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Visualizzazione dei post da luglio, 2014

Lo Squalo giallo, il nuovo re di Francia

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di Simone Basso, Il Giornale del Popolo I Campi Elisi, anche col cielo grigio e qualche goccia di pioggia, sono una meraviglia. Il Tour, tre settimane di gloria e agonia, non potrebbe concludersi altrove: là, nella maestosa eleganza di Parigi, c’è la fotografia perfetta di una storia. Come annunciammo, Grande Boucle tremenda, degna rappresentazione di uno sport che, quando dispiega tutto se stesso, non ha paragoni. Il giallo lo veste uno dei tre tenori della vigilia, il meno cantato (...), di sicuro il più pronto alla sfida (estrema). La presa del potere Vincenzo Nibali, dalla Sicilia con furore, interpreta la Festa di Luglio leggendo lo spartito giusto: i riccioli che percorrono la Francia in senso orario si risolvono, tradizionalmente, sulle Alpi. L’edizione 2014, colma di trabocchetti sulla strada, resi ancor più tremendi dalla (tipica) vis agonistica e dal meteo infame (qualche parentesi di solleone e canicola, in mezzo a tante giornate di acqua...), lo Squalo la i

Il Tour di Nibalì

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Botescià , Bartalì e Coppì due volte. Nencinì , Gimondì , Pantanì una. E adesso Nibalì . Sette italiani per dieci successi al Tour. Vincenzo non solo entra nella storia, ma sale sull'Olimpo già abitato da Anquetil, Gimondi, Merckx, Hinault e Contador. Il pantheon dei sei grandissimi capaci, in carriera, di vincere le tre maggiori corse a tappe: Vuelta a Espana, Giro d'Italia e Tour de France. In ordine crescente di importanza, è lo stesso seguito dalla maturazione del Nibali corridore. La passerella sui Campi Elisi è l'apice di una carriera già straordinaria. La sognava da bambino, nella sua Messina. La bici segata a metà dal papà per rimetterlo in riga. La famiglia lasciata a 15 anni per la Toscana, dove al posto di nonno Vincenzo, papà Salvatore, mamma Giovanna e la sorella Carmen ha trovato altre due famiglie: quella di Bruno e Lucia Malucchi, il suo patron alla Mastromarco, e quella di Carlo e Bruna Franceschi, il suo diesse che l'ha finito di crescere. Enzo l&

Nibali, hai vinto il Tour

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No Vincenzo, non è un sogno: il Tour lo hai vinto davvero. Il sogno è diventato realtà. Adesso goditela quella passerella sugli Champs Elysées, te la sei meritata. Non l'hai solo vinta questa Grande Boucle numero 101: l'hai dominata. Su tutti i terreni, contro ogni avversario. Quelli rimasti in corsa, e quelli che la sfortuna (loro ma anche tua) ti ha tolto troppo presto. In giallo dalla seconda tappa, la piccola "Liegi" di Sheffield, con l'unica eccezione dell'omaggio a Tony Gallopin per la festa nazionale, hai domato il pavé e tutte le montagne: con imprese su Vosgi, Alpi, Pirenei. Hai corso con le gambe, con la testa e soprattutto con il cuore. E' quello, che infiamma la gente. Hai vinto e dato spettacolo quando serviva. O quando era solo bello, come nel tappone con Tourmalet e Hautacam in omaggio ai compagni e al mito di Merckx '69. Hai tessuto alleanze ma senza l'arroganza del più forte. Più forte del fango di Arenberg, della fornace di Cha

La festa non è finita

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Non è finita finché non è finita. Il vecchio motto di Yogi Berra, leggenda del baseball USA, vale in ogni sport. E più che mai al Tour, dove l'imprevisto è sempre dietro l'angolo. A maggior ragione se piove, in gruppo si arriva in 164 e dopo 15 forature, con 3500 km nelle gambe e a due giorni da Parigi.  La maglia gialla di Vincenzo Nibali non è in discussione, ma a 3 km dalla fine lo Squalo è bravo a non farsi impigliare nella rete di cadute, in cui finisce anche la maglia verde Peter Sagan. Alla penultima occasione di una vittotria di tappa che in questa Grande Boucle gli è sempre sfuggita.   L'ha colta al volo invece Ramunas Navardauskas, al secondo successo al Tour dopo la cronosquadre del 2011. Il 26enne passistone della Garmin ripete così in giallo quanto fatto al Giro: la cronosquadre del 2012, e un anno fa, con Nibali in rosa, il tappone del Vajont. A Bergerac, invece, scatta ai meno 10, come Nibali il giorno prima. E anticipa di 7" il gruppo, regolato

Nibali, poker face ha vinto il Tour

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Sul pavè e su tutte le montagne. In discesa verso Sheffield, in salita su Vosgi, Alpi e adesso Pirenei. Non lo sta solo vincendo questo Tour, Vincenzo Nibali: lo sta asfaltando. Chilometro dopo chilometro, con la poker face del monarca assolutista eppure illuminato. Chiude il trittico pirenaico con una superiorità imbarazzante. Ai meno 9 apre il gas e arriva all'Hautacam da solo. A braccia alzate. In questa Grande Boucle ha vinto la simil Liegi alla seconda tappa, quando prese la maglia gialla. Ha vinto in cima a La Planche des Belles Filles il 14 luglio, riprendendosi il simbolo del primato ceduto solo per la festa nazionale a Tony Gallopin. E in giallo ha vinto in quota a Chamrousse. Nel tappone coi mitici Tourmalet e Hautacam ha vinto per i compagni, che in questo Tour sono stati eccezionali. Non aveva più necessità di classifica, lo Squalo; ma voleva lasciare il segno. L'ennesimo. Due successi con la discussa maglia tricolore, due successi con la maglia gialla. Per p

Amarcord: quando nel 1987 il Giro d'Italia partì da Sanremo con un prologo e due semitappe

http://www.sanremonews.it/2014/07/24/leggi-notizia/argomenti/sport/articolo/amarcord-quando-nel-1987-il-giro-ditalia-parti-da-sanremo-con-un-prologo-e-due-semitappe.html Il prologo si svolse tutto sul lungomare, il giorno seguente le due semitappe con la Sanremo-San Romolo e la cronodiscesa individuale del Poggio di Federico Marchi 24 luglio 2014 Per trovare un’altra partenza dalla riviera dei fiori del Giro d’Italia bisogna risalire a quasi 30 anni fa. Nel 1987 infatti la corsa rosa partì da Sanremo dove si svolse il prologo e, il giorno successivo, due semitappe. La presentazione ufficiale delle squadre avvenne davanti al casinò. Il via ci fu il 21 maggio con una cronometro individuale di 4 km, interamente sul lungomare della città dei fiori, con partenza da Portosole, giro di boa a ponente e ritorno con arrivo sul Trento Trieste (il corridore Massimo Podenzana, che negli anni successivi vincerà due volte il campionato italiano, sbagliò anche strada tornando a Po

Lamporecchio, l'ombelico del Tour

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Certo che fa l'occhiolino, Rafal Majka . Primo sulle Alpi a Risoul, primo sui Pirenei a Pla d'Adet. Il 24enne polacco della Tinkoff Saxo neanche doveva esserci al Tour, e invece in quattro giorni ha già vinto due tapponi. E con il secondo successo da pro, la maglia a pois di miglior scalatore - così amata dai francesi - sembra ormai la sua seconda pelle. Come la gialla per Vincenzo Nibali. Allo Squalo, dopo le tre vittorie e i due secondi posti, mancava soltanto il terzo gradino del podio. In cima al Pla D'Adet è arrivato anche quello, alle spalle del suo amico-rivale di sempre: Giovanni Visconti. La 17esima tappa, infatti, è stata anche la sua grande occasione perduta. Nato a Torino e cresciuto a Palermo, come Nibali anche Visconti ha lasciato la Sicilia per la Toscana. Enzo per Mastromarco, Giovanni per San Baronto: 3 chilometri attorno a Lamporecchio, e una rivalità fortissima: ma più tra tifosi che tra i corrdiori. Quante volte - tra juniores e dilettanti - Nibal

Voigt, uno pterodattilo al Tour

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Con la sua 17ª presenza alla Grande Boucle ha eguagliato il record di partecipazioni. Lui che, con il suo naso a punta, ha attraversato in sella alla bici trent’anni di racconto del ciclismo   di SIMONE BASSO , Il Giornale del Popolo Il primo giorno di Tour, al Grand Départ, un paio di milioni di spettatori sulle strade dello Yorkshire assistevano (entusiasti) al solito tentativo di fuga da lontano. Un terzetto di coraggiosi: con Edet e Jarrier, Jens Voigt. La figura più ieratica del plotone ha lasciato sfogare, sul primo GPM, i pollastri; poi – in vista di un traguardo volante – li ha salutati con uno scatto. Jensie, al termine del logico ricongiungimento e dell’altrettanto logica conclusione allo sprint, è salito sul podio per indossare la maglia a pois. Sedici anni dopo la prima volta... Herr Voigt (classe 1971) farà quarantatre primavere il prossimo 17 settembre: nacque nella DDR in quel di Grevesmühlen, il Mar Baltico a pochi passi, e idealizza – con la sola presenza –

Chapeau Bas, Monsieur Rogers

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S'inchina, Michael Rogers sul traguardo di Bagnères de Luchon, per la 52esima volta arrivo di tappa al Tour. Prima lo hanno fatto tutti gli altri, davanti a questo 34enne australiano che sta definendo il concetto di rouleur: un passistone, tre volte mondiale a cronometro, che in un mese ha vinto a Savona e sullo Zoncolan al Giro; e nel primo dei tre tapponi pirenaici al Tour. Nella frazione più lunga, 237.5 km, Rogers scappa sull'ultima salita, gli 11,7 km del durissimo Port de Balès. Con lui anche Serpa e Voeckler, che in corsa si concede pure la libertà di mettere il piede a terra per litigare con degli olandesi che lo insultano. I tre vengono riacciuffati in discesa da Gautier e Kiriyenka, poi Rogers e Gautier attaccano, e a 4,3 km "Mick" piazza l'affondo decisivo. Il secondo successo della Tinkoff, dopo l'impresa di Rafal Majka a Risoul, è tutto per gli amici e per le sue donne: la moglie Alessia - che è italiana - e le loro figliolette Matilde, So

FOOTBALL PORTRAITS - Gerrard, addio capitano

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Troppi tutti quei suoi sogni di bambino. Troppi per realizzarli tutti, e tutti insieme. In una carriera comunque leggendaria. Capitano e totem del Liverpool, con cui ha vinto tante coppe, ma mai il campionato. Capitano e simbolo della nazionale inglese forse più forte da Italia 90, l'ultimo dei mohicani della golden generation che però, alla fine, non ha vinto niente; e nemmeno ci è andata vicino. Nonostante un centrocampo - con Beckham e Scholes, lui e Lampard - che sulla carta era stellare e in campo implodeva. Ha vinto tanto, Stevie G. E perso ancora di più. Sulla sua strada i Manchester United e gli Arsenal più forti di sempre. E poi i milioni di Abramovich al Chelsea e di Mansur al Manchester City. In almeno un paio di occasioni, il Capitano ha vacillato: gli anni passano e l'offerta del Chelsea era di quelle che non si possono rifiutare, ma alla fine il cuore ha sempre prevalso. Stevie G "è" il Liverpool, e lo sarà fino a fine carriera. Per allungars

Kristoff: bene, bravo, bis

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Tutto o quasi come a Saint-Étienne . Se Marcel Kittel è il più veloce in gruppo, Alexander Kristoff è lo sprinter più in forma. Il tedesco ha già vinto tre tappe in questo Tour, il norvegese due. Perché tre giorni dopo il successo di giovedì davanti a Peter Sagan , il 27enne della Katusha ha bruciato l'australiano Heinrich Haussler, di nuovo la maglia verde Sagan - che proprio non riesce a vincere - poi un altro tedesco, André Greipel , e un altro australiano, Mark Renshaw . Per Kristoff, perfettamente lanciato da Luca Paolini , è il successo numero 11 in stagione. Chiusa con un Nibali sempre più padrone la due giorni sulle Alpi, il gruppo ha vissuto una giornata nervosa. Sole, una bomba d'acqua e folate di vento fortissime: il peloton non s'è fatto mancare niente. Nemmeno una fuga di oltre duecento dei 222 km chilometri totali da Tallard a Nimes. Quella del neozelandese Jack Bauer e dello svizzero Martin Elminger , prossimo numero rosso per la combattività. Ma ripr

Mai dire Majka

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Nemmeno doveva esserci il 24enne polacco al Tour: se mi ci mandate vuol dire che non mi volete bene, aveva detto Rafal alla sua Tinkoff, la squadra di Alberto Contador e di Roman Kreuziger, fermato per valori anomali neol passaporto biologico. Invece alla Grande Boucle non solo c'è andato, all'ultimo e senza preparazione, ma da riserva di Kreuziger ha centrato la sua prima vittoria da professionista. Un successo che inseguiva dall'ultimo da dilettante, nel 2010 con una società italiana, la Petroli Firenze. Nel tappone che chiudeva la due giorni alpina, quella con l'infinito Lautaret e lo storico Izoard, ha vinto da solo. Settimo e sesto agli ultimi due Giri d'Italia, ha dimostrato di andare forte anche sulle strade di Francia. In un Tour sempre più italiano: dominato da Vincenzo Nibali, e con Alessandro De Marchi abbonato al numero rosso di miglior combattente. Il giorno dopo l'impresa sul Chamrousse nel centenario di Gino Bartali, ai 3,6 dal tra

Il gran Tour di Gallopin

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Buona la seconda, Tony ( Tonì , alla francese). Il sogno di una vita, in giallo al Tour il 14 luglio, festa nazionale, per Gallopin era durato, appunto, un giorno. Aveva fatto di tutto, per tenersela, quella maglia conquistata a Mulhouse nella tappa vinta dall'altro Tony, il tedesco Martin. Ma Vincenzo Nibali, il padrone di questa Grande Boucle, se l'era subito ripresa con la prepotenza del campione gentiluomo 24 ore dopo, sulla salita di La Planche des Belles Filles. Stavolta, invece, il 26enne della Lotto-Belisol cerca la vittoria di tappa, e la trova azzeccando nel finale il contropiede giusto che beffa Rogers, Sagan e Kwiatkowski a 2 km dal traguardo. Sagan, che proprio non riesce a vincere, ha bissato l'errore di Nancy: attacca in discesa ma si pianta allo sprint, regolato da John Degenkolb davanti ai nostri Matteo Trentin e Daniele Bennati. Nibali ha speso forse più del necessario in una tappa che poteva costare cara al suo scudiero Scarponi, volato sull'a

Talansky, elogio dell'autoscopa

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È tornata alla ribalta per «la straordinaria lezione di coraggio» di Andrew Talansky nel finale dell'11esima tappa, la Besançon-Oyonnaz, ma è attrice non protagonista al Tour dai tempi del cinema muto. Ecco come e perché nacque sui Pirenei...  di Christian Giordano Voiture balai in francese, broom wagon in inglese. Da noi è l'autoscopa. O carro-scopa. Il mini-van o il mega furgone che raccoglie i corridori, e le relative bici, che si ritirano dalla corsa, oppure già troppo staccati per sperare di non arrivare fuori tempo massimo. Esiste dal 1910, quando per la prima volta il Tour de France affrontò le montagne. E che montagne. I corridori chiamavano i Pirenei “il giro della morte”. E persino il patron Henri Desgrange era così preoccupato dal suo azzardo da restarsene a casa pur di non venire associato al possibile disastro. Timori in parte giustificati, visto che solo 41 dei 110 partenti raggiunsero Parigi: il 37,27%. Nel dopoguerra il più alto tasso di ritiri è s

Contador come Froome, Nibali padrone

“Vedrai che qualcuno arriverà”. Caduto e ritirato Chris Froome alla quinta tappa. Caduto e ritirato Alberto Contador alla decima. Tornano in mente le parole di Jacques Goddet all’ex corridore Albert Bouvet, diventato giornalista de l’équipe. Il Napoleone del Tour si riferiva alla Roubaix, che per non morire introdusse, dal ’68, la foresta di Arenberg. La stessa che ha fatto capire al mondo che quest’anno alla Grande Boucle , l’uomo da battere è lui, Vincenzo Nibali.  Nel tappone che chiude il trittico sui Vosgi, nel giorno della Presa della Bastiglia, lo Squalo si riprende la maglia gialla e un bella fetta di Tour. El Pistolero picchia la schiena in discesa, si taglia profondo il ginocchio destro. Il gruppo dei big rallenta per evitare polemiche. Ma davanti è in fuga Kiawtowski che ha già quattro minuti. E’ un uomo di classifica, meglio andarlo a prendere. L’Astana di Nibali e la Sky di porte si mettono a tirare. Ma nella tappa dei sette colli e dei 4 GPM di prima cat

Martin & Gallopin, Tony epici

Un drammone dai Tony epici, questa nona tappa del Tour de France. Quasi letterari. Impresa d’altri tempi, quella di Tony Martin, il tedesco campione del mondo a cronometro da tre anni nell’individuale e da due a squadre. Oltre 150 km in fuga sui 161,5 totali da Gérardmer a Mulhouse, con 6 colli e arrivo in solitario, a 2’45 dal gruppetto regolato da Fabian Cancellara. Le corde della grandeur francese invece le tocca un altro Tony, Gallopin, che strappa la leadership a Vincenzo Nibali, stanchissimo e staccato di 7’46 dal vincitore. Un francese in giallo non accadeva dal 2011 con Thomas Vockler. Quest’anno succederà addirittura il 14 luglio, festa nazionale per la Presa della Bastiglia. Il simbolo del primato dà una benzina speciale, ma Gallopin non è uomo di classifica. E la sua Lotto-Belisol difficilmente riuscirà a sopportare il peso della corsa che sin qui è stato tutto o quasi sul peso dell’Astana di Nibali. Lo Squalo adesso insegue a

La prima volta di Kadri

Prima tappa di montagna al Tour de France e primo successo francese in questa Grande Boucle . A due giorni dalla festa nazionale del 14 luglio. E nel primo dei tre giorni sui Vosgi. Gran numero in solitario di Blel Kadri, al secondo successo importante dopo la Roma Maxima, l'ex Giro del Lazio, del 2013. Sotto una pioggia torrenziale, il 27enne nato a Bordeaux e di origini maghrebine, professionista dal 2009 dopo un anno da stagista, ha azzeccato l'attacco della vita. E si è arrampicato fin su a Gérardmer, chiudendo a braccia alzate. E con indosso la maglia a pois di miglior scalatore. E' cambiata anche la maglia bianca, da Peter Sagan a Michał Kwiatkowski . Il gran finale però è stato tutto nel duello faccia a faccia tra Vincenzo Nibali e Alberto Contador. Lo spagnolo ha punzecchiato, come il giorno prima verso Nancy. La maglia gialla ha risposto, anche guardandolo dritto negli occhi e perdendo appena tre secondi. Come a dire: io ci sono, e tu? La pioggia - sua

Trentin, di un niente

Ci ha preso gusto, Matteo Trentin. Terza vittoria importante da pro, la seconda al Tour de France un anno dopo il gran numero di Lione. Un Tour che parla sempre più italiano, con Vincenzo Nibali maglia gialla in pieno controllo. Bravo a fare la corsa in testa, e a evitare le due cadute nel finale. Un finale perfetto per i finisseurs: i due GPM di quarta categoria con pendenza media del 6 percento, ma a ridosso dell'arrivo, promettevano spettacolo. E spettacolo è stato, fino alla fine. Anzi, al fotofinish. Davanti a Peter Sagan, quest'anno tanto sfortunato quanto - stavolta - tatticamente sprovveduto. Perso già nella prima volata il suo capitano Mark Cavendish, Trentin - 25 anni il prossimo 2 agosto - ha corso invece con grande intelligenza. E così la sua Omega Pharma Quick Step. Straordinario Kwiatkowski nell'ultimo chilometro, e grandissimo lavoro anche di Petacchi e Renshaw.  Il resto ce lo ha messo Trentin, che sul traguardo di Nancy ha battut

Greipel, il ritorno del Gorilla

Quando il gattone non c’è, il Gorilla torna a ballare. A Reims Marcel Kittel, re dello sprint con tre successi su tre in questo Tour, rinuncia alla volata ancora acciaccato per la caduta del giorno prima nell’inferno di Arenberg. E con un Cavendish già a casa dla primo giorno e un Sagan ancora lontano dalla condizione di uno e due anni fa, riecco, finalmente, André Greipel. Il grande sconfitto fra i velocisti di questo inizio Tour assieme al norvegese Alexander Kristoff , secondo anche oggi come a Lille dietro Kittel. Dopo una tappa piatta ma dura, falcidiata dal vento e dalle cadute figlie anche dei ventagli, Greipel è partito lungo, poco oltre i 250 metri e ha resistito. Nei finali così duri, il tedescone numero due sa ancora essere un numero uno. Per il 31enne della Lotto Belisol è già il successo numero 13 in stagione. Nessuno quest’anno ha vinto quanto lui. Tre tappe e classifica generale al Tour dell’Oman, 2 al Tour Down Under e al Giro del Lussemburgo, una

Nibali sul pavé, Squalo pinna gialla

Primo nella simil-Liegi a Sheffield domenica, terzo – ma da dominatore – alla mezza Roubaix di Arenberg mercoledì. Vincenzo Nibali è il padrone di questo Tour, reinventato a colpi di classiche. Sempre più maglia gialla, lo Squalo domina anche sul pavé. E la notizia oscura anche gli altri grandi verdetti di giornata.   Chris Froome si è ritirato a 66 km dal traguardo, dopo altre due cadute che fanno tris con quella del giorno prima a 10 km dal via. Alberto Contador, precipitato a 2,33 da Nibali in classifica generale, è già costretto a inseguire. Sulle pietre della Foresta, si temeva, non si vincerà questa Grande Boucle, ma si potrà perderla. E’ successo, forse, il contrario.   Froome, oltre al lato sinistro del corpo già martoriato, ha picchiato anche il polso destro, e ha dovuto salire in ammiraglia prima ancora che iniziasse, il pavé. E lì, sulle pietre dell’Inferno del Nord, Vincenzo Nibali ha staccato Contador e persino due specialisti come Peter Sagan e Fabian Cancellara, arr

Il Tour di Kittel, forse di Nibali, non di Froome

Harrogate. Londra. Lille. Non sono tre indizi, ma tre prove. Tre prove provate che Marcel Kittel è il più forte velocista al mondo. “Potrei sprintare a occhi chiusi” aveva detto il giorno prima a L’Equipe dopo la strepitosa volata di Londra. Ma nella prima frazione francese di questo suo straordinario inizio Tour, ha dovuto tenerli bene aperti perché Alexander Kristoff, per batterlo, le ha tentate tutte. Per riuscrici, l’unica strategia possibile è attaccarlo da lontano, e il norvegese l’ha capito. Ci ha provato, da lontanissimo. Ma questo Kittel è quasi imbattibile. E questo è il suo Tour. Potrebbe non esserlo, invece, per Chris Froome, che quest’anno sembra incapace di scrollarsi di dosso la sfortuna. Altra caduta, stavolta a dieci chilometri dal via, e sempre sul fianco sinistro. Lo stesso martoriato nel Giro del Delfinato. In vista del Pavé di Arenberg mercoledì, e Contador permettendo, un indizio in più che la lunga marcia verso Parigi Vincenzo Nibali possa concluderla in giallo.

Nibali, giallo tricolore

Piangeva sotto il tendone a ridosso del podio, fresco di quel tricolore che tanto ha fatto discutere e poco è piaciuto. Piange adesso che di giallo è vestito, e ha fatto commuovere – e sobbalzare dal divano – l’Italia intera. L’aspettava da un anno, quella benedetta vittoria, secondo nome della figlioletta Emma: dalle Tre Cimne di Lavaredo al Giro 2013. E’ arrivata al campionato italiano, e adesso c’ha preso gusto, Vincenzo Nibali. Lo Squalo, dipinto anche sulla sua bici nera da Tour, ne ha azzannata un’altra una settimana dopo. Alla seconda tappa della Grande Boucle, una sorta di Liegi in terra inglese, ha vinto alla maniera dei grandi. Al “Melinda” aveva attaccato a 2 km dalla fine. A Sheffield, a 1,8, dopo un perfetto gioco di squadra con Jakob Fuglsang, che gli ha spianato la strada con due attacchi. E del resto, nella “città dell’acciaio”, non poteva che vincere lui, un ragazzo dalla determinazione feroce e dalla classe immensa. Con un cuore grande così. L’ultimo

Ri-hello Kittel

A Buckingham Palace, come sabato nella "prima" a Harrogate o un mese fa al Giro, doppietta nelle tappe irlandesi tra Belfast e Dublino. Caduto sulle strade di casa l'idolo locale Mark Cavendish, fermo sei settimane per la lussazione alla spalla con interessamento dei legamenti, solo Peter Sagan poteva tenergli la ruota. E quello è riuscito a fare, lo slovacco. Senza però aver la forza di "uscire" per provare a vincere. Kittel è, oggi, il gigante dello sprint mondiale: alla lettera, un armadio a sei ante, 1.89 per 86 kg di strapotere fisico e tecnico. Professionista dal 2011, in neanche tre stagioni Marcel ha vinto sei volate al Tour, una alla Vuelta e due al Giro. Nello spettacolo di folla che si è riversato sulle strade nelle tre tappe inglesi, il suo dominante inizio di Grande Boucle ha forse sancito il passaggio di consegne: l'erede di Cannonball è questo 26enne tedescone dal sorriso che conquista, in tutti i sensi. In classifica generale, invece

LA SQUADRA D’ORO NEL FANGO DI BERNA

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https://www.sport-e-cultura.com/2020/03/05/la-squadra-doro-nel-fango-di-berna/ di SIMONE BASSO Il Giornale del Popolo - 4 luglio 2014 Il pomeriggio del 4 luglio 1954, in quel di Berna, pioveva fitto. Qualche ora prima, nel ritiro degli ungheresi, Ferenc Puskas aveva chiesto all’allenatore, nonché vice ministro dello sport, di giocare la finale di Coppa Rimet. Gusztav Sebes, il cittì, malgrado Ferenc fosse reduce da un infortunio, accettò: un giocatore fresco, non reduce dalle corride degli ultimi due incontri, avrebbe fatto comodo. E poi era Puskas… I Mondiali svizzeri del 1954 rappresentarono un momento fondamentale per le fortune planetarie della Coppa e della FIFA. Fu la prima edizione con una programmazione televisiva, l’immaginario della manifestazione crebbe a dismisura: il merito fu soprattutto dell’Ungheria, l’ Aranycsapat , la squadra d’oro che stava dominando la ribalta. Per spiegare quella nazionale, che avviò l’evoluzione del calcio moderno, si deve t

FOOTBALL PORTRAITS - "Vasco" Goycochea, showman must go on

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https://www.amazon.it/Football-Portraits-Ritratti-calcio-Agbonlahor-ebook/dp/B01KI1XRO6 di CHRISTIAN GIORDANO IN ESCLUSIVA per FEDERICO BUFFA RACCONTA "Storie mondiali" «La fama pesa, pasa y a veces confunde»  - Sergio “Vasco” Goycochea  Il mondiale degli occhioni. Quelli spiritati e imploranti di Totò Schillaci. E quelli da cerbiatto, ammalianti, da milonguero (chi frequenta la milonga, cioè la sala da ballo, ndr) latino del “Goyco”. Sono tra le icone di Italia 90.  Uno, centravantino palermitano del CEP; non un quartiere difficile, ma un mondo a parte.  L'altro, arquero paranaense di Lima, partido di Zárate, periferia nord-est a 90 km da Buenos Aires.  Entrambi con un futuro, più o meno riuscito, in tv: reality il primo, presentatore di show un filino trash «el parapenales que casi se hace leyenda en Italia 1990». Il pararigori che quasi divenne leggenda al mondiale italiano. La Noche del Diez con Maradona, il più famoso; l'ultimo