NOBIRU - «The Atomic Bowl», se lo sport è tra le macerie
Un gesto irrispettoso della distruzione circostante, le testimonianze, il pericolo nucleare tra passato e presente
MATTEO BOSCAROL
Il Manifesto - Martedì 19 agosto 2025
Pagina 14
Lo sport e la guerra hanno spesso intersecato i loro percorsi nel corso della storia dell’umanità e in numerose occasioni, la propaganda bellica ha contribuito a assimilare e distorcere gli ideali e gli obiettivi che dovrebbero guidare l'attività sportiva.
Un episodio forse poco noto, anche perché fu soppresso per molti decenni dopo la fine del secondo conflitto mondiale, è quello che accadde nella città giapponese di Nagasaki il primo gennaio 1946. Pochi mesi dopo che la seconda bomba atomica fu sganciata sull’arcipelago, le truppe americane di stanza nella cittadina in rovine decisero di organizzare una partita di football americano a pochi chilometri dall’epicentro. La partita, che fu chiamata inopinatamente Atomic Bowl e pubblicizzata con volantini e poster affissi sui ruderi della città, si giocò tra due squadre composte di militari americani, gli Isahaya Tigers e i Nagasaki Bears.
The Atomic Bowl: Football at Ground Zero - and Nuclear Peril Today, è un documentario che esplora gli eventi che portarono alla partita, disponibile sul canale della PBS, il network statunitense nato nel 1970 che nel corso di decenni ha dato spazio a tante voci fuori dal coro e contro. Diretto da Greg Mitchell, il lavoro non solo racconta la storia dietro la partita ma anche il significato che un evento di tali proporzioni e così scandalosamente irrispettoso ha per l’attuale momento storico che stiamo vivendo. Non a caso The Atomic Bowl apre con immagini in bianco e nero di Nagasaki in macerie che sfumano sulla distruzione provocata da bombardamenti su città mediorientali in anni recenti. Il documentario cioè, specialmente nella sua ultima parte, si chiede il perché gli eventi dell’Atomic Bowl si collegano sia con il pericolo nucleare che stiamo vivendo, sia con lo stato di guerra in cui il mondo sembra essere caduto.
LA BOMBA al plutonio sganciata su Nagasaki il 9 agosto 1945 è, secondo il documentario, spesso relegata in secondo piano rispetto a quella di tre giorni prima su Hiroshima.
Ma, oltre ad essere stata un ordigno più simile a quelli che vennero costruiti in seguito, le vicende che portarono all’immane distruzione della cittadina portuale giapponese, ci dicono molto anche della fallibilità dei piani militari e dei rischi, sempre presenti, ed essi legati.
Come è stato ampiamente documentato, nella missione di Nagasaki tutto sembrò incepparsi, dalla pompa del carburante dell’aereo che si ruppe, ai piloti che non riuscirono a vedere il loro obiettivo principale a causa delle nuvole, al cambio di obiettivo all’ultimo momento dalla cittadina di Kokura a Nagasaki, fino all'aereo che trasportava il Fat Man costretto a un atterraggio di fortuna in quanto il carburante si esaurì. L’imprecisione dello sgancio della bomba che esplose sopra il quartiere di Urakami, una zona circondata da colline, finì per proteggere, per quanto possibile, parte della città. Nonostante questo, più di settantamila persone morirono a causa dell’esplosione e altre centinaia di migliaia in seguito a malattie causate dalle radiazioni.
Nagasaki è stata una delle prime città ad accogliere il cristianesimo in Giappone fin dal sedicesimo secolo, una testimonianza di questa forte penetrazione della religione nella zona è la cattedrale di Santa Maria a Urakami, costruita nel 1877. La bomba esplose a 500 metri dalla cattedrale distruggendola completamente. Non lontano dalla cattedrale e a poco più di un chilometro dall’epicentro, sorgeva una scuola commerciale, anche questo edificio fu quasi completamente distrutto dalla detonazione, ne rimasero in piedi solo alcune mura esteriori.
ALL’INTERNO, ci racconta il documentario, alcuni testimoni scorsero dei messaggi scritti col sangue, probabilmente da alcuni dei 162 studenti o dei 13 insegnanti che lì perirono.
Proprio il campo davanti alle rovine della scuola fu scelto come luogo dove organizzare e giocare la partita di football americano il primo gennaio 1946. Data che fu scelta perché corrispondente al periodo natalizio occidentale, ma che è anche la festività più importante celebrata nell’arcipelago, l’Oshogatsu. Come molti degli altri eventi sportivi organizzati dalle truppe americane, la partita doveva servire sia per dare morale ai soldati, sia come attività di scambio culturale e di intrattenimento per la popolazione locale giapponese. Giustificazioni e motivazioni che sono tanto scandalose quanto rivelatrici dell’approccio che accompagna ogni sforzo bellico, ma che specialmente nel caso della bomba atomica sganciata su Nagasaki e dell’Atomic Bowl, dimostra la programmatica indifferenza dei vincitori e la normalizzazione della crudeltà necessaria per il funzionamento della macchina da guerra. In questo senso, le testimonianze di alcuni membri dell’esercito americano che occasionalmente si occupavano di guidare alcuni ufficiali in «visita» a Nagasaki fra le rovine, aggiunge un corollario infernale a una situazione già di per sé fuori da ogni logica.
IL DOCUMENTARIO si divide in capitoli, l’esplosione, l’occupazione della città, la partita e infine le domande che l’Atomic Bowl ancora fa risuonare nelle coscienze degli spettatori. Stilisticamente il lavoro è composto da fotografie e video girati da soldati americani e testimonianze, anche da parte giapponese, sulla partita. Alcuni filmati di repertorio sono in colore e mostrano le conseguenze delle radiazioni sui corpi di alcuni cittadini sopravvissuti. Si tratta anche di materiale girato da giapponesi e che fu sequestrato e per decenni tenuto nascosto dall’occupazione americana.
COME SI DICEVA più sopra, la partita, a cui fra l’altro seguì qualche tempo dopo anche una di calcio giocata da soldati inglesi, fu quasi cancellata dalla memoria. Da parte americana ci si rese conto forse e comunque troppo tardi dello scandalo e dell’ignominia e anche che, lasciando i militari nella zona, li si esponeva alle radiazioni. Molti dei soldati che occuparono Nagasaki cominciarono infatti a rendersi conto, fin dai mesi successivi all’esplosione, che le conseguenze sulla loro salute erano reali, alcuni cominciarono infatti a perdere i capelli e altri i denti.
The Atomic Bowl cita nelle sue fasi finali le parole del filosofo e matematico Jacob Bronowski secondo le quali nel 1945 ciò che accadde fu un cambiamento delle dimensioni dell’indifferenza dell’uomo verso il suo simile. Indifferenza verso l’altro e, come abbiamo visto, normalizzazione della crudeltà e della violenza perpetrata sono caratteristiche che la partita del primo gennaio 1946 ha, in maniera quasi surreale, se non fosse tragica, portato alla luce e che ha chiari riverberi in quello che sta succedendo sul nostro pianeta in questi ultimi anni.

Commenti
Posta un commento