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Visualizzazione dei post da novembre, 2014

Dortmund, disturbo bipolare

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Già agli ottavi di Champions League, e con un turno di anticipo, anche se in un girone non impossibile con Arsenal, Anderlecht e Galatasaray. Ultima da sola con appena 11 punti in tredici giornate di Bundesliga. Difficile da spiegare con i soli, freddi numeri un avvio di stagione così bipolare del Borussia Dortmund. Gli infortuni, tanti e pesantissimi, spiegano molto, ma non tutto. Reus, Hummels, Papastathopoulos, Immobile, Kirch, Blaszczykowski e adesso, nel 2-0 di Francoforte contro l'Eintracht, di nuovo Piszczek, a lungo fuori la scorsa annata.  Ma anche con un robusto e prolungato alibi come questo, come può una squadra seconda negli ultimi due campionati e finalista di Champions appena due stagioni fa ad aver racimolato, in campionato, solo due risicate vittorie interne con Friburgo e Gladbach (grazie al clamoroso autogol di Kramer) più quella esterna con l'Augsburg, e il doppio 2-2 con Stoccarda e la matricola assoluta Paderborn? Una squadra che ha sì cedu

Real Carlos, Sweet 16

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Se-di-ci. Sedici come le vittorie consecutive fra coppe e campionato, nuovo record di club del Real Madrid. Sedici come i milioni l'anno che il Manchester United sarebbe intenzionato a offrire, secondo El Mundo Deportivo , a Carlo Ancelotti, l' entrenador della Décima . Povero Malaga: in una settimana proprio le due superpotenze di Madrid, finaliste di quella Champions, le sono toccate. Sabato scorso al Calderon, 3-1 per i Colchoneros; stavolta, a La Rosaleda, 2-1 firmato dai due terzi meno nobili della "BBC" - Benzema e Bale -, ma col Real in dieci per l'espulsione di Isco, che si è rovinato col rosso il ritorno a casa. La striscia di Don Carlos è cominciata il 25 agosto col 2-0 in Liga sul Cordoba. Poi sono seguite altre 13 vittorie in campionato, 5 in Champions e il 4-1 esterno sul Cornellà in Copa del Rey. Un cammino trionfale, che ha migliorato il precedente primatoi stabilito dal Madrid di José Mourinho, stagione 2011-2012, quello della Liga vi

Saints vs City: One Kun Show

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Seconda contro terza nel big-match della 13esima di Premier League. Sin qui niente di strano se non fosse che i primi inseguitori del Chelsea, capolista in fuga solitaria, non sono i campioni d'Inghilterra, bensì i Saints; la squadra dei miracoli in questo primo scorcio di stagione. Smantellata e poi ricostruita in una notte di mezza estate, la rivelazione nel passaggio da Mauricio Pochettino a Ronald Koeman è riuscita a far dimenticare ai tifosi le cessioni eccellenti e a ripartire con un gruppo che pare persino più forte di quello che l'anno scorso ha chiuso con l'ottavo posto in campionato. Partiti Shaw allo United e Chambers all'Arsenal, il terzetto Lovren-Lambert-Lallana al derelitto Liverpool post-Suarez, per non parlare dei corpi estranei Osvaldo e Ramirez, sembrava che al St Mary's spirasse forte il vento del ridimensionamento. Invece, là dove il 7 dicembre di un anno fa il Manchester City non andò oltre l'1-1 firmato Osvaldo e Aguero, il gioca

A qualcuno piace Calderón

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Per i turisti che giungono da tutto il mondo a Madrid una delle tappe obbligatorie è ormai da decenni uno stadio.  Il Santiago Bernabéu, la casa del Real. Uno degli stadi più belli del mondo, uno dei più capienti, uno di quelli con il museo più emozionante, con i trofei più lucenti. Ma chi passa da Madrid e ha solo pochi giorni per visitarla rischia di perdersi un piccolo gioiellino: il Vicente Calderón. Non è sontuoso come il Bernabéu ma è più a misura d’uomo; non è gonfio di trionfi come lo stadio del Real ma, anche vuoto, è pieno dell’amore dei tifosi biancorossi; non è enorme ma, tutto esaurito, è caldo come pochi stadi del vecchio continente. Fino al 1966 l’Atlético gioca le sue partite casalinghe in un altro impianto, l’Estadio Metropolitano de Madrid, un centro storico ma freddo, gonfio di tradizione ma piccolo. I soli 35.800 spettatori non bastano più ad un popolo affamato di calcio e di emozioni e così nel 1958 sono i soci del club a sottoscrivere delle obbligazioni e a pag

El estadio Vicente Calderón cumple 45 años con los días contados

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El Atlético se mudará en 3 años, una vez empiecen las obras en 'La Peineta' El Manzanares se inauguró el 2 de octubre de 1966, con Luis como goleador Los atléticos vivieron en el Calderón momentos como los del doblete de 1996 RAMÓN PIZARRO, RTVE.es 01.10.2011 Cuando el Atlético de Madrid se enfrente en la tarde de este domingo al Sevilla, su campo, su querido Manzanares o Vicente Calderón, cumplirá 45 años. Una historia que comenzó a la una menos cuarto de la tarde del dos de octubre de 1966, transmitido en directo por Televisión Española y con el Valencia como primer rival. Un campo moderno En aquella fecha, el Estadio del Manzanares se convirtió en un hito de la modernidad, con su aforo de 40.000 espectadores (54.851, después de la última remodelación) , todos sentados, su avanzada arquitectura y sus comodidades, como una muestra de lo que España podía construir si la FIFA le concedía un anhelado, pero no conseguido, Mundial de 1974. Con la llegada al Manzanares, la enti

Del Retiro al Vicente Calderón

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En nuestros más de 100 años de historia, hemos cambiado de casa en varias ocasiones CAMPO DEL RETIRO (1903-1913) En un solar situado detrás de las tapias del Retiro, conocido como el “campo de la rana”, se ubicó el primer campo de fútbol del Athletic Club de Madrid, donde el 2 de mayo de 1903 se organizó un partido entre sus socios. La implicación de estos primeros miembros del equipo era de tal magnitud que hasta el terreno de juego era alisado por ellos mismos, al igual que debían pintar las líneas del campo y fijar las porterías en el suelo. Era un campo que estaba sin vallar pero circundado por una zanja, para evitar que los carros de basura accediesen para arrojar desperdicios. En estos terrenos no sólo se practicaba el nuevo deporte sino que también en ocasiones se utilizaba como espacio de instrucción militar. Para aquella época, el campo del Retiro no sólo era uno de los mejores de la capital sino también de España. CAMPO DE O´DONNELL (1913-1923) La creciente asistencia de

Vite da NBA: Shawn Kemp

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https://www.basketinside.com/nba/rubriche-nba/vite-da-nba-shawn-kemp/ di Jacopo Calzavara  Basket inside - 26 novembre 2014 Shawn T. Kemp nasce il 26 novembre 1969 a Elkhart, allora piccola cittadina dell’Indiana di poco più di 40mila anime. Sin da piccolo dimostra grandissima predisposizione per lo sport, grazie alle sue doti fisiche fuori dal comune e alla sua iperattività senza confini e, nonostante provenga da una famiglia abbastanza povera e sia soggetto a numerosi casi di razzismo che lo vedono coinvolto negli edifici scolastici, il giovane Shawn diventa un’autentica celebrità del basket sia nei playground locali che tra i tifosi della sua high school.  Razzismo, una parola che salterà fuori parecchie volte nell’adolescenza di Shawn Kemp. Normale a quei tempi, se nasci in uno stato del Midwest, normale se fai parte della minoranza afroamericana di una città prevalentemente bianca dell’Indiana, normale a pochi anni dalla fine delle lotte razziali. In diverse occa

Vite da NBA: Shawn Kemp

basketinside.com /nba/rubriche-nba/vite-da-nba-shawn-kemp/ di Jacopo Calzavara - 26/11/2014 Shawn T. Kemp nasce il 26 Novembre dell’anno 1969 a Elkhart, che in un quel periodo era una piccola cittadina dell’Indiana di poco più di 40mila anime. Sin da piccolo dimostra grandissima predisposizione per lo sport, grazie alle sue doti fisiche fuori dal comune e alla sua iperattività senza confini e, nonostante provenga da una famiglia abbastanza povera e sia soggetto a numerosi casi di razzismo che lo vedono coinvolto negli edifici scolastici, il giovane Shawn diventa un’autentica celebrità del basket sia nei playground locali che tra i tifosi della sua high school. Razzismo, una parola che salterà fuori parecchie volte nell’adolescenza di Shawn Kemp. Normale a quei tempi, se nasci in uno stato del Midwest, normale se fai parte della minoranza afroamericana di una città prevalentemente bianca dell’Indiana, normale a pochi anni dalla fine delle lotte razziali. In diverse occasioni du

Giampaolo, c'è chi dice no

Quando dice no, è no. Indietro non si torna. Costi quel che costi. Foss'anche 700 mila euro l'anno. Perché «l'orgoglio e la dignità non hanno prezzo». Lo scrisse via-fax lui stesso al suo legale Piero Olla ai tempi del Cagliari. Era il 19 dicembre 2007. Il presidente Massimo Cellino aveva licenziato Nedo Sonetti e aveva richiamato Marco Giampaolo. Come l'anno prima, dopo l'allontanamento di Franco Colomba. Giampaolo, però, la seconda volta disse no.  Cellino aveva deciso il primo esonero di Giampaolo il 17 dicembre 2006, all'indomani della sconfitta con l'Udinese. E lo aveva definito "una decisione più politica che tecnica". Tempo due mesi, e Cellino lo richiamò: Giampaolo tornò, e conquistò la salvezza a una giornata dalla fine del campionato. Al Brescia, ha detto stop il giorno dopo la sconfitta in casa, 1-2 sabato col Crotone. Domenica mattina non ha diretto l'allenamento, e da allora è irreperibile. Cellulare staccato, e che Gino Cor

Capello prende la paga

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L'aspetta da cinque mensilità, e Fabio Capello non vedeva l'ora di prenderla la paga. In senso letterale, però. Quella intesa come stipendio. Invece a prenderla, e pesante, è stata la sua Russia, battuta 1-0 dall'Austria che all'Ernst Happel di Vienna aveva il suo miglior giocatore, Alaba, infortunato e in tribuna come spettatore. Ma anche senza l'uomo-ovunque nel futuristico Bayern di Pep Guardiola, l'Austria si è confermata rivelazione del Gruppo G, che adesso guida da imbattuta con 10 punti in quattro partite, e il prezioso scalpo della grande favorita del girone. Il Ct non esonerabile in virtù del contratto da 8 milioni annui prolungato fino alla fine del Mondiale in casa del 2018, aveva detto di pensare solo alla partita, anche se per Vienna non sono partiti i suoi collaboratori Christian Panucci e Massimo Neri, entrambi ancora senza contratto. Ma alla partita ci ha pensato, e bene, anche il suo collega Marcel Koller. E la sua Austria potev

Il venerdì delle Eurodeluse

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Finalmente è venerdì, finalmente si gioca. Ha tanta voglia di ricominciare a farlo - e da campioni del mondo - come vuole il Ct Joachim Loew la Germania, la più grande fra le eurodeluse di questo primo scorcio di qualificazioni. Solo 4 punti in tre partite, e la prima, storica sconfitta contro la Polonia. E ora l'occasione per evitare altri storici processi: a Norimberga contro Gibilterra, matricola sin qui dietro la lavagna con due sette e un tre nella casella dei gol subiti, e unica del Gruppo D ancora a zero per punti e gol fatti contro Irlanda Polonia e Georgia, con quest'ultime impegnate nello scontro diretto. E' partita male anche la Grecia di Claudio Ranieri: solo un punto nel gruppo F e ora, ad Atene, l'avversario ideale per risollevarsi, le Isole Far Oer, l'unica ancora a zero punti nel girone ma capace di sorprendere la Finlandia prima di farsi rimontare e sorpassare 3-1 in casa dalla squadra di Paatelainen, attesa a Budapest per il debutto in cas

Bernard Hinault e il tifo degli avversari

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http://www.indiscreto.info/2014/11/bernard-hinault-tifo-degli-avversari.html Simone Basso Indiscreto.info,  11 novembre 2014 Tre giorni e il 14 novembre, compleanno di altri sfregaselle notevoli (Adorni, Nakano, Nibali), Bernard Hinault compirà sessant’anni. Nessuna agiografia per festeggiarlo, solo un amarcord che racconta – a chi non lo vide in diretta – uno dei campionissimi del Novecento ciclistico. Bernard è nato a Yffiniac, Bretagna, ed è diventato il culmine di una grande tradizione di quelle terre battezzata da un “argentino”, Lucien Mazan, che ebbe un caposcuola del livello di Louison Bobet. Hinault, figlio orgoglioso di contadini, che in giovinezza cominciò con la corsa campestre, sta già tutto nella sua prima gara in bici. Quando un enfant du pays , col quale condivise l’azione decisiva, gli chiese di lasciarlo vincere. Bernard acconsentì e poi, all’arrivo, spietato, lo infilzò come un tordo: quel pomeriggio nacque il mito del Tasso. Che, sul finire dei Sett

Ibra forza 4

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Monday, 10 November 2013 Ci sono serate che nell'aria emanano il profumo della Storia. Serate in cui il gigante torna bambino, e in lui cresce la voglia - insopprimibile - di riscriverla. Una, due, tre, quattro volte. Che sia una notte di novembre, come quella di un anno fa: 4-2 all'Inghilterra. O un normale mercoledì di Champions, 5-0 del suo PSG a Bruxelles su un Anderlecht impresentabile a questi livelli. È in serate così che ti rendi conto di che giocatore, Zlatan Ibrahimović, è diventato. Ibra gioca per vincere, ma gioca - ancora - perché adora giocare. Come il piccolo Hajrudin Kamenjaš, un ragazzino bosniaco malato di leucemia che lo ha commosso in un video dell'associazione tedesca Light For Tomorrow. Ibra gli ha donato quella originale della sua doppietta al Benfica. Dicono che in Champions non incida: 37 gol in 98 match. In questa, sei in tre gare: due a partita. In un anno senza Europei e Mondiali, e con Lionel Messi mai così spesso fermo: numeri da P

Marchi di fabbrica

A cura di Salvo Ferrara , Gianlucadimarzio.com Otto reti in dodici gare, tre tutte insieme. Al Bari. Al primo anno in B della sua Pro Vercelli. Ed è già record, perché non era mai andato oltre i sei,  segnati con la Triestina nel 2010/11 . Da esterno a prima punta, classe 1985: è questo il biglietto da visita di Ettore Marchi, il capocannoniere che non ti aspetti. Da Gubbio in giro per l’Italia, con la valigia sempre in mano e la voglia di segnare ovunque. Triestina, Sangiovannese, Bellaria, Portogruaro, Sassuolo e Benevento . Poi Vercelli, dove sembra aver trovato la sua dimensione ideale. Con 16 gol è stato uno dei protagonisti del ritorno in Serie B del club bianconero, trascinatore e idolo della tifoseria. Adesso, Marchi vuole alzare l’asticella. E la tripletta al Bari di Devis Mangia è già da incorniciare. - Che emozione hai provato e a chi l’hai dedicata? “E’ stata sicuramente una gran bella emozione, perché è stata la mia prima tripletta in carriera. Non ho dediche pa

Carpi diem

di Christian Giordano Totò Di Natale e Hernán Crespo, mica Jerry Mbakogu. Ci sono due gigantografie nell'ufficio di Stefano Bonacini, padre-patron del Carpi dei miracoli. Entrambe di centravanti. Una del bomber all-time dell'Udinese (199 gol in Serie A), l'altra dell'argentino al Genoa nel 2009-2010. Entrambi con maglia sponsorizzata Gaudì. La sua Gaudì, colosso dell'abbigliamento con sede a Carpi. La sua Carpi. È lì che è cresciuto giocando a calcio per strada con l'amico d'infanzia Maurizio Setti, ieri nei dilettanti dell'Athletic Carpi e oggi presidente del Verona. È più forte di loro: il calcio, nonostante tutto, ce l'hanno nel sangue. In passato Bonacini aveva anche provato a entrare nel Padova, ma poi ha visto i libri contabili e gli è bastato. E allora s'è preso il Carpi, e dopo il classico apprendistato da un Zamparini o un Cellino qualsiasi s'è affidato a Cristiano Giùntoli (accento sulla u), il vero ds dei miracoli. È sua l

Liverpool-Chelsea, senza riserve

Andare al Bernabéu con le riserve e per evitare l'imbarcata, non è da Liverpool. Il Liverpool che Bill Shankly ha inventato "europeo", e che mai in Champions aveva perso tre gare in fila. Eppure è così che Brendan Rodgers ha preparato la trasferta di Madrid, persa col Real "solo" (virgolette d'obbligo) uno a zero col solito golletto di Benzema, l'ex gattone indolente di Mourinho diventato pantera con Ancelotti. Ma neanche José, in Champions, ha fatto una partita "da Chelsea" in vista della partitissima di sabato all'Anfield. La numero 161 di una rivalità riesplosa con il retour match che ha deciso la scorsa Premier. Quella dello scivolone di Gerrard che ha virtualmente consegnato il titolo al City, un'altra grande d'Inghilterra che, dopo l'immenso derby di Manchester, è arrivata spompata - di testa e di gambe - al gran galà d'Europa, col CSKA Mosca. Sotto uno a zero a Maribor, già sepolto sei-zero due settimane prima a

Carpi diem

di Christian Giordano, la Repubblica - ed. Bologna 5 novembre 2014 Totò Di Natale e Hernán Crespo, mica Jerry Mbakogu. Ci sono due gigantografie nell'ufficio di Stefano Bonacini, padre-patron del Carpi dei miracoli. Entrambe di centravanti. Una del bomber all-time dell'Udinese (199 gol in Serie A), l'altra dell'argentino al Genoa nel 2009-2010. Entrambi con maglia sponsorizzata Gaudì. La sua Gaudì, colosso dell'abbigliamento con sede a Carpi. La sua Carpi. È lì che è cresciuto giocando a calcio per strada con l'amico d'infanzia Maurizio Setti, ieri nei dilettanti dell'Athletic Carpi e oggi presidente del Verona. È più forte di loro: il calcio, nonostante tutto, ce l'hanno nel sangue. In passato Bonacini aveva anche provato a entrare nel Padova, ma poi ha visto i libri contabili e gli è bastato. E allora s'è preso il Carpi, e dopo il classico apprendistato da un Zamparini o un Cellino qualsiasi s'è affidato a Cristiano Giùntoli (accento sul

Marchi ha un segreto: «Mi esalto con Piola»

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L’attaccante della Pro nello stadio del mito di Vercelli: «Vedendo le sue foto mi carico. Come contro il Bari...» ALESSIO DA RONCH, Gazzetta dello Sport Il pallone è a casa sua. E’ un trofeo, il ricordo della prima tripletta in carriera, quella che sabato ha firmato il 3-0 sul Bari, quella che lo ha issato al primo posto nella classifica dei cannonieri della Serie B insieme a Mbakogu e Castaldo. Il sorriso di Ettore Marchi, però, è reso particolarmente scintillante da un’altra considerazione: «Su quel pallone - spiega - ci sono tutte le firme dei miei compagni, perché quel trofeo lo abbiamo conquistato insieme, così come abbiamo ottenuto insieme tutti i traguardi dello scorso anno. Sono felice, sarei ipocrita a negarlo, per questi gol, ma credo che conti di più quello che sta facendo la Pro Vercelli e, ancor di più, quello che faremo a Vicenza. E’ uno scontro diretto e avremo la possibilità, finalmente, di mostrare miglioramenti anche fuori casa. Insomma, sarà una sfida fond

Man derby: che musica, maestri

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Blue Moon o Glory Glory Man Utd ? Qual è, oggi, la colonna sonora di Manchester? La classifica dice City, perché anche perdendolo, il derby numero 168, i campioni uscenti sarebbero sopra ai cugini: 17 contro 16. Ma lo dice, soprattutto, la storia recente, recentissima. Due vittorie su due, sette gol fatti e solo uno subìto la scorsa Premier; sei punti - col senno del poi - essenziali per vincere il campionato: 3-0 all'Old Trafford e 4-1 all'Etihad. Lo stadio portafortuna di Wayne Rooney, contro i vicini "sempre più rumorosi" - copyright di Sir Alex Ferguson - da quando la proprietà è passata allo sceicco Mansour. Roo è il miglior marcatore nella storia del Mancunian Derby con 11 gol in 22 stracittadine, e cinque nelle sue ultime quattro visite al City of Manchester Stadium. Il capitano, che nell'ultimo turno ha lasciato i gradi a Robin van Persie, autore dell'1-1 nel recupero, ha assistito al big match di domenica all'Old Trafford dal directors