Festa Vauquelin. E a casa di Hinault la Francia spera
Il corridore dell’Arkea, 24 anni, è quarto in classifica
Dalla sua Normandia si entra nella Bretagna del gigante
11 Jul 2025 - La Gazzetta dello Sport
Di Filippo Maria Ricci INVIATO A VIRE NORMANDIE
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Dalla Normandia alla Bretagna, tra arazzi di conquista, prestiti storici, anglofoni scatenati, monumenti del Tour e giovani francesi, sognando di ritrovare la grandeur a pedali perduta. Allez! Oggi la tappa va da Saint Malo al Mur-de-Bretagne, e l’ultima parola in ambito ciclistico porta dritta a Bernard Hinault. Il Tour rende omaggio all’ultimo francese in maglia gialla a Parigi, 40 anni fa: al chilometro 51 ecco Calorguen, dove Hinault vive insieme ad altre 7000 anime, al 120 c’è Yffiniac, dove Hinault è nato, il 14 novembre 1954. Erano passati 10 anni dall’estate di fuoco della Normandia, liberata dallo sbarco americano e lacerata dalla lotta con l’invasore tedesco. Migliaia di morti, battaglie porta a porta. E la vittoria: il 14 giugno del 1944 Charles de Gaulle, appena tornato dopo quattro anni di là dalla Manica, a Bayeux, avvio della tappa di ieri, pronuncia il suo primo discorso in terra di Francia. L’accoglienza della Normandia al Generale è straordinaria e Bayeux diventa la capitale simbolica del Paese fino al 25 agosto, quando sarà liberata Parigi.
Enfant du Pays
E a Bayeux è nato Kévin Vauquelin, nell’aprile del 2001. Ieri il Tour è passato a 500 metri da casa sua, i genitori hanno organizzato una fan zone tutta per lui e «a un certo punto ho visto una mongolfiera con la mia faccia» ha detto il giovane. I genitori erano in lacrime dopo la crono di mercoledì nella quale ha chiuso al quinto posto conquistando il podio della generale, a 59” da re Tadej. La Francia a due ruote è impazzita, l’attesa per una vittoria genera grande ansia, e allora, tutto su Kévin! Che si prende le sue responsabilità con un gran sorriso, sperando di reggere la pressione.
Arazzi e parole
Del resto viene da una terra di gente coraggiosa. Bayeux conserva un magnifico tesoro: in italiano lo conosciamo come arazzo, in realtà Kevin Vauquelin, 24, ha vinto a Bologna al Tour 2024 è un magnifico tessuto ricamato lungo 68,3 metri che racconta la storia della campagna normanna in Inghilterra, simbolizzata dalla battaglia di Hastings del 1066. L’opera non si è mai mossa da Bayeux ma presto andrà a Londra, prestata al British Museum. I normanni conquistarono l’Inghilterra, la lingua inglese ha conquistato il mondo, e ieri anche il Tour: i primi 6 della classifica erano tutti anglofoni. Vauquelin ci ha provato: «Correvo davanti alla mia gente ma niente da fare, il Tour è così, ma ci saranno altre occasioni». Sicuramente. La Francia sogna, e pedalare sulla terra di Hinault è d’ispirazione. Bayeux dopo il Generale e l’arazzo vuole il suo pezzo di storia del ciclismo.
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BERNARD HINAULT
È nato ad Yffiniac, in Bretagna, il 14 novembre 1954.
È stato pro’ dal 1975 al 1986.
Ha corso per Gitane (1975-1977); Renault (19781983); La Vie Claire (19841986).
Ha conquistato 10 grandi giri (su 13 corsi, il 77%): 5 Tour (1978, 1979, 1981, 1982, 1985); 3 Giri d’Italia (1980, 1982, 1985, su altrettante partecipazioni) e 2 Vuelta (1978 e 1983).
Poi il Mondiale 1980 (a Sallanches, in Francia); la ParigiRoubaix 1981; due LiegiBastogneLiegi (1977 e 1980); due Giri di Lombardia (1979 e 1984)
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VINGEGAARD CI PROVA, POGACAR LA SPUNTA E LASCIA IL GIALLO
Con l’OK di Tadej, la fuga è perfetta per riportare l’amico van der Poel in testa. Il danese scatena i suoi per far restare leader lo sloveno, senza riuscirci
Forse la Visma voleva lasciarmi la maglia ma alla fine Mathieu l’ha presa
Mi sono ripreso bene dopo la crono di Caen Sarà un Tour duro sino alla fine
11 Jul 2025 - La Gazzetta dello Sport
Filippo Maria Ricci INVIATO A VIRE NORMANDIE (FRANCIA)
Jonas voleva che la maglia restasse sul busto di Tadej, che invece voleva darla all’amico Mathieu. E così anche ieri, come ogni giorno che passa in questo Tour benedetto dall’elettricità, c’è stato un finale decisamente agitato. Mentre l’irlandese Healy all’arrivo se la rideva sotto i suoi baffetti trionfatori, Van der Poel vedeva il suo corpo e il suo vantaggio cuocersi al sole normanno e Pogacar assisteva con stupore e crescente fastidio all’improvviso e inatteso forcing della Visma di Vingegaard.
La mossa
Per mettere le cose in contesto: dopo appena 27 chilometri Van der Poel ha attaccato portandosi dietro 3 colleghi, gruppetto che poi si è allargato a 8 unità. Pogacar ha lasciato fare, avere il ‘querido’ olandese in giallo gli avrebbe risparmiato pensieri e sforzi notevoli in questo weekend che tra un’altra ‘classica’ (oggi) e due possibili volate (sabato e domenica) lunedì porterà il gruppo ai rilievi del Massiccio Centrale. E così i fuggitivi hanno accumulato un vantaggio che a un certo punto ha toccato i 5 minuti, molto più degli 88 secondi che Van der Poel aveva da Pogacar alla partenza di Bayeux. Poi Healy se n’è andato da solo fino al traguardo di Vire Normandie e Mvdp ha iniziato a sciogliersi. E quando quelli della Visma hanno capito che con un piccolo sforzo avrebbero potuto lasciare Pogacar in giallo, con relativo protocollo all’arrivo e responsabilità nei prossimi giorni, hanno messo Jorgensen e Benoot a mulinare il rapportone. Con Jonas a soffiargli sul collo.
Le informazioni
«Alla fine sinceramente non ho ben capito cosa volesse fare la Visma – ha detto Pogacar con una faccia tra noia, rabbietta e ironia – ma sono andati su duri e noi li abbiamo solo seguiti. Il nostro piano di giornata era quello di non tirare granché ma le prime due ore sono state incredibilmente veloci. A quel punto ci siamo messi a ragionare sull’opportunità di andarci a prendere la tappa o meno: abbiamo deciso di non sprecare proiettili e di pedalare alla nostra velocità e Marc Soler ha fatto un gran lavoro come il resto della squadra. Poi improvvisamente davanti è arrivata la Visma con due punte: hanno deciso di dare tutto, immagino perché avevano informazioni sul fatto che Van der Poel stesse soffrendo e perdendo il vantaggio. Forse la Visma voleva lasciarmi la maglia, ma alla fine Mathieu l’ha presa per un secondo e allora chapeau a lui, è stato super lucido oggi e i fuggitivi hanno fatto un lavoro incredibile la davanti, complimenti».
Via 3 maglie
E così il collezionista di maglie sloveno ieri le ha perse tutte e tre: la gialla a VDP, la verde a Milan (primo sul traguardo volante dopo 22 chilometri e poi tranquillissimo fino all’arrivo con mezz’ora di distacco), quella a pois al fedele compagno Wellens. «Per me non è un problema avere la maglia gialla – ha detto Tadej – ma l’obiettivo è spendere il meno possibile e domani (oggi, ndr) c’è un altro bel finale adatto a me, e bisogna pensare che poi avremo bisogno di ancora un po’ di gambe per la seconda e la terza settimana. Per questo oggi per quanto ci riguarda abbiamo fatto un gran lavoro». Pogacar piccato e soddisfatto, Vingegaard sollevato e coperto: a fine gara non ha voluto dare spiegazioni sull’azione della Visma nel finale, ma ci ha tenuto a ribadire che gli incubi della crono di mercoledì sono stati cacciati: «A Caen per me è stata una giornata complicata e ovviamente ero parecchio dispiaciuto. Ma poi ho dormito ed è cominciato un nuovo giorno, mi sono sentito molto meglio e la cosa mi ha reso felice. Non penso di aver pagato gli sforzi esplosivi dei primi giorni altrimenti avrei sofferto anche oggi, però si, quando è uscito il percorso del Tour avevo pensato che la prima settimana sarebbe stata tranquilla e mi sono sbagliato. È un tour molto duro, e sarà così fino alla fine». Senza dubbio, ma è inutile di guardare tanto in là, oggi da Saint Malo a Mur-de-Bretagne 197 chilometri con doppio passaggio sulla salita finale e 2450 metri di dislivello. Chi si ferma, o si distrae, o rallenta, è perduto.
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Stravolto - È stata una giornata durissima per uno come van der Poel, uomo simbolo delle classiche: l'olandese è tornato in maglia gialla dopo averla lasciata mercoledì all’amico Pogacar
Van der Poel distrutto ma torna leader per 1”: «Ero vicino ai crampi»
Filippo Maria Ricci
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Distrutto. Svuotato. Incapace d’intendere il presente e di volere il futuro. Il primo caldo di questo Tour ha spremuto Mathieu Van der Poel più del limone evocato da Trine Marie Vingegaard domenica quando parlava delle pretese della Visma e delle fatiche di suo marito Jonas.
La memoria
L’olandese è crollato clamorosamente alla fine di una tappa che l’ha visto davanti a Pogacar per 144 chilometri. È stato maglia gialla virtuale per ore, arrivando ad accumulare un vantaggio di 4 minuti. Alla fine si è rimesso il simbolo del Tour per un solo secondo. E senza alcuna gioia, alcun piacere. Ieri sulle magnifiche strade della Normandia Svizzera (nome guadagnato dalla regione francese per colori, alberi, eleganza e mucche sparse) l’ultimo genio della dinastia Van der Poelydor ha sofferto a dismisura. Quando si è presentato davanti a noi gli abbiamo subito chiesto di Mur-de-Bretagne, l’arrivo di oggi dove nel 2021 vinse la prima delle sue due tappe al Tour, conquistando la maglia gialla che era sempre sfuggita a suo nonno, ‘Poupou’ Poulydor. Emozioni in volo, ricordi, pensieri tra ciclo e famiglia, amore dei francesi e orgoglio degli olandesi. Insomma, quello di oggi non è mica un arrivo qualsiasi per Mvdp.
Sfinito
Martedì, dopo aver perso la volata con Pogacar a Rouen, Mathieu si era rammaricato perché voleva vincere una tappa vestito di giallo. Oggi un’altra occasione. All'olandese esce un sorriso prostrato, tra ironia e disperazione: «Sinceramente non sto pensando a domani. Oggi ho dovuto fare uno sforzo bestiale e sarà veramente difficile avere le gambe per vincere, ma vedremo». Il gigante olandese si tocca la testa come se gli facesse male, come se volesse estrarre quella sensazione di torpore causata dallo sforzo e dal sole: «Sì, avevamo fatto degli allenamenti al caldo per prepararci a giorni come questi, ma in tutta sincerità non ho notato i benefici» dice con un guizzo di humour lungo come il suo vantaggio su Pogacar. «È stato un giorno durissimo, il caldo mi ha portato al limite, sono andato vicino ai crampi e non mi vengono mai. Tutti sanno che le classiche sono la mia specialità, ora spero solo di recuperare bene per provare a vincere un’altra tappa nelle prossime settimane». No, l’olandese volante non parla di domani, che sarebbe oggi. Il traguardo è solo uno: il lettino del massaggiatore.
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Che festa per l’irlandese Healy. L’Inghilterra lo voleva in Mtb
È il 15° irlandese a vincere al Tour: «Sugli ultimi due Muri c’era una sensazione magnifica. Ci riproverò»
f.m.r. - INVIATO A VIRE NORMANDIE (FRANCIA) EPA
L’irlandese di Birmingham è raggiante. Come a Fossombrone nel Giro del 2023 Ben Healy ha fatto un bel numero e si è preso la tappa. Allora se ne andò a 50 dall’arrivo, ieri è partito con un manipolo di compagni a -144 e ai -42 ha sorpreso i 7 che erano con lui con una mossa d’intelligenza contadina. Ben ha visto sulla sinistra un lungo e protettivo campo di mais e l’ha usato come muro contro il vento per piantare i compagni di fuga come pannocchie e involarsi verso la vittoria e l’ottavo posto nella generale: «Volevo sorprenderli e ce l’ho fatta, per questo non sono partito su una delle côte ma ho preferito attaccarli con un movimento di pura gamba». E così il ragazzo del 2000 corteggiato dalla Gran Bretagna che amava la mountain bike e ha scelto l’Irlanda dei parenti paterni e la bici da corsa aggiunge il suo nome agli irlandesi vincitori al Tour: 14 tappe da Seamus Elliott a Roubaix nel 1963 a Sam Bennett a Parigi 5 anni fa, e oggi la sua 15a. «Il mio idolo era Dan Martin e aggiungere il mio nome alla lista di irlandesi che hanno vinto qui mi riempie d’orgoglio. Sugli ultimi due muri sono stato travolto dall’emozione, era una sensazione magnifica. Ci riproverò».
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