Il Tour di Nibalì

Botescià, Bartalì e Coppì due volte. Nencinì, Gimondì, Pantanì una. E adesso Nibalì. Sette italiani per dieci successi al Tour. Vincenzo non solo entra nella storia, ma sale sull'Olimpo già abitato da Anquetil, Gimondi, Merckx, Hinault e Contador. Il pantheon dei sei grandissimi capaci, in carriera, di vincere le tre maggiori corse a tappe: Vuelta a Espana, Giro d'Italia e Tour de France. In ordine crescente di importanza, è lo stesso seguito dalla maturazione del Nibali corridore. La passerella sui Campi Elisi è l'apice di una carriera già straordinaria.

La sognava da bambino, nella sua Messina. La bici segata a metà dal papà per rimetterlo in riga. La famiglia lasciata a 15 anni per la Toscana, dove al posto di nonno Vincenzo, papà Salvatore, mamma Giovanna e la sorella Carmen ha trovato altre due famiglie: quella di Bruno e Lucia Malucchi, il suo patron alla Mastromarco, e quella di Carlo e Bruna Franceschi, il suo diesse che l'ha finito di crescere. Enzo l'ha scoperto da esordiente Pippo Marchetta, che era a Parigi a festeggiare insieme ai CanNibali. I tifosi che di Enzo si sono innamorati prima ancora che diventasse Nibali.

A Parigi, è finita com'era iniziata a Harrogate: con Kittel re dello sprint per la quarta volta. Ha aperto e chiuso il Tour, come un anno fa. E' stato il Tour dei tedeschi (sette successi fra Kittel, Greipel e Martin), degli altri italiani Trentin, vincitore a Nancy, e De Marchi, numero rosso del Tour. Dei due francesi sul podio (Peraud e Pinot) dopo 30 anni. Di Sagan terza maglia verde in fila. E di Majka maglia a pois di milgior scalatore. Della AJDR, che ha vinto la classifica a squadre. E di Vincenzo diventato, per la prima volta, Nibalì.
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO


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