Post

Visualizzazione dei post da giugno, 2018

La Corea dei tedeschi

Clamoroso alla Kazan Arena: dopo 80 anni la Germania esce al primo turno di un mondiale, e per la prima volta nella fase a gironi. Come noi, quindi, ora anche i tedeschi hanno la loro Corea, quella del Sud che nei minuti di recupero li ha battuti 2-0 con gol di Kim e Son, uno che in Germania - all'Amburgo prima al Bayer Leverkusen poi, c'è cresciuto ed è esploso. La maledizione del titolo continua: per la quarta volta negli ultimi cinque mondiali i campioni in carica escono al primo turno: la Francia nel 2002, l'Italia nel 2010, la Spagna nel 2014 e ora la squadra di Joachim Löw, che dopo 2 anni da vice e dodici da Ct è forse giunto al capolinea di una gestione che ha allevato e portato una generazione di fenomeni a vincere un mondiale e una confederations cup, oltre a un secondo e due terzi posto agli Europei più un terzo posto mondiale. Il team manager della Mannschaft Oliver Bierhoff, però, suo malgrado ci aveva visto giusto: non siamo stati abbastanza brav

Dejagah, iraniano di Berlino: il bad-boy sogna il colpo

Immagine
Fama da cattivo, è cresciuto con i big tedeschi lanciati da Löw:«Possiamo centrare gli ottavi» di Pierfrancesco Archetti, Gazzetta dello Sport , 25 giugno 2018 I ragazzi del 2009, anno in cui divennero campioni d’Europa Under 21, furono portati quasi in blocco nella Germania dei grandi da Joachim Löw, per il Mondiale 2010 in Sudafrica. Neuer, Boateng, Khedira, Özil, Hummels formano ancora il nucleo centrale dei campioni del mondo. L’attaccante di talento di quel gruppo era un berlinese di famiglia iraniana, Ashkan Dejagah, cresciuto nel campetto in cemento di Wedding, quartiere della capitale. I suoi compagni nelle infinite partite dell’adolescenza erano i fratelli Boateng. «Siamo partiti con un sogno a Berlino e siamo qui alla Coppa del Mondo» ha scritto qualche giorno fa Jerome sui social, con hashtag #Berlinboys. Dejagah è passato anche dal ritiro tedesco, prima di Iran­-Marocco, per salutare gli amici di sempre.  BAD BOYS  Dejagah, 31 anni, è stato anche capitano

Il marchio Masciarelli

http://www.masciarelli.eu/it/about/ Il marchio MASCIARELLI nasce dalla passione di una famiglia per le due ruote.  Palmiro Masciarelli ha iniziato la sua carriera di ciclista giovanissimo, riportando diverse vittorie nelle serie giovanili e nei dilettanti. Fu corridore professionista dal 1976 al 1988 e per 10 anni il fedele gregario di Francesco Moser, vincendo 10 gare nella massima categoria e vestendo 9 volte la maglia azzurra della nazionale Italiana ai Campionati del Mondo. Negli anni in cui ha corso con Moser, è stato il tester di innovazioni e nuovi materiali di biciclette da corsa. Una competenza che non si è fermata con la fine della carriera, perchè dal 1988 ha fondato la Cicli Masciarelli (negozio di ciclismo, che da anni vende i migliori marchi di biciclette da corsa) con il quale ha avuto la possibilità di testare ogni prodotto e scrutare i pregi e difetti di ognuno di essi. Palmiro è stato dal 1996 al 2002 general manager del Team Cantina Tollo, diventato poi Acq

Storia di Palmiro Masciarelli

http://www.museociclismo.it/content/articoli/1517-Storia+di+Palmiro+Masciarelli/index.html Passista scalatore, è stato professionista dal 1976 al 1988 con 10 vittorie . Ha il non piccolo pregio di essere stato al fianco di Moser nei primi dieci anni di carriera , stabilendo un record notevolissimo poiché di cambi fra gli uomini a disposizione dell'asso di Palù se ne sono registrati in gran numero. E Moser, in compenso, non ha esitato a riconoscere a Masciarelli la qualità di amico fedele e di gregario prezioso. Ciò fa emergere la difficoltà nell'andare a cercarsi le soddisfazioni personali anche perché la modesta punta di velocità lo ha condannato a moltissimi piazzamenti in classiche e in tappe dei Giri. Così nel suo bottino, oltre alla Coppa Bernocchi '83 e al Gran Premio Montelupo '82, sono entrate una tappa della Tirreno-Adriatico a Civitanova nel '78, la tappa di Bolzano nel Giro del Trentino '80, la tappa di Potenza nel Giro e quella di Carcassonne

Palmiro Masciarelli, padre e maestro per i figli ciclisti

http://www.museociclismo.it/content/articoli/5695-Palmiro+Masciarelli%2C+padre+e+maestro+per+i+figli+ciclisti/index.html Tuttobici Numero: 1 Anno: 2002 di Gino Sala Se fossi chiamato a elencare i migliori gregari non avrei il minimo dubbio a inserire tra le mie preferenze il nome di Palmiro Masciarelli. Un signor corridore, abruzzese di Pescara, tredici stagioni di professionismo, nove vittorie a dimostrazione di valori soffocati per aver sgobbato molto per gli altri e pochissimo per se stesso. Il Masciarelli in auge dal 1976 al 1988, taglia atletica imponente, 1,80 di statura, 69 chili di peso, sette volte in maglia azzurra, grandissimo aiutante di Francesco Moser, serio, costante, esemplare nel suo lavoro. Un uomo per il quale ho sempre provato stima e affetto. Negli ultimi anni di attività, quando gregari e capitani ebbero la buona idea di abolire la società delle spinte , Palmiro ebbe modo di confidarmi che per lui le corse erano diventate passeggiate . Già, quante

Palmiro Masciarelli

http://www.museociclismo.it/content/articoli/4764-Palmiro+Masciarelli/index.html Palmiro Masciarelli è nato a Pescara il 7 gennaio 1953 ed è passato professionista nel 1976, dopo aver vinto da dilettante il G.P. Liberazione a Roma nel 1975 .  In 12 anni di professionismo, ha conquistato nove vittorie tra cui due tappe al Giro d'Italia (Bibbiena '81 e Potenza '83), una alla Vuelta (Burgos '84) e la Coppa Bernocchi nell'83. Taglia atletica imponente, 1,80 di statura, 69 chili di peso, per sette volte ha vestito la maglia della Nazionale ai Mondiali: miglior piazzamento l'ottavo posto di Barcellona nel 1984. E' stato uno dei gregari storici di Francesco Moser e ha disputato nove Giri d'Italia . Serio, costante, esemplare nel suo lavoro, non aveva bisogno di essere sollecitato. Intuiva immediatamente il dafarsi, era uno scudiero forte e intelligente, capace di rimanere in prima linea anche nelle fasi più calde. Dal ' 96 ha cominciat

ON TOP OF THE WORLD

Immagine
THE HOME of an NBA champion 48 hours after the Finals  looks sort of like a honeymoon suite the morning after a wedding:  balloons at the door, nachos in the kitchen, friends on  the couch, rehashing the previous night’s activities. Kevin  Durant’s commemorative hat was already in the closet, next to  his Longhorns’ and Redskins’ lids, and his MVP trophy perched  on the windowsill along with its predecessor. “Reminds me  of when I was a kid,” Durant said. “My brother and I would  line up all our fifth-place trophies from the rec league on the  dresser and see who could stack the most.” by LEE JENKINS, Sports Illustrated , June 18, 2018 He sat atop the kitchen counter, corn on the cob sizzling in a frying pan, late-afternoon sun pouring through floor-to-ceiling windows. Across the Bay, he could see almost to Oracle Arena. Durant lived in the Oakland Hills last season, but he found the location desolate, so he moved to an apartment on the 54th floor of a high-rise in down

Flavio Giupponi: appuntamento fisso al Giro d'Italia

http://www.museociclismo.it/content/articoli/7098-Flavio+Giupponi%3A+appuntamento+fisso+al+Giro+d%27Italia/index.html Nel corso della sua carriera il corridore bergamasco Flavio Giupponi ha ottenuto le maggiori soddisfazioni al Giro d'Italia. Nel Giro del 1986 vinse la cronometro a squadre con la Del Tongo capitanata da Saronni e vestì per diversi giorni la maglia bianca di miglior giovane, perdendola però sulle ultime montagne. Nel 1987, capitano indiscusso dopo l'uscita di classifica di Saronni, dimostrando una grande regolarità, ottenne il 5° posto finale, primo degli italiani. L'anno successivo la Del Tongo vinse nuovamente la cronometro a squadre e Giupponi alla fine fu 4°. Il suo anno migliore fu però il 1989, con il 2° posto finale e la vittoria a Corvara. Se non fosse stata cancellata la tappa del Gavia causa maltempo Giupponi avrebbe potuto vincere quel Giro? Forse sì, perché la sua condizione nel finale era in crescita, ma bisogna anche tener

Flavio Giupponi: «C'è poca fratellanza»

http://www.museociclismo.it/content/articoli/articolo.php?type=id&strparam=NTYxMA== Tuttobici  Numero: 7 Anno: 2007 di Gino Sala Ho conosciuto Flavio Giupponi nella primavera del 1985, quando vinse il Giro delle Regioni, che era e rimane la gara a tappe per dilettanti più importante al mondo poiché raduna le rappresentative nazionali di tutti i continenti. Uno schieramento impressionante per contenuti tecnici e umani, un banco di prova che esalta i partecipanti. Sicuro che i migliori in campo nella competizione organizzata con tanta passione e molti sacrifici da Eugenio Bomboni avranno una bella carriera anche tra i professionisti. È stato così per Gianni Bugno, Maurizio Fondriest, Dimitri Konychev, Danilo Di Luca, Davide Rebellin, Ivan Basso e altri. Così anche per Giupponi, nato a Bergamo il 9 maggio 1964 , passista-scalatore, altezza 1,73, peso 60 chilogrammi, professionista per una decina di stagioni, undici vittorie e diversi piazzamenti tra i quali s

Portogallo-Spagna, derby wendersiano

Immagine
Wendersianamente così vicini, così lontani, Spagna e Portogallo. Mai come stavolta il 36esimo derby iberico, big-match del Gruppo A comprendente anche Marocco e Iran, mette di fronte due nazionali "cugine" che più diverse non si può. La Selecção è sì CR7-dipendente, ma viene da un progetto tecnico quadriennale con Fernando Santos Ct e dal miglior risultato della propria storia: l'Europeo vinto in Francia due anni fa contro i padroni di casa. La Roja invece, a 48 ore dal debutto, è stata scossa da un caso senza precedenti a un mondiale: il team manager Hierro, leggenda madridista, al posto del Ct Lopetegui, esonerato come sacrificio alla prova di forza fra presidentissiimi, quello federale Luis Rubiales, e quello del Real Madrid, Florentino Pérez, che per il dopo-Zidane ha scelto quindi un altro ex giocatore merengue anche se infinitamente meno forte e glamour di Zizou.  Invece che a Sochi, Lopetegui incontrerà Cristiano Ronaldo al ritiro prestagionale

Russia 2018, il nostro posto non è là

Immagine
Fa ancora male, ma meglio prima che poi dobbiamo uscirne e quindi tanto vale godercelo. Perché ormai ci siamo: 1432 giorni dopo il gol di Goetze ai supplementari in finale contro l'Argentina, il Mondiale torna in campo con la fase a gironi. Goetze - non convocato nella Germania di Loew - non ci sarà, idem l'Italia dopo sessant'anni. Sarà il primo dell'èra-Infantino, presente, presentissimo all'ouverture al Luznhiki di Mosca: Russia padrona di casa contro Arabia Saudita, cui - ahinoi - abbiam fatto noi da sparring partner per aprire il nuovo corso del Mancini Ct. In panca alla prima andranno invece da una parte il criticatissimo Cherchesov per una Russia dall'età media alta, eppure inesperta dietro dopo il ritiro dei gemelli Berezutski; dall'altra un argentino, Pizzi, che nel 2016 ha sfilato ai connazionali, ai rigori, la Copa América 2016.  Terza finale persa consecutiva nella Selección per Messi, chiamato ormai 31 anni al mondiale della vita

Il gran Delfinato di Mister "G" Thomas

Immagine
Ci ha preso gusto, Mister "G". La Parigi Nizza nel 2016. Il Tour of the Alps (ex Giro del Trentino) nel 2017. E ora il Delfinato. Terza corsa a tappe breve in tre anni (oltre al back-to-back alla Volta ao Algarve) per Geraint Thomas.  Non male per un pistard biolimpionico e pluri-iridato specializzatosi in gregario di extra-lusso per i grandi giri, quelli di tre settimane. E questo nonostante la sfortuna (due forature nell'ultima frazione) e una certa propensione alle cadute (vedi il drittone nel cronoprologo) che sembra non volerlo mai abbandonare. Ma "Mister G è così: o tutto o niente. Nella settima e e ultima trappa, 186 km da Moutiers a St Gervais Mont Blanc, il 32enne gallese ha limitato il distacco dal vincitore Adam Yates - che nel numero sullo spagnolo Navarro ha ricordato gli attacchi del gemello Simon pre-cotta al Giro - e ha chiuso da trionfatore nella generale con 1'00 sullo stesso Yates e 1'47" sul francese Bardet, terzo anche a

Manifesto della telecronistica

Immagine
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10206514560735565&set=gm.10153014961552031&type=3&theater https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10206514560735565&set=gm.10153014961552031&type=3&theater Un'interessante esternazione di Sergio Tavčar dal suo blog su come dev'essere una telecronaca sportiva. Ho scoperto l'uovo di Colombo, l'acqua calda. Guardando le partite tolgo l'audio del commento italiano e passo al commento originale americano. Evito così le cose che mi fanno morire e che alimentano come il vento caldo alimenta l'incendio i miei pregiudizi, e che sono fondamentalmente due: una è la glorificazione a prescindere di tutto quello che è americano dando a coach americani meriti che non hanno e pertanto emettendo gridolini di ammirazione per movimenti banali o, peggio, spettacolari, ma inutili quando un movimento molto più semplice avrebbe portato allo stesso esito in modo molto più facile e sicuro, la seconda è in

Dal melodramma agli sponsor tv

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/03/11/dal-melodramma-agli-sponsor-tv.html?ref=search di MARIO FOSSATI la Repubblica, 11 marzo 2007  Il brano è tratto da un articolo pubblicato su "Repubblica" il 15 marzo 1986 A me pare che il nostro sport scientifico, spettacolare, televisivo, supersponsorizzato abbia perduto l'insostituibile dono della poesia. Era un melodramma, un feuilleton fatto di aspirazioni, attese, speranze, rimpianti: oggi è vita sui pedali intesa tenorilmente e primadonnescamente. La ricetta giusta sarebbe, a mio avviso, quella di fare procedere il ciclismo intelligentemente all'indietro. Per questo io mi volto sulla Sanremo. La Sanremo di quei giorni (il 1910, ndr) e dell'immediato dopoguerra ritrovava intatto il fascino dell'ultima classica di autunno, il Giro di Lombardia. Sulle sue strade è passato davvero il tempo. Scorri il suo libro d' oro e vedi. La chioma nera di Belloni era una bandiera.

L' ESPERIMENTO DEL DOTTOR BRAUN

Immagine
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/12/28/esperimento-del-dottor-braun.html di Mario Fossati la Repubblica , 28 dicembre 1985 GREGOR BRAUN, tedesco occidentale, tenterà lunedì, in altura, sulla pista di Città del Messico, il primato dell'ora assoluto (km. 51,151) detenuto da Francesco Moser. E' convintissimo di farcela e non soltanto perché come tutti i nordici è portato a credere in ciò che spera , ma anche perché i suoi meriti fisici sono, a dir poco, principeschi.  Braun compirà trent'anni il 31 dicembre: alto, ben fatto, lo diresti un atleta olimpico. Un'infanzia amara l'ha indotto al ciclismo. Già campione del mondo nell'inseguimento, Braun sfoggia uno stile di... sobria eleganza ossia naturale: mi ricorda Sidney Patterson e Hugo Koblet , che incantavano i raffinati accarezzando o sollecitando i pedali. Il gregariato su strada, a cui l'aveva indirizzato un animo da mercenario, lo ha un poco sconciato, no

Luigi Rigamonti, il Gran Lombardo

Gianni Brera, Sport e giornalismo: il Gran Lombardo G. Brera, L’arcimatto, Longanesi, Milano, 1978. Il brano che segue racconta la storia di Luigi Rigamonti , bresciano, campione di lotta libera, sport povero ieri come oggi. L’atleta era anche un grande chirurgo , soprannominato Gran Lombardo [1] per la sua integrità fisica e morale.  Il Gran Lombardo è primario chirurgo all’ospedale di Brescia. Ha smesso di fare lotta. Sono anni che deve curare la professione e non più di quella. È un tipo straordinario. Tu sai che suo fratello è morto in una sciagura aerea: bene, quando veniva via con la Nazionale doveva farlo di nascondone per non impressionare né i vecchi né la moglie.  […]  Il Gran Lombardo era alle prese con Johansson*  (io, Brera, non ne ricordo il nome), campione del mondo. Johansson l’ha preso un po’ sottogamba. Il Gran Lombardo l’ha abbrancato per la vita e stava per schienarlo senza pietà. Così stretti, i due omoni hanno resistito un poco soffiando come ba

Sergio Alzani

Immagine
http://www.museociclismo.it/content/articoli/11112-Sergio-Alzani/index.html Nato a Soncino (CR) il 6 ottobre 1937. Passista veloce. Alto m. 1,69 per kg. 70. Professionista dal 1963 al 1964 senza ottenere vittorie. Una ruota veloce fra i dilettanti, bravo sul passo e capace di ottimi guizzi, quando era chiamato a sprintare. Lo chiamavano " La locomotiva soncinese " proprio per queste doti a dispetto di una statura da grimpeur.  Nella sua lunga militanza fra i "puri", vinse fra le altre corse nel 1960 il Gran Premio Pretola e nel 1962 la Milano Busseto, gara che gli diede la spinta decisiva per il passaggio al professionismo.  A fargli fare il salto nel 1963 la piemontese Pasta Gazzola che stava riconvertendosi dopo la fine del contratto con Charly Gaul.  Nell'anno d'esordio Alzani non si mise molto in luce, anche se qualche piazzamento lo colse: finì 8° nel Gran Premio di Faenza, 9° nel Trofeo Matteotti, 17° nella Tre Valli Varesine. 

Grazie a Davide Cassani siamo a 51: la rosa è di Stephen Roche di Federico Meda

Immagine
http://giroforghisallo.gazzetta.it/2012/11/19/grazie-a-davide-cassani-siamo-a-51-la-rosa-e-di-stephen-roche/ di Federico Meda «Io non ha mai conquistato la maglia rosa, però ne avevo in casa due. Quella di Visentini del 1986 e quella di Roche del 1987, miei compagni alla Carrera di Boifava. Mi sono messo d’accordo con Sergio Meda per donarla al Ghisallo, anche se con un pizzico di egoismo mi sarebbe piaciuto tenerla ma al museo la vedrà più gente, rispetto a casa mia». «Vado a cercarla ma non la trovo. Così chiamo Sergio Meda e mi scuso. Non so se mi abbia creduto o no ma è andata così: l’avevo persa. Il 13 ottobre è morto mio papà e mia madre dopo una settimana, come succede sempre, è andata a sistemare un po’ gli armadi. E in fondo ha trovato c’era una cassettina, dove mio padre aveva nascosto la maglia rosa» «Appena l’ho recuperata ho pensato a mio padre e alla promessa che avevo fatto. Anche perché a pochi giorni dalla morte di mio padre è mancato anche Fiore

L’incredibile tappa sul Gavia

Immagine
https://www.ilpost.it/2018/06/05/gavia-giro-1988-hampsten-van-der-velde/ MARTEDÌ 5 GIUGNO 2018 Storia di uno dei giorni più incredibili del Giro d’Italia – su una delle salite più dure, sotto la neve – e dei suoi due protagonisti, Andy Hampsten e Johan van der Velde di Gabriele Gargantini Il 5 giugno 1988 il Giro d’Italia arrivò a Bormio, in provincia di Sondrio, alta Valtellina , alla fine di una tappa piuttosto breve: 120 chilometri . Quel giorno nevicava e faceva molto freddo. Tra la partenza di Chiesa in Valmalenco e l’arrivo, la tappa prevedeva un passaggio sul Passo dell’Aprica e uno sul Passo di Gavia, a 2.621 metri d’altitudine. La salita fu molto problematica, la discesa ancora di più. I protagonisti furono due, lo statunitense Andy Hampsten e l’olandese Johan van der Velde, per ragioni diverse. Fu una tappa incredibile, ricordata a distanza di anni da cronisti e appassionati. Nel 2012 uscì una canzone degli Offlaga Disco Pax, “Tulipani”: parlava di