E Finn ci regala un lampo iridato
Lorenzo ha rifilato 2'05" al secondo il britannico Grindley
Una vera impresa
Sopra, Lorenzo Mark Finn, ancora 17 anni.
Già nell'orbita Red Bull nel 2025
passerà tra gli Under 23 con la loro squadra di sviluppo.
MONDIALI - Zurigo 2024
Il genovese non ha avuto rivali
Nemmeno i quotatissimi Seixas (settimo) e l'iridato uscente Philipsen (scivolato) sono riusciti a contenere le sue sfuriate
Ha attaccato due volte, la prima a circa 60 chilometri dal traguardo.
È il corridore italiano più promettente, sogna il Tour e passerà Under 23 per crescere ancora
Da uno dei nostri inviati
Davide Bernardini
ZURIGO - Lorenzo Mark Finn non era nemmeno nato quando Diego Ulissi, nell'agosto del 2006, vinse a Spa il primo di due campionati del mondo consecutivi tra gli juniores. Finn è di dicembre, del 19.
Ciò che più gli è rimasto impresso della sua memorabile giornata sono stati i complimenti dei connazionali professionisti al rientro in albergo.
Tra questi Ulissi, appunto, che avrà senz'altro avuto modo di constatare quanto il tempo sappia passare in fretta, seppur un giorno alla volta.
Di Finn oggi si dice quello che si diceva di Ulissi vent'anni fa: che al talento abbinano allenamenti esagerati e poco lungimiranti, per questo raccolgono quel che raccolgono. Ulissi, tuttavia, visse il suo periodo da promessa in un'epoca in cui le voci di corridoio e le leggende potevano intersecarsi con la realtà con una certa fluidità. Finn, al contrario, è attore di un ciclismo in cui nascondersi sembra più complicato. Si allena quanto è giusto che si alleni uno degli juniores più promettenti al mondo e che alla fine della passata stagione è stato ingaggiato da una squadra, l'Auto Eder, che sostanzialmente non è nient'altro che una delle formazioni di sviluppo della Red Bull-Bora-hansgrohe. Ed è così che Finn diventò per tutti il primo juniores italiano a scegliere di trasferirsi in una realtà straniera.
In due mesi scarsi, tra la metà di luglio e l'inizio di settembre, ha partecipato a tre gare a tappe una più prestigiosa dell'altra: Valromey in Francia, terzo; Aubel-Thimister-Stavelot in Belgio, una tappa e la classifica generale; Giro della Lunigiana, un successo e il secondo posto finale. Eppure, sostiene lui, al mondiale non era giusto considerarlo uno dei favoriti. Ma come?
«Prima di me venivano almeno Seixas, che mi ha battuto al Lunigiana e che in Francia considerano già il prossimo francese a vincere il Tour, e Philipsen, che il mondiale lo vinse l'anno scorso. E vero, tuttavia, che io mi sentivo in forma: in allenamento, anzi, avevo fatto registrare i miei record in termini di potenza. I giorni precedenti li ho vissuti con la serena consapevolezza di chi sapeva di poter disputare una bella corsa».
Il primo attacco a una sessantina di chilometri dall'arrivo, spregiudicato soltanto relativamente poiché alle sue spalle non c'era più ormai il gruppo compatto. L'affondo decisivo lo ha lanciato a ventuno chilometri dalla fine, quando Philipsen era già scivolato e Alvarez pedalava a vuoto, stremato.
«È stato allora - ricorda Finn - che ho iniziato a credere di poterci riuscire. La gamba rispondeva come doveva, la mente era lucida: se non mi succede qualcosa d'imprevedibile non mi riprende più nessuno, ho pensato. Mi rendo conto di non aver dato l'impressione d'essere incredulo, ma credetemi quando vi dico che lo ero: in un attimo si sono mescolate stanchezza, incredulità e gioia. Avevo appena vinto una di quelle gare, la più importante anzi, che ho sempre seguito con attenzione in televisione».
La prima corsa che ricorda d'aver visto quotidianamente è il Tour de France del 2018 (pensare che Ulissi partecipò per la prima e unica volta l'anno prima, sfiorando una tappa) e da allora prova simpatia per Thomas, la maglia gialla di quell'edizione.
«Prima ho giocato a tennis e a calcio- racconta - Poi, per un problema a un ginocchio legato alla crescita, ho smesso d'essere un buon difensore e ho cominciato ad appassionarmi al ciclismo. Non che Genova, la mia città, incentivi l'attività o la passione, tra il traffico e la scarsa tradizione. All'inizio non ero minimamente consapevole di ciò che mi aspettava: pedalare mi piaceva, attenzione, ma si vede che rispetto ai miei coetanei dovevo ancora maturare, e quindi non raccoglievo mai un risultato che fosse uno. Anzi, alla prima gara non mi portato dietro nemmeno una spilla da balia per tenere fermo il dorsale: non avevo capito ancora un granché, insomma».
Figlio di due ingegneri e padre inglese, lingua che anche il figlio parla con naturalezza, la storia di Finn sembra quella di un predestinato: il figlio della buona società che inizia a imporsi aiutato perlopiù da una grossa dose di talento. A giugno ha onorato la sua Liguria conquistando in perfetta solitudine la prova in linea del campionato italiano degli juniores a due passi da casa, a Casella, nell'Alta Valle Scrivia. Lasciò il secondo a 2'28", ventitré secondi in più di quelli affibbiati a Zurigo a Grindley medaglia d'argento.
«In Svizzera non si è visto perché sono riuscito a fare la differenza, ma il mio punto debole è la volata. Bisogna che migliori assolutamente, non posso pensare di staccare sempre tutti. Mi reputo un corridore completo, ma di base rimango scalatore che si difende dignitosamente in pianura. Apprezzo le gare di un giorno più impegnative, ma i miei sogni hanno a che fare con quelle a tappe, soprattutto col Tour de France. Che ci alleniamo troppo e che veniamo trattati come dei giovani professionisti non è del tutto corretto, basti pensare ai chilometraggi che ancora affrontiamo, la metà di quelli professionistici. Io e i miei compagni dell'Auto Eder siamo evidentemente talentuosi, altrimenti non ci avrebbero cercati, ma non ci montiamo la testa né tantomeno crediamo d'essere arrivati. O perlomeno non io, tant'è che l'anno prossimo mi rimetterò in gioco tra gli Under 23».
Se fosse passato direttamente professionista, in molti non avrebbero avuto niente da ridire: tanti juniores lo hanno fatto prima di lui, la maggior parte senza la maglia di campione del mondo sulle spalle.
«Invece sento di dover completare il mio percorso di crescita con una certa regolarità e senza azzardare. Tra gli Under 23 cercherò subito dei risultati, magari tra il Giro e l'Avenir, questo sì. Ma per il professioni- smo credo che ci sia ancora tempo. Devo ancora diplomarmi allo scientifico, a dirla tutta. Ecco, da questo punto di vista invidio i miei compagni stranieri, perché all'estero il sistema scolastico viene maggiormente incontro agli studenti impegnati nello sport ad alto livello. A loro non toccano i sacrifici che invece devo mettere in conto io. Ma devo soltanto stringere i denti e affrontare l'ultimo anno, poi capirò finalmente che piega prenderà la mia carriera».
Volando più basso che si può, diciamo che il mondiale di Zurigo qualche indicazione di massima dovrebbe averla data.
Davide Bernardini
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È scattato quando all'arrivo mancavano 21 chilometri
Chi è Lorenzo Mark Finn
Di chiare origini inglesi (il padre è di Sheffield), Lorenzo Mark Finn è nato a Genova il 19 dicembre del 2006.
Dopo la prima stagione tra gli juniores affrontata in Italia con la Cps, da quest'anno milita nella Grenke Auto Eder, una delle formazioni della galassia della Red Bull-BORA-hansgrohe. Nel 2024 ha vinto le due prove, in linea e a cronometro, dei campionati italiani e la generale dell'Aubel-Thimister-Stavelot. Ha chiuso terzo al Valromey e secondo al Lunigiana. Nel 2025 entrerà a far parte del vivaio Under 23 della Red Bull-BORA-hansgrohe.
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Iridato tra gli juniores
17 anni dopo Ulissi
Al ciclismo italiano, il mondiale degli juniores mancava dal 2007, quando Diego Ulissi bissò il trionfo dell'anno precedente, centrando una storica doppietta (in alto, i due insieme in una sorta di passaggio di consegne). Sopra, Lorenzo Mark Finn mentre taglia incredulo il traguardo di Zurigo. Sul podio con lui (a sinistra) sono saliti il britannico Grindley e l'olandese Remijn, seppur distanti più di 2'.


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