si è ammalato ed era in difficoltà"

21 May 2025 - La Gazzetta dello Sport 
Di Riccardo Crivelli
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Si potrà discutere all’infinito su chi sia stato il più grande pugile italiano della storia, ma non c’è dubbio che Nino Benvenuti sia riuscito, più di ogni altro, a diventare il simbolo di una nazione intera. E le sue tre grandi saghe – con Mazzinghi, Griffith e Monzon (malgrado il doppio, drammatico epilogo) – resteranno per sempre nel romanzo leggendario dello sport, e non soltanto di quello azzurro. Nino disputa il primo match della vita a 13 anni e mezzo contro Gigi Pirola, che di anni ne ha 17 e soprattutto pesa 50 chili mentre lui arriva a malapena a 40. Eppure, lo domina in tre round. L’inizio di una carriera che finirà dritta nel mito: Benvenuti ha tecnica, tempismo, fantasia, lucidità tattica e un gancio sinistro enciclopedico. Quando il 7 settembre 1963 Sandro Mazzinghi diventa campione del mondo dei superwelter, titolo confermato a dicembre, il Paese dei Guelfi e dei Ghibellini, come da tradizione, si spacca a metà. D’altronde li divide proprio tutto: Nino ha la boxe di velluto, piace ai puristi e molto alle donne; il toscanaccio Mazzinghi è un guerriero indomito, e allo stile predilige il cuore e la battaglia.

La rivalità

Benvenuti, tra l’altro, non è disposto a condividere la popolarità con un pugile che da dilettante era stato un comprimario e accetta di scendere di tre chili, lui medio naturale, per affrontarlo, non prima di aver scelto di combattere contro molti degli ex avversari del campione del mondo, oltre che con l’emergente Carlos Duran in uno dei più bei match della storia della boxe italiana. L’organizzatore milanese Vittorio Strumolo fiuta l’affare, allestisce l’evento allo stadio di San Siro davanti a 40.000 spettatori con un incasso superiore ai cento milioni; la borsa di Mazzinghi, campione, è di 22 milioni, lo sfidante Benvenuti si deve accontentare di 15. In allenamento, Nino ha studiato a lungo il colpo perfetto: non il temibile gancio sinistro, ma il montante destro. E dopo cinque riprese in cui attende che il rivale si scopra, l’oro di Roma lo centra appunto con un terribile montante destro al mento per il conteggio definitivo. È lui il nuovo iridato WBA dei medi Jr. Per contratto, però, occorre disputare la rivincita, che viene organizzata al Palasport di Roma il 17 dicembre 1965: a bordo ring ci sono tra gli altri Mastroianni, Tognazzi, Mina e Annie Girardot. È una battaglia durissima, per la prima volta in carriera Benvenuti deve disputare tutte le 15 riprese, domina all’inizio ma soffre nella parte centrale, però con gli ultimi due round regola la questione ai punti con verdetto unanime: alla fine della sfida però è costretto a ricorrere all’ossigeno, mentre Mazzinghi ha il volto tumefatto. Ci vorranno più di cinquant’anni perché lo sconfitto accetti il verdetto con la riconciliazione del 2018 che sistema tutte le questioni pendenti.

Griffith 

Il 25 giugno del 1966 Benvenuti, che intanto è campione d’Europa dei medi, perde a sorpresa l’iride dei superwelter a Seul contro il coreano Kim Ki-Soo, la prima sconfitta in carriera. La sua popolarità però rimane intatta e il manager Amaduzzi può preparare lo sbarco in America per sfidare Emile Griffith, campione unificato (WBC e WBA) dei medi. Per gli americani, un confronto senza storia: Griffith nel 1962 ha letteralmente ucciso sul ring Benny Paret, mentre si dice che Benvenuti sia stato scelto solo perché è biondo e ha gli occhi azzurri nell’America infiammata dalla questione razziale. Il 17 aprile 1967, al Madison Square Garden di New York, davanti a 15.000 spettatori tra cui Rocky Marciano, Nino è un maestro di tattica: atterra Griffith nel 2° round, subisce un conteggio nel 4° ma fa valere la miglior scherma e l’allungo superiore, resiste a una ferita al naso e si impone ai punti in 15 riprese. Per Ring News è il match dell’anno, in Italia sono le quattro di notte, non c’e tv ma si calcola che 18 milioni di connazionali siano rimasti svegli ad ascoltare la radiocronaca di Paolo Valenti. Il 29 settembre 1967, nella rivincita allo Shea Stadium, Griffith si impone ai punti con verdetto non unanime: serve la bella. Che si disputa il 4 marzo 1968 nel rinnovato Madison, con Griffith ancora favorito. Dopo 8 round equilibrati, Benvenuti atterra il rivale nel nono con il proverbiale gancio sinistro e poi controlla le sfuriate di Emile: è di nuovo campione, ai punti, in quello che resta probabilmente il suo capolavoro. In Italia, 15.400.000 spettatori, secondo le stime della RAI, hanno seguito il match in televisione.

Monzon 

La trilogia con Griffith segna l’apogeo di Benvenuti. All’orizzonte adesso si staglia un misterioso argentino, Carlos Monzon, imbattuto dal 1964 ma che non ha mai combattuto fuori dall’America. Leggenda vuole che Amaduzzi sia andato a vederlo a Buenos Aires ma abbia preferito i locali della dolce vita. E così, il 7 novembre 1970 a Roma, Nino si ritrova di fronte un picchiatore terribile che resiste 12 round alla sua scherma e poi lo fulmina con un destro. Il campione detronizzato vuole la rivincita a tutti i costi, ma l’8 maggio 1971 a Montecarlo, davanti ad Alain Delon e a tutto il bel mondo dell’alta società, subisce due atterramenti in tre round prima che Amaduzzi, in lacrime, getti la spugna. L’anno dopo, Nino non accetterà 300 milioni per il Mondiale dei mediomassimi contro il venezuelano Rondon. Un rifiuto che vale più di un’altra vittoria.

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