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Visualizzazione dei post da gennaio, 2017

Federer 18, lo Zeitgeist del Re

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di  SIMONE BASSO Il Giornale del Popolo , 30 gennaio 2017 Si chiude con un diritto sulla riga, e un Falco di frustrazione dell'avversario, una delle partite più iconiche nella storia recente del tennis. Un momento, che dà l'illusione dell'infinito e che in tedesco definiremmo Zeitgeist : un attimo che cattura il tempo, e nel quale lo sport, il costume e la società (globale) si incontrano. Pare un romanzo, scritto da uno bravo, invece è la realtà: Roger Federer vince gli Australian Open 2017 battendo Rafa Nadal in cinque set sulle montagne russe (6-4, 3-6, 6-1, 3-6, 6-3), e aggiorna a diciotto il conto dei suoi Slam. Cinque titoli a Melbourne e ottantanove complessivi nella carriera professionistica. Potremmo compilare paginate sui numeri messi assieme dal basilese, più anziano trionfatore in un titolo maggiore dal 1972 (Ken Rosewall allora trentasettenne, anche quella volta down under ). Ecco, fatte salve le sostanziali differenze, all'epoca l'Aus

BRIAN POWER

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NUOVA EDIZIONE AMPLIATA E AGGIORNATA https://www.amazon.it/44-giorni-Maledetto-Football-Memories-ebook/dp/B01AT5K6GI di Christian Giordano OBE. Officer of the British Empire, ufficiale (dell’Ordine) dell’Impero Britannico (quartultima fra le cinque classi dell’onorificenza istituita da re Giorgio V nel 1917), per i fan più accaniti; Old Big ’Ead, vecchio testone, per gli irriducibili detrattori. Comunque la si interpreti, la sigla identifica un manager che ha scritto la storia del calcio (non solo) britannico degli anni 70-80. E l’ha fatto in realtà pressoché amatoriali che, dopo il suo trionfale passaggio, sono ripiombate nell’anonimato. Mai avute mezze misure, Clough: adorato o detestato come capita a chiunque provi (e riesca) ad affrancarsi dalla mediocrità, anche se, mediocre, Brian non lo è stato mai. Fenomenale goleador a cavallo fra gli anni 50-60 con Middlesbrough e Sunderland (251 reti in 274 partite di massima divisione), Cloughie è stato fra i pochi campio

LA SCUOLA DI SIZA E IL NEGOZIO DEL PORTO

di Alessandro de Calò, ExtraTime, Gazzetta dello Sport, 24 gennaio 2017 C’è una Scuola di Porto - si può dire anche Oporto, non è un dogma – che gode di assoluto prestigio mondiale. E’ legata alla visione e alle opere di Fernando Tavora, Alvaro Siza, Eduardo Souto de Moura , maestri di un’architettura poetica e silenziosa, fatta di piccoli interventi - direi quasi di preziosi punti di sutura - che nasce nel nord del Portogallo, si afferma dopo la rivoluzione dei Garofani, e lascia tracce in diversi angoli del pianeta.
 Non è una scuola che ha avuto una sede fisica, come è stata Dessau per la Bauhaus nella Germania prenazista , né si è disegnata attorno a contorni nitidi come confini fatti
 di muri e filo spinato. Non è neanche una scuola in senso accademico, dove si cristallizzano stili e linguaggi, dove gli allievi si riconoscono per la riproduzione dell’ortodossia. Piuttosto, è un modo di intendere comune che trova terreno fertile in quella porzione di mondo per crescere ed esp

Dmytro Grabovskyy (1985-2017) - L'abisso di Dima

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https://open.spotify.com/episode/4HUdY7I4iBSuHDyIQbEip8 «Aveva qualche problemino ma era davvero un buono» – Paolo Bettini, suo ex compagno alla QuickStep di CHRISTIAN GIORDANO © IN ESCLUSIVA per © Panache magazine - Rainbow Sports Books © Il nuovo Merckx. Un altro, l’ennesimo.  Se va male, il prossimo Jan Ullrich. Alla peggio, un altro Sergei Suchoručenkov. Oro in linea con fuga solitaria a metà dell’ultimo giro davanti all’australiano William Walker e al russo Evgeny Popov e argento fra il russo Michail Ignatiev e il neozelandese Peter Latham nella crono di Casa de Campo ai Mondiali di Madrid 2005; e sempre contro il tempo, un argento iridato a Hamilton 2003 (dietro Ignatiev) e back-to-back europeo a Mosca 2005 e Valkenburg 2006; primo al Giro delle Regioni 2006; secondo – a 5” da Dario Cataldo – al Giro d’Italia dilettanti: Dmytro Grabovskyy da Under 23 ha un palmarès da predestinato, ma anche un «problemino» di cui il gruppo sussurra ma non parla. No, non è

Dmytro Grabovskyy (1985-2017) - The Dima's Abyss

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«He had some problems, but he was a good bloke.» – Paolo Bettini, former Grabo 's Quick Step teammate words: CHRISTIAN GIORDANO The next Merckx. Another one, the umpteenth of an infinite series. If it all goes wrong, the next Ullrich. At worst, the next Soukhoroutchenkov. Gold medal after a solitary break in the middle of the last lap ahead of the Australian William Walker and the Russian Evgeny Popov and silver medal between the Russian Michail Ignatiev and the New Zealander Peter Latham in the time trial of Casa de Campo at the World Championships in Madrid 2005; twice TT European champion in a row in Moscow 2005 and Valkenburg 2006; first place in the 2006 Tour of the Regions; second place - 5" behind Dario Cataldo - at Giro d'Italia Baby: Dmytro Grabovskyy in the Under 23 ranks was a sure bet, but also one with «a little problem» of which the peloton whispered but did not speak openly. No, it was not about doping, but another evil if possible even more

Chauncey Billups, the right way

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https://www.nbareligion.com/2017/01/15/chauncey-billups-the-right-way/ Il più anonimo MVP delle Finals, uno dei più incredibili upset nelle Finals NBA e tanti tiri sulla sirena. La storia di Mr Big Shot, Chauncey Billups. di NbaReligion Team 15/01/2017 Mancano pochi secondi alla fine della partita valida per assegnare il titolo di Squadra Campione di Basket del Colorado, e gli Washington Patriots hanno una rimessa da dietro il canestro. L’arbitro inizia a contare. Uno, due, tre… Gli occhi della Metro State College Arena sono tutti puntati su Chauncey Ray Billups, il miglior giocatore di High School di tutto il Colorado. Chauncey non vuole commettere un’infrazione dei cinque secondi, ma nessuno dei suoi compagni si libera per ricevere. Si accorge però che la point guard avversaria è girata di spalle, e ha un’idea, colpisce con la palla la schiena dell’avversario, cattura il rimbalzo e segna con una schiacciata. Partita finita. Un boato assordante. La Metro State College Arena esplode.

SuperGallo UK, It’s Gotta Be The Socks…

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di Christian Giordano, 12 gennaio 2017 LONDRA - NBA Global Game 2017 a Londra. Danilo Gallinari sente aria d’Europa. Anzi: di Europei, e si esalta. Dopo Paul George coi Pacers, chiude da captano la presentazione dei Nuggets con un «Enjoy the show». E dà inizio al suo, di spettacolo. Fuori della O2 Arena impazza una tempesta di neve e ghiaccio. Dentro, arde il sacro fuoco del Gallo e il pubblico ribolle.  Pronti-via e tripla, rimbalzo e altra tripla. Poi tre su quattro dall’arco più due rimbalzi e altrettanti assist prima di andare a rifiatare per metà secondo quarto. Al suo rientro i Nuggets allungano fino al +11 dell’intervallo lungo. Trascinata dal suo leader tecnico, tattico ed emotivo, un lungo che gioca tre ruoli, spazia giusto, passa come una guardia e difende a tutto campo, Denver è sempre in controllo.  Nel secondo tempo punteggio alto e ritmi bassi, e difesa non proprio da playoff ma neanche da All-Star Game. Danilo non forza ma continua a cercare e setacc

Il Madrid ricomincia da quattro

Prove di difesa a cinque per l'ultimo Real pre-Napoli. Un Madrid tornato in campo dopo 13 giorni per il rinvio col Celta. E che in Champions arriverà con 24 ore di riposo in meno. Prove di 5-2-1-2 non riuscitissime al Sadàr di Pamplona, campo storicamente poco amico per i merengue; anche quest'anno che l'Osasuna, ultima in Liga, non vi ha ancora vinto una partita. I dieci minuti tra il 24' e il 33' sono però un clinic per Sarri e il suo staff: CR su assist di Benzema firma il vantaggio, e il -4 dal "Pichichi" Suarez, con Sirigu però non perfetto. Vantaggio sprecato dai tre centrali - Varane-Sergio Ramos-Nacho, lasciati scoperti dagli esterni Danilo e il rientrante Marcelo: infilati così da Sergio Leon, già sette gol alla sua prima Liga.  Il Real sbanda e Keylor Navas è bravo a non farsi beffare da metà campo da Fausto prima e da Sergio Leon poi. Sirigu invece si riscatta su Benzema, tornato l'indolente gattone tanto inviso ai tempi

Team Sky 2017, vincere è un Dogma: F10

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Anno nuovo, e new look per il Team Sky, che cambia tutto – bici, e sponsor tecnico; ma non abitudini: vincere, qui, era e resta un Dogma. Dalla F8 alla F10.  Due anni di lavoro sintetizzati in un 15% di miglioramento nell’aerodinamica, e nel solco del “pensare asimmetrico” che assieme all’introduzione del magnesio è da un decennio il principio-base dell’evoluzione della bici più titolata al mondo: 2 Tour de France, un mondiale, oltre 100 vittorie nelle corse pro’. Il nome, F10, evoca una Formula Uno a due ruote, e la tecnologia - come lo studio dei materiali – è un altro prodotto di punta dell’eccellenza italiana: bici Pinarello e equipaggiamento Castelli, già sponsor federale e quindi delle nazionali azzurre.  Un’eccellenza premiata su pista all’olimpiade con Elia Viviani, l’oro che forse più ci ha emozionato ai Giochi di Rio2016. La F10 debutterà al Tour Down Under in Australia, dove Chris Froome comincerà la stagione per tentare la doppietta Tour-Vuelta fall

Il 2017 dell'All-Star Team Sky

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Più che Team Sky, un All-Star Team Sky quello che per il settimo anno in fila prepara a Port d'Alcúdia, Mallorca, la nuova stagione. Nell’anno in cui l’Italia non avrà squadre World Tour, il ciclismo nostrano può consolarsi con altre eccellenze: nuovo modello di bici e nuovo sponsor tecnico sono italiani, e sempre più italiano è il nucleo di corridori in una struttura iper-professioniale e organizzata che resta, per mentalità e cultura, molto, per alcuni anche troppo British. E in quanto a budget, si viaggia su un altro pianeta.  Una squadra media World Tour costa, all’anno, 14 milioni di euro. Sky il doppio: 28 milioni. Cioè, uno a corridore in rosa. È uno squadrone di campioni, quello pilotato da Dave Brailsford, che sarebbero capitani ovunque: l’ex campione del mondo Mikal Kiatowski aiuterà Chris Froome nella doppietta Tour-Vuelta, sfiorata un anno fa; Mikel Landa, dopo un anno di ambientamento e di malanni, al Giro sarà il faro del nuovo acquisto Diego Rosa, s

Roo & Ronnie, il senso della Storia

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Il senso della Storia è un po' come il coraggio, o la classe: se non ce l'hai, non te li puoi dare. E per farla, la Storia, Wayne Rooney da Croxteth e Cristiano Ronaldo da Madeira, non avevano certo bisogno di un golletto di ginocchio al Reading in FA Cup o di testa al Granada in Liga, rispettivamente, il numero 4 e 17 in stagione. Nell'olimpo dei rispettivi club, e allo United addirittura da coppia d'attacco, Roo e CR7 c'erano già. Ma quel senso della Storia che li accomuna, ha voluto legarli in una giornata indimenticabile. "Tanto di cappello, Wayne", sembra dire Bobby Charlton dalla main stand dell'Old Trafford il leggendario capitano raggiunto a quota 249 come miglior realizzatore all time nella storia dello United. Mentre Sir Alex, che Roo lo prelevò non ancora diciannovenne dall'Everton, applaude. Duemila chilometri più a sud, Cristiano Ronaldo riceveva il Quarto Pallone d'oro dall'icona blanca Francisco Paco  Gento e dava

Stasera a casa di Alli

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"Non a casa nostra". Era stato chiaro, Harry Kane. E un po' era nell'aria, aria di London derby, la terza caduta in campionato della capolista, sin lì battuta solo da Liverpool e Arsenal. Una dietro l'altra. Al White Hart lane però la promessa l'ha mantenuta Dele Alli: doppietta di testa in fotocopia (sempre su cross di Eriksen, sempre sul palo lontano, sempre a difesa schierata) del ventenne-meraviglia, e striscia-record dei Blues che si arresta a 13 vittorie, una in meno dei Gunners che dal 10 febbraio al 18 agosto 2002 le vinsero tutte: le ultime tredici di un campionato e la prima di quello successivo. Emulandolo, Pochettino si è adattato a Conte meglio del viceversa: difesa a tre anche per gli Spurs, con Kane a fare il Diego Costa e Ally e Eriksen sulla trequarti come, dall'altra parte, lo spento Hazard con a sorpresa Pedro anziché Willian. L'immagine della serataccia, oltre a un Conte mai così remissivo (e quasi rassegnato) e a un Pochettino

14 Classic Johan Cruyff Quotes Explained

http://isleofholland.com/read/sports/14-classic-johan-cruyff-quotes-explained by Tom Springveld 25 February 2013 at 9:00 am Johan Cruyff isn’t only the best football player the world had ever seen until Lionel Messi, he’s also a visionary, philosopher and insufferable know-it-all. Luckily, the Amsterdammer never kept his wisdom for himself: everyone in the Netherlands can reproduce at least one of many classic Johan Cruyff quotes. We examined 14 of them and came up with some shocking conclusions… 1. “The most difficult thing about an easy match is to make a weak opponent play bad football.”  “Het moeilijke van een makkelijke wedstrijd is om een zwakke tegenstander slecht te laten voetballen.” One of the most poetic of all Johan Cruyff quotes. And what he says is true, too. Let’s say the Dutch national team (#8 on the FIFA World Ranking) plays against Andorra (#204). What’s Andorra gonna do? Right, defend like their lives are at stake. Oranje will run into a brick wall.

Addio Cruijff, profeta elettrico

Se ne va a 68 anni l’alfiere del calcio totale che ha rivoluzionato nei ’70 il mondo del pallone. Fantasia, velocità, controllo, uomo-squadra nell’Ajax e nella nazionale olandese, poi nel Barcellona. Uno stile sovversivo e provocatorio anche fuori del campo e che lo farà schierare con gli oppositori di Franco - Nicola Sellitti, 25.03.2016, Il Manifesto Il Profeta del gol è scomparso. Ma la traccia della sua rivoluzione arancione non conoscerà fine. Da ora di pranzo di ieri è un flusso di ricordi, immagini, commenti sulla morte di Johan Cruijff, battuto a 68 anni da un cancro ai polmoni annunciato con un comunicato dallo stesso ex fuoriclasse olandese nell'ottobre 2015. Cruijff è morto a Barcellona, la sua città adottiva, il teatro itinerante delle sue rappresentazioni calcistiche, arte in campo e in panchina. Era il «magrolino elettrico» per Eduardo Galeano. Il simbolo, il capitano con il 14 sulle spalle (ma non perché a 14 anni aveva vinto il campionato giovanile con

Il marchese Del Bosque, fuoriclasse nato

http://www.corriereadriatico.it/home/la_spagna_fenomeno_vicente_marchese_bosque_fuoriclasse_nato-189341.html di Enrico Maida, Corriere Adriatico, 3 luglio 2012 Se lo incontrassi in una di quelle vecchie drogherie di paese che profumano di spezie e di tentazioni, ti verrebbe voglia di chiedergli due etti di prosciutto, quattro salsicce di quelle buone e un po’ di coppa. Alla parola «coppa», probabilmente, il faccione rassicurante e generoso si illuminerebbe mentre i baffi leggermente spioventi incornicerebbero un sorriso. Il sorriso di Vicente Gonzales del Bosque, marchese di Salamanca dal 4 febbraio dell’anno scorso, da quando cioè il re Juan Carlos gli ha conferito il titolo nobiliare abbinandolo al premio Nobel, Vargas Llosa, in una cerimonia di quelle che non si dimenticano. Con una motivazione particolarmente significativa: la dedizione allo sport spagnolo e il contributo allo sviluppo dei valori sportivi. Non sono semplici parole su una pergamena, sono cose che ti restano

L'insostenibile differenza tra Wenger e Conte

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Ecco, se c'è un'istantanea che meglio fotografi le diverse filosofia e organizzazione di Conte e Wenger, quella dell'1-0 del Bournemouth assolve allo scopo.  Un gol così, una squadra davvero "di Conte" difficilmente lo avrebbe preso. Lui che dal mago alsaziano era stato a studiare - a proprie spese - quando Antonio era ancora un aspirante (grande) allenatore. Sullo 0-0, dimenticato da un Bellerin del tutto fuori posizione, Charlie Davis si sbracciava liberissimo a chieder palla come non capita nemmeno fra gli amatori. Bravissimo Stanislas a pescarlo, e ancora di più Davis per controllo-finta-rientro-e-tiro. Con Pochettino da una parte e Conte dall'altra situazioni così difficilmente ne vedremo nel derby londinese che chiuderà la ventesima di Premier: al White Hart Lane il Chelsea capolista cerca contro il Tottenham la quattordicesima vittoria consecutiva. Una striscia iniziata, guarda un po', dopo la sconfitta all'Emirates contro l'Arsenal