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Visualizzazione dei post da agosto, 2018

Visentini nella morsa

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Il campione italiano vince il Giro ’86, poi spuntano l’irlandese Stephen Roche e l’ombra di un tradimento. E arriva Andy Hampsten di Pier Bergonzi, Giro d’Italia – La grande storia Adesso che i britannici hanno vinto anche il Tour, adesso che i figli della Regina hanno stravinto l’Olimpiade di Londra è facile pensare che il ciclismo di lingua inglese (americani e australiani compresi) risieda stabilmente nei quartieri alti di questo sport. Non era così negli Anni Ottanta. Anzi…  L’irlandese Stephen Roche e lo statunitense Andy Hampsten possono essere quindi considerati come dei precursori. Con Greg LeMond, il biondino tre volte maglia gialla, e l’irlandese Sean Kelly possono essere considerati i “padri” storici del ciclismo “English-speaking”. L’antenato più illustre, in realtà, è Tom Simpson, il campione del mondo di Lasarte 1965 che morì sul Mont Ventoux al Tour del 1967.  Ma Roche e Hampsten sono stati il primo irlandese e il primo americano a vincere il Giro

Bernard, speranze tradite

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Poteva essere l’erede di Hinault, ma non lo è stato. Tuttavia aveva gran classe, e nella tappa di Merano 2000 del Giro ’88 lo dimostrò di Pier Bergonzi, Giro d’Italia – La grande storia Gli avevano appiccicato addosso l’etichetta di “erede” di Hinault fin troppo presto, ma di classe ne aveva tanta. E al Giro d’Italia, Jean-François Bernard lo ha dimostrato in più di un’occasione. Aveva già vinto la tappa di Madesimo nell’edizione del 1987 grazie a una bella fuga, ma è in quella del 1988 che dimostra la sua maturità. Capitano della Toshiba, si presenta al via di Urbino convinto di poter puntare alla maglia rosa finale. Nel 1987, al Tour de France, aveva vinto due cronometro ed era salito sul podio di Parigi: terzo dietro a Stephen Roche e a Pietro Delgado. Nei suoi piani avrebbe dovuto ripercorrere le tracce dello “zio” Hinault. E all’inizio tutto gli sorride. Nel prologo di Urbino vince a oltre 41 di media sui 9 chilometri nervosi, con tante curve e l’arrivo sullo strap

Life After Peugeot – Stephen Roche

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by Rupert Guiness – The Foreign Legion (1993) Roche has arguably had the most turbulent career of the lot. He has also been the most successful, with 1987 and his ‘Triple Crown’ triumph in the Tours of Italy, France and the world road title at Villach in Austria. Only the retired Belgian legend Eddy Merckx had ever accomplished the same feat in 1974.  However his contractual wranglings and spate of injuries have earned as much headline space as his race results. Since leaving Peugeot after the 1984 season, Roche has ridden for six teams – La Redoute, Carrera, Fagor, Histor, Tonton Tapis and again Carrera, riding out his intended final season in 1993.  Things started going wrong for Roche right from the start, in his first year out from Peugeot. It had nothing to do with his attitude or performance. On all accounts, 1984 was not a bad season with wins in Nice-Alassio, the Tour of Romandy and Subida a Arrate in Spain. He was also second in Paris-Nice, third in the Cri

Allocchio: l'uomo della strada

http://www.tuttobiciweb.it/index.php?page=rivista&cmd=artdet&id=2096 http://www.museociclismo.it/content/articoli/10347-Stefano+Allocchio%3A+l%27uomo+della+strada/index.html di Pier Augusto Stagi Tuttobici, Numero 8 - anno 2006  Da corridore è stato un buonissimo velocista, adesso è un raffinato passista: calmo, paziente, un vero maestro di mediazione e diplomazia . Da corridore era benvoluto da tutti; da dirigente della RCS Sport, anche. Stefano Allocchio di strada ne ha fatta tanta: ieri in bicicletta, oggi in macchina. Eppure è solo all'inizio del suo viaggio. «Ho ancora tanto da imparare e non ho fretta di arrivare. Per il momento sono contento di dove sono, di quello che ho fatto. Spero solo di fare sempre meglio». È così Stefano Allocchio: un agonista ma non un cannibale . Alla polemica preferisce il dialogo, alle urla il sorriso. «Io cerco di andare d'accordo con tutti. Non sempre è facile, ma con un po' di buona volontà e pazienza si

Stefano Allocchio: dov'è il cameratismo?

di Gino Sala, Tuttobici Numero 10 - Anno 2008 Come sono lontani i tempi di "ciao mama, son contento di essere arrivato uno". Tempi di un ciclismo eroico se paragonato a quello di oggi. Ragazzi di stirpe contadina, figli di operai in cerca di fortuna a cavallo di una bici. Un mondo completamente diverso se confrontato col vivere dei nostri giorni, peggiore per certi versi, migliore per altri. Adesso abbiamo corridori laureati che quando smettono di pedalare diventano imprenditori, dirigenti d'azienda, uomini di spicco, per così dire, e se rimangono fedeli alle loro origini, come il trevigiano Marzio Bruseghin, tengono discorsi interessanti quando vengono intervistati. La premessa coinvolge Stefano Allocchio, milanese nato il 18 marzo del 1962, professionista dal 1985 al 1993, velocista con undici vittorie tra le quali figurano quattro tappe del Giro d'Italia. Un Allocchio elegante nel vestire, quasi salottiero, prudente nell'esprimersi, deludente per cer

Stefano Allocchio

http://www.museociclismo.it/content/articoli/10472-Stefano-Allocchio/index.html di Maurizio (Morris) Ricci, Museo del Ciclismo Nato a Milano il 18 marzo 1962. Velocista. Professionista dal 1985 al 1993 con 12 successi.  Velocista adatto ai treni, senza averli mai potuti avere con tangibilità. Non scattista, ma ottimo in progressione. Forse pure un po' timido, o perlomeno non deciso nelle fasi di ricerca della miglior posizione dalla quale sviluppare l'affondo.  Ottimo pistard nelle categorie minori, dove conquistò tre Titoli italiani tra i dilettanti: americana indoor 1983 (con Brunelli) e inseguimento a squadre 1983 e 1984.  Sempre da dilettante, fu azzurro alle Olimpiadi di Los Angeles nell'individuale a punti che chiuse al 14° posto.  Passato professionista nel 1985, fu autore di una bella stagione d'esordio, conquistando due tappe al Giro d'Italia, a Foggia e Salerno, una alla Settimana Siciliana e il Titolo tricolore nella corsa a punti

Stefano Allocchio al GS CorSera

http://www.gscorsera.it/amici/allocchio.htm Il GS CORSERA vanta un illustre iscritto, a difendere i colori gialloblù c'è Stefano Allocchio grande velocista degli anni Ottanta. In nove anni di professionismo è riuscito a battere grandi campioni dello sprint. Tra le “vittime” dei suoi micidiali rush anche Saronni, Cipollini, Bontempi, Kelly, Konyshev, Gavazzi, Rosola, Eddy Planckaert e soprattutto il gigantesco Freuler , che quando trovava Stefano sulla sua strada era quasi sempre battuto. Come in occasione dei due primi successi al Giro d’Italia 1985, di un giovanissimo Allocchio, nella tappa di Foggia e di Salerno.  Nato a Milano il 18 marzo 1962, ha iniziato la sua carriera professionistica nel 1985. Per tre anni ha difeso la maglia della Malvor-Bottecchia (1985, ’86 e ’89). Ha poi corso per Supermercati Brianzoli (1987), Chateaux d’Ax (’88), Italbonifica-Navigare (dal 1990 al ’92) ed ha concluso con la Lampre (1993).  Dieci bellissime vittorie in volata, tra cui 4 tap

WORK SERVICE VIDEA, NEL 2019 ARRIVA DAVIDE BOSCARO

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https://www.tuttobiciweb.it/article/2018/08/23/1535019950/work-service-videa-davide-boscaro-tuttobiciweb Tuttobiciweb, 23/08/2018 All'indomani della medaglia d'argento conquistata ai campionati europei di Aigle nell'inseguimento a squadre, la Work Service Videa Coppi Gazzera annuncia l'arrivo tra la proprie fila di Davide Boscaro . Il velocista padovano, attualmente in forza alla Work Service Romagnano , approderà alla formazione del presidente Renato Marin e debutterà tra gli under23 nella stagione 2019. "Dopo i due anni nella categoria juniores con la maglia della Work Service - racconta Boscaro - sono orgoglioso di poter continuare a crescere in questo gruppo approdando alla Work Service Videa Coppi Gazzera. Il 2018 non è stata una stagione semplice , la brutta caduta d'inizio d'estate è stata un duro banco di prova, ma sono riuscito a riprendermi e a conquistare una prestigiosa medaglia europea. Sono felice di aver ricevuto piena fiduc

ACBB - 1980

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by Rupert Guinness, The Foreign Legion (1993) With Anderson and Millar out in the wider and cut-throat territory of professional life, Wiegant and Escalon once more plundered the store of English-speaking talent. And when Irishman Stephen Roche came along, they found a diamond amongst this apparent treasure chest. Lucien Bailly, the French Cycling Federation’s technical director, brought Roche to Wiegant’s attention. To this day, Bailly still regards it as his best deed. Roche went on to win the amateur Paris-Roubaix, Paris-Reims, the Tour du Haut Languedoc, the Grand Prix de France, the Chrono Madelainois and the Tour de l'Ile de France. Having won the 1979 Rás Tailteann stage race in Ireland the year before, Roche left Dublin on February 11, 1980, with two big suitcases and a shoulder bag, bound for Paris. He had the idea, as had Anderson, that ACBB would provide the top-line preparation he needed for th Olympic Games later in the year. There would also be a ful

Breukink, Tulipano di ghiaccio

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Un olandese non aveva mai vinto il Giro, lui ci prova e diventa nella tormenta il re del Gavia. Ma non basta. Sarà secondo di Claudio Gregori, Giro d’Italia – La grande storia Gli olandesi non avevano mai vinto al Giro . Con Jan  Janssen e Joop Zoetemelk , invece, si erano imposti al Tour e alla Vuelta. Erik Breukink sogna di colmare quella lacuna.  Ha 23 anni quando, il 22 maggio 1987, parte nel prologo di Sanremo. Corre per la Panasonic , lo squadrone guidato da Peter Post che ha per punte l’australiano Phil Anderson e lo scozzese Robert Millar . Il sogno di Breukink sembra audace, cisto che nell’ultimo Giro si è piazzato 71° a 1h48’39” dal vincitore Visentini .  Nel prologo, però, è il migliore della sua squadra, dodicesimo a 6” da Visentini .  E il giorno dopo, nella prima semitappa, solo 31 km con la salita del San Romolo , attacca, riprende Pagnin, lo stacca e vince, conquistando la maglia rosa . La Panasonic domina e piazza quattro uomini nei primi cin

The Conscripts / Stephen Roche

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by  RUPERT GUINNESS,  The Foreign Legion  (1993) The heavy fog fell across Luz Ardiden, the rain continued, the temperature dropping at every minute. Lack of spectators at the Pyreneen summit finish of the 1992 Tour of Spain’s ninth stage said it all – there were obviously better places to be. As Stephen Roche reached the finish line 7:23 behind stage winner, Spaniard Laudelino Cubino, his face was frozen blue, his eyes bloodshot and his teeth chattered like an electric typewriter. He was pushed towards the Carrera team truck and an awaiting soigneur whose forlorn look, when he saw the Irishman, sesembled a doctor’s in a hospital emergency ward. Roche – suffering from an agonising back injury whch would have stopped any lesser mortal long ago – had gone too far this time. Prised off his saddle, he spent a good three minutes trying to straighten his back as he leant against the truck. In between wipes and rub-downs from his soigneur, Roche coughed, spluttered and finally

Les mythiques de la Mavic : L'ACBB, l'ENA du vélo

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https://www.directvelo.com/actualite/63431/les-mythiques-de-la-mavic-l-acbb-l-ena-du-velo Par DOMINIQUE TURGIS  Le 7 janvier 2018, 19:00 De 1978 à 1998, la société MAVIC (Manufacture d’articles vélocipédiques Idoux-Chanel) a patronné la Coupe de France des clubs amateurs lancée par les Amis du Tour de France . Le classement est par équipes. Au début, les clubs marquent des points sur les épreuves nationales et internationales (classiques et courses par étapes) du calendrier. En 1981, 122 épreuves sont prises en compte. Les coureurs sélectionnés en équipe de France rapportent des points à leur club, en compensation du “manque à gagner”. En 1992, le calendrier est réduit à 18 courses, puis 12 l’année suivante. A partir de 1999, la Coupe de France MAVIC laisse place aux Championnat de France DN1, DN2, DN3, puis, de nouveau, à la Coupe de France DN1 et DN1 espoirs à partir de 2003. Imagineriez-vous aujourd'hui, Mavic, Look, Time ou Michelin faire de la pub en util

Bum bum Visentini

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L’attacco arriva sul San Marco. Roberto è implacabile e si toglie di dosso Saronni. Poi nessuno più gli strapperà la maglia rosa di Marco Pastonesi, Giro d’Italia – La grande storia Finché l’attacco arriva. Sul San Marco, un passo che nel bergamasco fa parte della casa, della famiglia, della storia. Davanti, Roberto Visentini e Greg LeMond, con Franco Chioccioli, Claudio Corti, G.B. Baronchelli e lo spagnolo Pedro Muñoz. Dietro, Beppe Saronni e Francesco Moser, uniti, stravolta, ma nella fatica, nell’impotenza. Intanto, davanti, Visentini continua a scattare e fa la selezione: il primo a cedere è Baronchelli, poi anche Corti e Chioccioli. Ma nel momento di lanciare la volata per la vittoria e gli abbuoni, gli salta la catena. Muñoz (20” di abbuono) è il più lesto, LeMond (a 9”, e con 15” di abbuono) il più regolare, Visentini (a 20”, e con 10” di abbuono) il più sfortunato. Chioccioli arriverà a 43” da Muñoz, Baronchelli a 1’23”, Moser a 2’24”, 2” meglio di Saronni.

Dandy, ma non solo

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Soffre, vola, schianta Roche, si prende la maglia rosa. Roberto Visentini rovescia con un’impresa tutti i luoghi comuni su di lui di Giuseppe Castelnovi, Giro d'Italia - La grande storia «Meno cinque… quattro… te… due… uno. Via!»”. Cominciano tutte così le corse a cronometro. In una corsa a tappe anche, con la differenza che le partenze vengono date tenendo conto della classifica a rovescio: per primi gli ultimi; per ultimi i primi. Al Giro, per ultima, parte la maglia rosa. Così è stato anche il 4 giugno 1987 a Rimini: 31 km in linea orizzontale poi altri 15 in linea obliqua, dal basso in alto, cioè in salita per raggiungere il traguardo di San Marino. Anche quel giorno l’ultimo a partire è stato l’irlandese Roche perché indossava la maglia rosa. Ma primo sulla rocca è arrivato Visentini, suo compagno di squadra che gli ha soffiato il primato.  Proprio lui che nella carovana veniva considerato un playboy, un figlio di papà che correva per hobby, avendo nel box di

Le ali di Visentini

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Nella cronometro Roche pensa di poter vincere, ma Visentini mette alle corde l’irlandese riprendendosi il trono di Giuseppe Castelnovi, Giro d'Italia - La grande storia Giro 1986, Roberto Visentini. Giro 1987, Stephen Roche. Sembra un breve spaccato dell’albo d’oro del Giro d’Italia. Invece racchiude in sé una rivalità in famiglia. Entrambi corrwvano per la Carrera-Vagabond. Accade che nel 1986 l’irlandese riteneva forse di poter vincere il Giro, ma Visentini si impossessa della maglia rosa al termine della Erba-Foppolo all’inizio dell’ultima settimana del Giro, che il bresciano conquista lasciandosi alle spalle in classifica Saronni, Moser e LeMond. Trascorre un anno: Visentini e Roche si ritrovano ancora nella stessa squadra. La maglia rosa di dodici mesi prima dà, in teoria, al primo i galloni di capitano. Ma si sa, le gerarchie possono cambiare strada facendo. Ma ecco come sono andate le cose: con la velocissima cronosquadre (54,468 di media) a Lido di Camaiore, la