Addio al Migliore
IL CINEMA SALUTA REDFORD L’IMPEGNO OLTRE IL FASCINO
Aveva 89 anni: sex symbol a Hollywood ma anche ecologista e sostenitore dem, con i suoi tanti ruoli ha attraversato e interpretato la storia USA
"Era una figura culturale di enorme influenza per le scelte
creative fatte come attore, produttore e regista"
- Ron Howard, regista
"Ha fatto parte di una Hollywood piena di energia negli Anni 70 e 80.
Difficile credere che avesse 89 anni..."
- Stephen King, scrittore
Incarnava un’America per cui si deve combattere"
- Jane Fonda, attrice
"Redford è stato un campione dei valori progressisti,
- Jane Fonda, attrice
come l’accesso alle arti, creando opportunità per i giovani"
- Hillary Clinton, ex Segretaria di Stato degli Stati Uniti
- Hillary Clinton, ex Segretaria di Stato degli Stati Uniti
"Hai avuto un impatto immenso e mi hai ispirato in tanti modi:
sei stato l’epitome del 'cool' e lo sarai sempre"
- Lindsey Vonn, sciatrice
"Il mondo ha perso un incredibile attore, regista, marito, padre, amico.
Cosa darei per un ultimo ballo..."
- Demi Moore, attrice
17 Sep 2025 - La Gazzetta dello Sport
Di Marco Ciriello
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Ha passato la vita a cercare di far dimenticare la sua bellezza. Prima come attore e poi come regista. Robert Redford – morto ieri a Provo, nello Utah, a 89 anni – è stato il corpo, la faccia, l’anima degli Stati Uniti diversi. Ha inseguito la diversità dal suo aspetto rassicurante, prima di tutto, perché dalla diversità proveniva: «Sono cresciuto in una parte sfortunata di Los Angeles, dove non c’era molto da fare se non vivere le differenze, andare in posti diversi e sentire storie diverse». E quelle storie sono diventate le sue biografie cinematografiche, saltando da un bello a un bandito, da un candidato democratico libero a un trapper che vive libero, per poi tornare metropolitano e conforme, e di nuovo bandito, per farsi definitivamente oppositore delle trame peggiori dell’America oscura del Watergate e della Cia.
Militante
Un’oscillazione tra l’essere il migliore e rinnegarsi, tra l’ammicco forzato hollywoodiano, l’essere un uomo da copertina e il voler sfuggire dalla fama, in un tentativo di normalizzazione della bellezza con l’impegno. I suoi americani sono oscillazione o schizofrenia tra opposti tenuti insieme dalla sua faccia, dal suo corpo e dalla sua voce. È stato quello che più si è posto il problema da maschio e che più l’ha detto e dimostrato. L’America lo voleva romantico, innamorato o pronto a innamorarsi, Redford voleva invece mostrare le contraddizioni di un Paese che sta sotto mille cieli e troppe terre e milioni di confini inventati dai pregiudizi, riuscendo ad essere un militante elegante, ecologista, difensore delle minoranze, democratico nonché fondatore di un grande festival cinematografico: il Sundance. Un vero atto politico. La sua è stata una carriera lunga e meravigliosa, tanto che si può giocare con gli americani incarnati e disegnare le traiettorie ostinazione alla bellezza e della sua accettazione. Andando da Paul Bratter (A piedi nudi nel parco) a Sundance Kid (Butch Cassidy), da Bill McKay (Il candidato) a Jeremiah Johnson (Corvo rosso non avrai il mio scalpo!), arrivando a Hubbell Gardiner (Come eravamo). Uno snodo: non a caso, nel film, si chiede se da agiato conformista possa rinunciare alla sua tranquillità wasp per amore d’una ebrea comunista (Barbra Streisand). E dopo diventa Johnny Hooker (La stangata) e Jay Gatsby (Il grande Gatsby), per poi svoltare e avere ragione della bellezza con Joseph Turner (I tre giorni del Condor )e Bob Woodward (Tutti gli uomini del presidente), chiudendo con il giocatore di baseball Roy Hobbs (Il migliore «che ci sia mai stato») e l’ultimo protagonista Forrest Tucker (Old Man & the Gun). Redford è stato anche un grande regista e pure in questa carriera c’è una idea della sua America, dai drammi privati di Gente comune (vinse l’oscar come regista) agli inganni pubblici di Quiz Show, fino ad arrivare a Mary Surratt, la donna accusata di cospirazione nell’assassinio di Abraham Lincoln in The Conspirator, per citarne solo alcuni.
Sport
Si potrebbe poi disegnare una biografia di Redford sportiva, tenendo dentro la sua passione per il tennis e ricordando che è stato compagno di classe di Don Drysdale, lanciatore dei Dodgers. Ma, soprattutto, Redforfd è stato lo sciatore David Chappellet ne Gli spericolati, il motociclista Halsy Knox ne Lo spavaldo ed ha raccontato il mondo del golf da regista con La leggenda di Bagger Vance, diventando tutte queste cose insieme nei titoli di apertura di Come eravamo, in cui Pollack lo mostra come campione universitario di canottaggio, corsa, lancio del peso e del giavellotto. Redford è stato il prolungamento del sogno kennediano con il cinema, ma al suo sguardo lo schermo stava stretto. Voleva solo essere un cowboy: spazi larghi, silenzio e lontano, come il filo dell’orizzonte, la gloria.
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Il debutto nel '60
Due matrimoni e quattro figli
Californiano di origini scozzesi e irlandesi, Robert Redford debuttò in teatro nel 1958 dopo aver studiato a New York, spinto dalla prima delle sue due mogli, Lola Van Wagenen, da cui ebbe quattro figli (due morti). Il suo primo film è del 1960, in totale saranno quasi 50, oltre a varie partecipazioni in tv. Redford ha fondato il Sundance Institute per sostenere cineasti giovani e indipendenti.

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