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QUATTRO COSE CHE SAPPIAMO DI MICHAEL JORDAN E DI QUEI BULLS. E DEL JORDANESIMO

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di Simone Basso Sport e Cultura - 29 maggio 2020 “Al primo piano c’è un negozio che tratta articoli religiosi. Sopra questo un negozio di armi; in cima, un’azienda pubblicitaria che opera nel settore detersivi. Se la storia dell’Occidente fosse un edificio a 3 piani al centro di Manhattan negli anni Venti, assomiglierebbe a questo piccolo esemplare architettonico.” (Ishmael Reed) Quando la narrazione sportiva incrocia Michael Jeffrey Jordan e il Jordanesimo, un fenomeno pop di marketing industriale (generato da uno degli atleti più belli e vincenti di sempre), il vero diventa un momento del falso (o del verosimile). Perché tutto, soprattutto l’analisi tecnica e tattica degli avvenimenti, viene piegato (sopraffatto) dal soprannaturale. Così, nemmeno fossimo di fronte a un muro (di rumore), diventa un’impresa (disperata?) andare al cuore della vicenda: all’essenzialità di una storia che ha avuto troppa eco e troppe riscritture. Da “Open”, le forme del biopic e