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Visualizzazione dei post da febbraio, 2019

Ranieri out: febbraio da cavallo

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Febbraio a Claudio Ranieri non porta bene. Un subentro (al Parma, con miracolosa salvezza nel 2007) e quattro esoneri: al Valencia nel 2005, alla Roma nel 2011, al Leicester City nel 2017 (l'anno dopo lo storico titolo) e, ora al Fulham; peggio solo maggio con cinque.  Al club del Craven Cottage, nei 106 giorni dal suo insediamento, il 14 novembre, la corsa per salvarsi forse non è mai neanche cominciata: tre vittorie, tre pareggi e 11 sconfitte, le ultime 4 consecutive (e due contro più o meno dirette concorrenti come Crystal Palace e Southamprton).  Il tutto con in mezzo il pasticciaccio per il rigore mio-tuo-tuo-mio fra Mitrovic e Kamara,con quest'ultimo prima relegato ad allenarsi con gli Under 23 e poi prestato in Turchia allo Yeni Malatyaspor. Sintomo forse più evidente di una stagione nata male e che rischia di finire malissimo, e cioè col ritorno in Championship (chiuso al terzo posto un anno fa). Peccato perché il pedigree inglese di Ranieri, dopo

The Sixth Man

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SLAM - 2019, Vol. 26, No. 2 Damn. Twenty-five years goes fast. When I launched SLAM back in 1994, I was just a hardcore basketball fan like everyone who follows or reads SLAM today. The idea was actually quite simple: I was going to make a magazine about basketball and its culture and we were gonna cover all of it…the NBA, college, high school, streetball legends, sneakers, the gear, the music that is the soundtrack of the game. In ’94, one player embodied this idea: Michael Jordan. All the magazine had to do was be like Mike—be fly as fuck. We were the first magazine to do anything like this, so I guess that makes us the OG. We were the basketball internet before the internet. The magazine still drops nine times a year, including our amazing special issues (SLAM Presents KOBE, LEBRON, TOP 100, etc). And yes, the cover of SLAM still matters as much as ever. Our social channels, now up to 10+ feeds on a whole bunch of platforms (if you don’t follow all of them, you should), are

Paolo Cimini, il figlio di papà che sapeva vincere

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di CHRISTIAN GIORDANO © in esclusiva per RAINBOW SPORTS BOOKS © Etichette.  Certe, sin troppo facile appiccicarle, e quasi impossibile rimuoverle. E dire che per lui non doveva essere un problema, era il suo mestiere. O comunque lo sarebbe diventato, dopo la perdita dell’adorato papà-sponsor. Edilcimini. «Corre perché è il padre che paga». Eccola, la prima. La più tenace da scollare, da scollarsi. Niente lattine, flaconi e barattoli, qui. Solo il marchio: «raccomandato». E a chi importa se in volata come in pista hai vinto in ogni categoria, dalle giovanili ai pro’. Il tempo passa, le etichette magari si scolorano ma restano. Scaltro e furbo come solo un commerciante nato sa essere, Paolo Cimini mi accoglie nel suo ufficio in un temperato, ventoso pomeriggio romano. Siamo in periferia, nel suo grosso capannone di Morena. Alle pareti, le gigantografie dei suoi successi. La Edilcimini fa parte di un consorzio di rivenditori di materiale edile. Paolo ci lavora con

La versione di Buffa - Check Point Charlie

Storie di Dionigi e Paola, genitori attenti, di una Milano post-bombardamenti bellici, di spettacoli proibiti, di rientri notturni sotto la neve, di uno slavo rottamatore, di un primo trionfo multietnico, dell’utilità dei fustini di detersivo, di tempeste azteche. E di una curiosità che non muore mai di Federico Buffa Il signor Dionigi, bassobrianzolo di Paderno Dugnano, a casa lo vedono poco. L’Autosole, la grande dorsale che sta per attestare del neo-benessere italiano, la devono ancora inaugurare e quella Milano-Napoli sui camion della Gondrand, lungo le statali che ricalcano l’antica via francigena, non sembra finire mai. Sua moglie, la signora Paola, si sdoppia nel ruolo di madre di due figli e la guardiola d’una portineria. Il secondogenito, il piccolo Carlo, da quando si sono trasferiti all’Isola, il quartiere dietro la stazione di Porta Garibaldi a Milano, vive per le strade come tutti quelli nati negli anni 40. Lui, poi, le bombe alleate che hanno semidistrutto l’Isola

Lombardia - The Italian Monument of Champions

Words Peter Easton // Photos by Photo Sport International In the final moments of his life, as he descended the Col de Portet d’Aspet in the French Pyrenées during the 1995 Tour de France’s 15th stage, one can only hope Fabio Casartelli thought of his beautiful wife Annalisa and his infant son, Marco. The 1992 Olympic Road Race Champion crashed hard on the Col and died en route to the hospital. Th e ESPN broadcast on July 18th showed the grisly scenes of the wreck, and the thrill of watching a bike race was replaced with the harsh reality of the dangers of competitive cycling. 20 years later, Casartelli’s bike hangs in the small chapel of Madonna del Ghisallo, above Lake Como. Th e bike — with its gearing still in the 53x11and its front fork twisted from the crash — hangs as a memorial in the cycling shrine. The chapel of the patron saint of cycling honors both the joy and suff ering of cycling, and it is an icon during the fi nal Classic of the cycling season, Il Giro di Lomb

The Hawk è passato di qui

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http://www.ilfortitudino.it/gli-anni-dellascensore/ L’estate successiva si apre la possibilità di ingaggiare una leggenda del basket americano: Connie Hawkins , “The Hawk”, ormai trentacinquenne ma ancora in grado in pre-campionato di far strabuzzare gli occhi a tutti con i suoi passaggi ad effetto e il suo carisma. Un giovane Fulvio Polesello si ritrova tra le mani palloni che non si sa da dove sbuchino e che lui deve solo depositare facilmente a canestro, viaggiando in pre­season a 30 punti di media. Ma la dirigenza biancoblù non se la sente di rischiare con un giocatore che è così avanti negli anni, poiché non è ancora possibile sostituire uno straniero che si infortuni. E’ John McMillen , con le lacrime agli occhi, a comunicare a Hawkins la decisione. “The Hawk”, come mirabilmente raccontato da Lorenzo Sani nel suo libro “Vale tutto”, resterà a Bologna ancora altri mesi, senza avere il coraggio di dire alla moglie di essere stato tagliato e raccontandole fantasiose storie

Patrick Sercu: The Phenomenon

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https://rouleur.cc/editorial/patrick-sercu-phenomenon/ “ Eddy and I complemented each other. I was the speed, he was the strength and we were friends .” At home with sixties six-day superstar, Patrick Sercu. Posted on 12.02.19 Words: Graeme Fife Patrick Sercu greets us by the open door into the lower floor of his condominium (he also has the upstairs apartment) and shows us into a spacious, light-filled room, the end wall panelled in glossy maple wood, a flat-screen television, family photographs. A balcony overlooks the garden; at the other end of the room are shelves lined with trophies, a dining table. Photographer clicks his inbuilt light meter into action and sets off back to get the gear; Hasselblad will get the nod. I sit on an armchair, Sercu on the settee. He remembers me from Bremen, when we spoke in French, and from a brief encounter at Ghent when he was so busy he had no time to say much more than hello in any language. Now we speak in Engli