CICLISMO » PRENDE IL VIA DOMANI DA KIGALI IN RUANDA, CON BINIAM GIRMAY
Mondiali in Africa
PASQUALE COCCIA
Il Manifesto - Sabato 20 settembre 2025
Pagina 18
I mondiali di ciclismo su strada, che iniziano domani fino al 28 settembre a Kigali, in Ruanda, si svolgono per la prima volta in Africa. Mai le competizioni delle due ruote indette dalla UCI, l’Unione Ciclistica Internazionale, hanno battuto strade africane, perché la storia del ciclismo è stata raccontata solo in chiave europea. Ci hanno sempre detto che gli africani avevano leve lunghe, perciò andavano bene per l’atletica o la pallacanestro, mai per i pedali. Aspetti organizzativi e biciclette di fortuna non hanno mai consentito al ciclismo africano di emergere, a differenza del calcio che comunque ha richiesto tempi lunghi.
Vale per tutti il caso del ciclista nero Désiré Kabore, che nel 2006 al Tour du Faso, nella tappa Boromo-Koudougou di 115 Km, lanciato verso il traguardo per conquistare il 72° posto, si ritrovò con i freni saltati e finì contro l’ambulanza ferma all’arrivo. La sua bici da corsa, frutto di una donazione italiana aveva il telaio usurato e i freni consumati, come racconta Marco Pastonesi in Strade nere. 100 storie di ciclismo in Africa e di ciclisti africani (Ediciclo, 16 euro) da poco in libreria.
Il tunisino Ali Neffati era dotato di gran resistenza, tanto che i fratelli Pélisser, una celebrità del ciclismo francese, lo incoraggiarono a iscriversi al Tour de France del 1913, ma la colletta fatta dagli amici nel corso di una festa per comprare una bici da corsa non gli consentì autonomia durevole. Nel 1914 riuscì a strappare un 33° posto al Tour, poi i morsi della fame presero il sopravvento.
Oggi il riscatto del continente è rappresentato dall'eritreo Biniam Girmay, che corre per una squadra europea, primo africano a vincere la Gand-Wevelgem nel 2022, una classica del World Tour.
LA STORIA CON LE VITI
Di gregari e corridori sconosciuti, campioni e paesaggi d’altri tempi parla un pregevole libretto Sul ciclismo (il Saggiatore, euro 10) che raccoglie estratti degli scritti di Gianni Brera sull’epica delle due ruote. In tempi in cui abbonda la retorica delle cronache dal Tour de France e dal Giro d’Italia, la scrittura ariosa e letteraria di Brera offre uno scatto di reni sul traguardo a lettori e a telespettatori succubi di cronache urlate, cornice di un ciclismo spettacolo tutto furbizia, doping e «aiutini» elettrici collocati nei mozzi o nei telai delle bici.
Attraverso le viti di una bicicletta si può scrivere la storia d’Italia, ricordava Gianni Brera, che alle sue prime uscite da scriba era solito intrufolarsi al Velodromo di via Canova a Milano, trasportando ruote e bagagli dei corridori, dando l’impressione di essere al seguito delle squadre. Occasione per parlare direttamente con i corridori e informarsi sul loro stato di forma e la portata delle loro «macchine» come allora chiamavano le bici.
SALSICCE DEMOCRATICHE
Al seguito della corsa rosa Brera non mancava di tratteggiare le figure minori che vivevano le luci della ribalta per un giorno, come il gregario Pambianco, che strappò la maglia rosa al francese Jacques Anquetil nella tappa Ancona-Firenze al Giro del 1961: «Quando prese la maglia rosa a Firenze mi ricordai della sua povertà grande e capii come aveva fatto a prendere la maglia rosa: si era avventato giù dal Muraglione, sull’asfalto viscido, e soltanto i poveri come lui avevano osato seguirlo. Intanto i milionari avevano stretto i freni, badando a scendere con il minor danno possibile». Lo sconosciuto Pambianco si inseriva nella scia dei poveri come Luigi Ganna vincitore del primo Giro d’Italia nel 1909 che, giovane muratore, andava in bici ogni giorno da Varese a Milano e dopo una giornata di lavoro faceva il ritorno.
La penna di Brera descrive con leggerezza e in poche righe l’Italia di allora, i paesaggi, i personaggi, le condizioni meteo avverse e le scritte burlone: « Il paese che attraversiamo è il più bello del mondo. Purtroppo non si lascia vedere. Nell’acquivento è solo corrucciato, e questo, certo, non è un bel auspicio. Al Ghisallo uno striscione galeotto «Salsicce, castagne e vino per tutti». Due preti in ferma sotto il pronao della chiesetta votiva rifanno a rovescio il conterraneo Don Abbondio.
Cardi non deve avere spirito manzoniano, si ferma e rientra nel folto gruppo...il gufo del contatto radio si interrompe per farci sapere che è in fuga Polidori».
Le cronache ciclistiche di Brera sono anche cronache politiche di quegli anni ‘50 che caratterizzarono l’Italietta bigotta, oscurantista e democristiana. All’eroe delle due ruote, l’Airone Coppi, vincitore del Giro e del Tour nel '49 e nel '52, non si perdonò l’amore segreto e poi pubblico per Giulia Occhini, sposata con un medico di Varese (ENrico Locatelli, ndr) e madre di due figli. Brera che allora, a soli 30 anni, era il direttore della Gazzetta dello Sport, si schierò con Coppi: «Così entra la Dama Bianca nella storia del ciclismo e del pettegolezzo filisteo. Achille può avere un amico diletto ma non già coricarsi con Briseide. Il campionissimo è soltanto un eroe muscolare. Non gli sono concesse evasioni sentimentali... L’Italia nella quale Fausto ha osato accogliere e tenere con sé Giulia Occhini Locatelli è ancora quella di Wilma Montesi».
La violenza verbale anticoppiana animata dai tifosi di Bartali ai bordi delle strade e quella scritta, alimentata dai giornali di regime di allora, fino al carcere che si abbatté su Occhini per abbandono del tetto coniugale, non si discosta molto dalla cultura maschilista e possessiva di oggi che si spinge fino all’atto estremo del femminicidio.
La lettura degli scritti di Brera possono sembrare un tuffo nostalgico nel passato, in cui industria, ciclismo e benessere del boom economico caratterizzarono l’Italia, invece rappresentano una chiara cronaca del tempo raccontata dal Bar Sport, frequentato allora da contadini e operai che rappresentavano la spina dorsale di un’ Italia divisa in due economicamente e socialmente. Ai mondiali in Ruanda ci sarà un Brera nero che saprà raccontare la povertà e la storia dell’Africa attraverso le viti di una bicicletta?

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