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Visualizzazione dei post da gennaio, 2018

BONTEMPI, BELLA FUGA NELLA FATICA

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la Repubblica © - 21 luglio 1990 LIMOGES - Partenza da Castillon la Bataille, non lontano dai pregiati vigneti del St-Emilion: per una volta, il taciturno Gianni Bugno si permette d'essere spiritoso. Spiega in termini enologici la vittoria del giorno prima: Chateau d'Ax, il miglior cru. S'intende, dei vini di Bordeaux, traguardo magico. Gli è accanto Giovanni Fidanza , il velocista: osserva la planimetria della diciannovesima tappa, 182 chilometri e mezzo direzione Limoges, dove l'anno scorso aveva vinto proprio Bugno. Si consiglia col capitano: fino al St. Pardoux la Rivière non succederà nulla, poi si va in quota. Scoppierà là la bagarre. Passa in quel momento Guido Bontempi , altro velocista a digiuno di volate, ha ascoltato la battuta dell'amico e avversario: chilometro 114; ma oggi vinco io, azzarda lo sprinter della Carrera, la squadra di Chiappucci. Una battuta? Macché: una promessa. Una promessa mantenuta. Bontempi, infatti, è stato di parola. Ha vinto

Azeglio Vicini (1933-2018)

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La nazionale più bella. La più simpatica. La più seguita. Quella che non ha vinto, sì, ma come giocava.  Notti magiche , inseguendo un gol. Quello decisivo è sempre mancato sul più bello. Sempre ai rigori. Con lui, per la prima volta, "maledetti". In finale a Euro '86 con la Spagna Under 21 di Luis Suarez, all'unico successo da allenatore. In semifinale contro l'Argentina di Maradona, capopopolo per una volta "spaccanapoli". In un Mondiale, Italia 90, che non si poteva perdere. E che invece chiudemmo al terzo posto davanti all'Inghilterra. Tempi lontani, quelli di Vicini. Dopo il disastro di Messico 86, il suo quinto Mondiale da vice, subentrò allo stanco Bearzot. Promosse il blocco della Under senza perderne l'incanto: Zenga, Bergomi, Maldini e Ferri; De Napoli, Donadoni e Giannini; e là davanti Mancini & Vialli. I "Gemelli del gol che funzionavano alla Samp, meno in azzurro. Poi, Baggio & Schillaci. Don Azeglio, il &qu

The Power of Three: Stephen Roche profile

http://www.cyclist.co.uk/in-depth/3093/the-power-of-three-stephen-roche-profile On the 30th anniversary of his Giro, Tour and World Champs Triple Crown, Stephen Roche talks to Cyclist about his annus mirabilis Stephen Roche is relaxing on a sofa in a hotel by the Thames, a short walk from the bustle of the London Bike Show. At the nearby cycling mecca everything is dazzling and new, but on the table in front of Roche lie three faded but elegant relics: the maillot jaune of the Tour de France , the maglia rosa of the Giro d’Italia and the rainbow-striped jersey of the World Road Race Championships. These are the holy trinity of cycling jerseys, but to Roche they are personal time capsules that evoke the glory, pain, drama and controversy of 1987, the year this humble son of an Irish milkman etched his name into the annals of cycling folklore by winning all three jerseys within the space of 13 weeks. ‘ You can thank my daughter Christel for remembering those jers

Gianluigi Stanga

http://www.museociclismo.it/content/articoli/5804-Gianluigi-Stanga/index.html Gianluigi Stanga nasce a Bergamo il 28 novembre 1949 . Dopo aver corso nelle categorie dilettantistiche, partecipa al Corso per Team Manager della Lega Ciclistica Professionistica e consegue un master in "Marketing & Management" all'Università Bocconi di Milano. Nel 1976 inizia la carriera di Team Manager collaborando con la Federazione Ciclistica Italiana come tecnico delle squadre nazionali e nel 1979, nell'ambito del programma "Solidarietà Olimpica", ricopre il ruolo di coordinatore tecnico nella Federazione Ciclistica Greca. Dal 1983 ha diretto squadre ciclistiche professionistiche tra le quali Wilier Triestina, Mareno cucine, Supermercati Brianzoli , Chateau d'Ax, Gatorade , Polti, Colpack, De Nardi e Domina Vacanze. Attualmente ricopre il ruolo di Team Manager nel Team Milram. Nelle sue squadre ha diretto campioni come Francesco Moser, Claudio Corti,

GIANNI IL FREDDO, EROE D'ALTRI TEMPI

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dall'inviato  GIANNI MURA, la Repubblica © - 27 agosto 1991 STOCCARDA - Avrete già visto Gianni Vedremo Bugno , e tremato per quelle braccia alzate troppo presto. C'era tutto lui, in quel gesto che rimetteva in discussione una vittoria già conquistata. Non si possono raccontare le emozioni in differita, ma bisognava essere al box azzurro in quel preciso momento, e sentire il coro di "nooo" di esclamazioni più colorite. Bisognava vedere Alfredo Martini scendere dall'ammiraglia bianco come un lenzuolo e chiedere "c' è fotofinish?". Bisognava vedere Vedremo sul podio, uno sguardo ironico negli occhi siberiani , si indovinava la sua preoccupazione di non sapere cosa fare delle braccia. E vedere poi il suo incontro con la moglie Vincenzina, che sembra una ragazzina, la frangetta di capelli mossi sugli occhi molto grandi e vivi, a me ogni volta fa venire in mente la canzone di Viola-Jannacci. "Complimenti", solo questo lei gli ha detto. 

Gianni Bugno, un bel dì Vedremo (2018)

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di CHRISTIAN GIORDANO © in esclusiva per RAINBOW SPORTS BOOKS © Dopo un lungo inseguimento e vari rinvii, l’appuntamento è a Monza  per un caffè  nella sua pasticceria preferita.  Ci vedremo “da Viganò, alle quattro”. Tra me e me sorrido, perché è così che lo chiamava Gianni Mura: “Vedremo”. «Perché – ha spiegato lo stesso Mura a Giacomo Pellizzari, autore de Il carattere del ciclista – non sapevi mai cosa ti potevi aspettare da lui». L’appuntamento è a ridosso al mio turno in redazione, ma dopo diversi rinvii finalmente “avevo” Bugno e non sto lì a sottilizzare. Per sicurezza però, cinque minuti prima lo chiamo per conferma e per avvertirlo che io sono già lì davanti. «Ah, io stavo andando a tagliarmi i capèèèèlli», mi fa con una lombardissima “e” aperta. “Gianni, ma mi avevi detto alle quattro”. «Va be’, dai. Cinque minuti e son lì. Arriva in moto («la macchina non ce l’ho»), e ci sediamo per quel caffè. Lì, è solo Gianni. Forse anche l’elicotterista, mestiere che eserc

Franco Cribiori, l'arte del diesse

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di CHRISTIAN GIORDANO © in esclusiva per RAINBOW SPORTS BOOKS © Buon corridore, Franco Cribiori in una delle sue tante vite è stato, oltre che esperto d'arte (passione trasmessa ai figli, galleristi a Milano), l'archetipo del direttore sportivo della sua epoca. I Settanta più ancora che gli Ottanta.  Uomo d'i ntelligenza vivida, classe e carisma, a volte sin troppo diretto, per non dire brusco, aveva nel fiuto per i corridori e la tattica di gara i suoi punti d'eccellenza. Per referenze chiedere ai registi tv  Fininvest che lui  da  consulente esterno  fulminava con lo sguardo non appena quelli non ne coglievano al volo dritte figlie di decenni trascorsi in gruppo e in ammiraglia.   Lo incontro assieme a sua moglie - collega, oltre che compagna di vita, che per  i gruppi sportivi gestiti dal marito  si occupava di tutto, dalla logistica all'amministrazione, dalla contabilità alla segreteria - nella loro splendida casa nel Varesotto. Ne esco dopo un