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Visualizzazione dei post da dicembre 29, 2019

Le Buone feste della Virtus Bologna

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+32 nel derby di Basket City, +13 in quello d'Italia: le feste perfette della Virtus Bologna, capolista in campionato e pure in Eurocup. C'erano tutti al ritorno della Grande Classica. I novemila a palazzo, l'inno nazionale cantato dal Coro di Finale Emilia; i grandi in campo (Teodosic e Rodriguez) e gli ex in panchina: Sasha vestito da Achille contro Ettore, applauditissimo dal popolo bianconero per (e con) cui ha vinto tutto. C'erano tutti alla Virtus Arena, è mancata solo Milano: ancora sfasata per la sconfitta di Mosca col CSKA in Euroleague, e con 24 ore di riposo in meno rispetto alla "passeggiata" di Natale della Virtus sui "cugini" Fortitudo. Bologna sempre avanti, in ogni quarto: di quattro, due, uno e sei. Nel primo, due triple di Teodosic (che chiuderà con 15 punti e sei assist). Nel secondo, minisorpasso Olimpia firmato Cinciarini, ma all'intervallo Virtus avanti di sei. Markovic (8 punti e 12 assist) e ancor

MAESTRI DI CALCIO - Happel, il Tiranno

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https://www.amazon.it/Maestri-calcio-grandi-allenatori-stranieri-ebook/dp/B01ARVU5JC «Guardo un giocatore allenarsi per dieci minuti e capisco subito se è un parassita o uno di cui fidarsi. E persino se ha bevuto o fumato» - Ernst Happel di CHRISTIAN GIORDANO ©, Guerin Sportivo © Rainbow Sports Books © A volte un aneddoto (vero) vale più di mille parole, per descrivere personaggi e situazioni. Quello che segue lo ha raccontato Wolfgang Rolff, mastino dell’Amburgo che ad Atene ’83, finale di Coppa dei Campioni, Ernst Happel attaccò alle calcagna dello juventino Michel Platini. Premessa: al tecnico austriaco piaceva seguire gli allenamenti da bordocampo, seduto su una sedia da regista. Da lì impartiva istruzioni al vice, che le riferiva alla truppa. Una volta Happel ordinò all’assistente di far uscire anzitempo il giocatore X. Questi chiese spiegazioni al vice, che a sua volta rivolse la domanda al capo. Happel si tolse gli occhiali da sole, fece cenno a X di avvicinarsi e

A junk wins a new day on court

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By PETER VECSEY -- Daily News Thursday, September 2, 1971 Earl Manigault, although only 25, is referred to with reverence and regarded as a legend in his Harlem neighborhood. Anyone in Manigault’s section, who isn’t well acquainted with his basketball heroics, obviously has been living in a bubble. When Manigault wanders along Eight Ave, around 114th St., both old and young shout out greetings. The younger teenagers devotedly shadow his every move, showering him with questions. The children, however, are not Manigault’s only street shadows. His journey through the ghetto is saturated with morbid memories and bitter torment. …With hallways and alleys. …With addicts and pushers. …With thieves and fences. All these things played a major part of his life after he began smoking dope in the 11th grade. “I see them wherever I go,” says Manigault reflectively, as though he could see them right at that moment. Waiting. Always there. Always waiting. “I see the addicts nodd