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RIVA - di Gianni Brera (1974)

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di Gianni Brera (1974) Dal 1966-67 il calcio italiano si chiama Riva: per i suoi gol ha vinto un campionato d'Europa nel '68 ed ha potuto qualificarsi ai mondiali nel '70. Riva è stato battezzato come Luigi a Leggiuno, dov'è nato, il 7 novembre 1944. Oggi lo chiamano Gigi, che è una patente offesa al suo eroismo d'atleta. Per ovviare a questo equivoco grottesco mi sono ingegnato di trovargli soprannomi un po' enfatici ma schietti come "Rombo di tuono" e "Re Brenno". Normalmente lo chiamo Luis o anche Luison, che ha senso vezzeggiativo come in francese. Qualche volta mi accade di parafrasare i sardi unendo nome e cognome in un Gigirriva che almeno ha il pregio di evitare il lezio di Gigi, vezzeggiativo adatto persino a Didi, un nero che arrossisce (!) per timidezza, non certo a Rombo di tuono. Gigirriva è stato acquistato appena diciassettenne dal Cagliari per 37 milioni di lire. Era in forza al Legnano e giocava ala sinistra-centravanti. Era

MORINI - di Gianni Brera (1974)

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di GIANNI BRERA I Mondiali di calcio , Fabbri Editori (1974) Ha avuto la sfortuna di maturare, come stopper, in un periodo in cui il campo nazionale era «chiuso» da Roberto Rosato, uno dei più forti difensori del dopoguerra. Così è giunto in azzurro a 30 anni, dopo una carriera che avrebbe potuto meritargli altre e maggiori soddisfazioni.  Fisicamente imponente (un metro e 80, 73 chili), toscano di nascita (San Giuliano Terme, Pisa, '44), Cecco Morini è cresciuto nella Sampdoria, alla rude scuola di un altro difensore tutto grinta e decisione, Guido Vincenzi. Marcatore inesorabile, duro e scorbutico, Morini è passato alla Juventus nel 1969: titolare fisso del ruolo di stopper ha imparato anche l'arte del disimpegno, affinandosi tecnicamente. In Nazionale è arrivato nel febbraio 1973 (Turchia-Italia 0 a 1): alla soglia dei mondiali aveva disputato 5 partite in azzurro, e il centravanti avversario, affidati alla sua guardia, non era mai riuscito a segnare. Sia in azzurro sia in b

BONIPERTI - di Gianni Brera

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di GIANNI BRERA - I mondiali di calcio Nasce in casa del podestà di Barengo, antica rocca longobarda sul primo ondularsi delle colline novaresi dominate dal Monte Rosa. Lo chiamano Gian Piero come esige la moda del momento (ultimi anni Venti). Il podestà di Barengo si chiama Agapito, in onore di uno dei santi protettori di Novara. Possiede un bel fondo coltivato a riso e vigneti, che è il massimo pensabile di completezza per una "possion" (da possessione, ovviamente). Gian Piero è l'ultimo dei suoi figli, il "caroeu". Prima di lui, una sorella destinata a laurearsi in "Cattolica"; un fratello che lo precederà al Collegio Rosmini di Arona e studierà medicina. Il "caroeu" folleggia per le frisone e le brune alpine della stalla, per i cavalli che, meno goffi e grevi dei tiratori di carro, vengono attaccati al bilancino della carrozza padronale, qualcosa di molto simile a un "fiacre". Padre Agapito ha nel sangue i vizi gloriosi degli ag

ANASTASI PIETRO

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di Gianni Brera, "I Mondiali di calcio", 1974 La sua storia sarebbe piaciuta ai lettori dei romanzi rosa: piccolo raccattapalle catanese assisteva sognando ad occhi aperti alle partite di serie A. Suo idolo era, allora, John Charles, gigantesco centravanti della Juventus. Dieci anni dopo eccolo, nella stessa squadra, a ricoprire lo stesso ruolo. «Pietruzzu» Anastasi ha incominciato a tirar calci in una squadretta siciliana di serie D, la Massiminiana. Nel '66, dopo un campionato in cui segnò 18 reti, venne acquistato dal Varese, allora in B. Dopo due stagioni in riva al lago è passato alla Juventus, segnando 14 reti nel '68-69 e 15 nel '69-70, si è dimostrato dapprima efficace realizzatore, non potente ma astuto e veloce. In seguito si è anche affermato come centravanti di manovra, abile ad aprire nelle difese avversarie i varchi in cui potessero infilarsi altri realizzatori. In Nazionale ha esordito l'8 giugno 1968, Italia-Jugosl

Luigi Rigamonti, il Gran Lombardo

Gianni Brera, Sport e giornalismo: il Gran Lombardo G. Brera, L’arcimatto, Longanesi, Milano, 1978. Il brano che segue racconta la storia di Luigi Rigamonti , bresciano, campione di lotta libera, sport povero ieri come oggi. L’atleta era anche un grande chirurgo , soprannominato Gran Lombardo [1] per la sua integrità fisica e morale.  Il Gran Lombardo è primario chirurgo all’ospedale di Brescia. Ha smesso di fare lotta. Sono anni che deve curare la professione e non più di quella. È un tipo straordinario. Tu sai che suo fratello è morto in una sciagura aerea: bene, quando veniva via con la Nazionale doveva farlo di nascondone per non impressionare né i vecchi né la moglie.  […]  Il Gran Lombardo era alle prese con Johansson*  (io, Brera, non ne ricordo il nome), campione del mondo. Johansson l’ha preso un po’ sottogamba. Il Gran Lombardo l’ha abbrancato per la vita e stava per schienarlo senza pietà. Così stretti, i due omoni hanno resistito un poco soffiando come ba

Cruijff

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di Gianni Brera I Mondiali di calcio: storia e personaggi dei campionati dal 1930 al 1974 presentati da Gianni Brera Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1974 Johan Cruijff è nato ad Amsterdam il 25 aprile 1947. Suo padre erbivendolo se la campava molto modestamente. Quando Johan aveva dodici anni, suo padre è morto e sua madre, povera donna, si è dovuta acconciare a fare la lavandaia. Fra i clienti di madama Cruijff figurava una società di calcio, l’Ajax di Amsterdam. Il piccolo Johan si appassionò di calcio per via dell’Ajax e dei suoi piedi non proprio ben fatti. Questi impulsi suole esercitare l’orgoglio in chi non è fisicamente perfetto: sentendosi fuori dalla norma, il piccolo Johan non ha avuto altra ambizione che dimostrarsi superiore a chi nella norma rientrava per il meglio: che se erano malformati i piedi le gambe erano buone e Johan sapeva giovarsene con naturale baldanza. Un vecchio pallone dell’Ajax gli venne donato per il tredicesimo compleanno ed egli ne fece

Solo Bearzot può succedere a Bearzot

di Gianni Brera,  la Repubblica, 3 luglio 1986 INTROVABILE per tutti, Enzo Bearzot ha confidato a un amico di aspettarsi come altre volte di venir crocefisso, però di non voler resuscitare più. Nell'ammissione era consapevole amarezza e, come sempre, notevole serietà.  Bearzot ha in mano un contratto che lo lega alla Federcalcio - e viceversa - fino al 1990, cioè ai prossimi campionati mondiali. Questo contratto non sarebbe stato stilato secondo le norme prescritte.  Io stesso ho sentito un paio di azzeccagarbugli che ne prospettavano la denuncia. E mi sono augurato in cuor mio che una nefandezza del genere non venisse aggiunta alle molte già perpetrate nella pedata italica.  Bearzot ha lavorato benissimo, con molta onestà: non va ricambiato con porcherie: se vuol andarsene (e io tuttora ne dubito), lo faccia almeno con il conforto di non avere sprecato né tempo né denaro: anche lui tiene famiglia.  Pedatori senza genio percepiscono somme da capogiro; è giust