Dandy, ma non solo


Soffre, vola, schianta Roche, si prende la maglia rosa. Roberto Visentini rovescia con un’impresa tutti i luoghi comuni su di lui


di Giuseppe Castelnovi, Giro d'Italia - La grande storia


«Meno cinque… quattro… te… due… uno. Via!»”. Cominciano tutte così le corse a cronometro. In una corsa a tappe anche, con la differenza che le partenze vengono date tenendo conto della classifica a rovescio: per primi gli ultimi; per ultimi i primi. Al Giro, per ultima, parte la maglia rosa. Così è stato anche il 4 giugno 1987 a Rimini: 31 km in linea orizzontale poi altri 15 in linea obliqua, dal basso in alto, cioè in salita per raggiungere il traguardo di San Marino. Anche quel giorno l’ultimo a partire è stato l’irlandese Roche perché indossava la maglia rosa. Ma primo sulla rocca è arrivato Visentini, suo compagno di squadra che gli ha soffiato il primato. 

Proprio lui che nella carovana veniva considerato un playboy, un figlio di papà che correva per hobby, avendo nel box di casa una fuoriserie. Non si era proprio risparmiato. Salendo le traballanti scalette della postazione tv disse: «Datemi un paio di stampelle. Ho dato tutto, proprio tutto, e faccio quasi fatica a tenermi in piedi». Secondo dietro Piasecki dopo 15 chilometri, si è poi impossessato del primo posto già ai piedi degli ultimi 15 chilometri, in salita. Il suo compagno di squadra, aspirante anch’egli alla vittoria finale – Stephen Roche –, si è dissolto strada facendo: terzo dopo 15 km, quinto ai -31, dodicesimo a San Marino con 2’47” di distacco sulle spalle. L’impresa di quel giorno suggerì alla vena lirica di Claudi Gregori qusto incipit per il suo articolo quotidiano: «Si è trattato di un colpo di scure. Secco, pultio, devastante. La nobiltà del Giro è crollata come una vecchia quercia con un fragore omerico. Quel colpo non può essere opera di un dandy!».

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