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Visualizzazione dei post da ottobre, 2014

Brändle, sperando che l'Ora duri

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Sei settimane. Quarantadue giorni è durato il record dell'Ora di Jens Voigt. Uno in più degli anni del tedesco, che alla veneranda età di 43, il 18 settembre scorso sulla pista svizzera di Grenchen, aveva portato il limite a 51,110 km. Sempre in Svizzera, ma sul vicino velodtromo di Aigle, l'austriaco Matthias Brändle, lo ha battuto di ben 742 metri, portando il primato a 51,852 chilometri (2 metri in più del cartello "ufficiale" stampato dalla UCI, ndr ) su una bici del peso di 7,2 chili. Come tanti prima di lui, è partito forte ma non fortissimo, evitando di andare sopra soglia per non restare senza forze per il rush finale con cui stava per sfondare lo storico "muro" dei 52 chilometri. Traguardo sfumato per la fisiolologica flessione negli ultimi quindici minuti. Brändle è un passistone di 1,89 per 75 chili, corre su strada per la IAM ed è professionista dal 2009. Compirà 25 anni il prossimo 7 dicembre, quindi ha tutto il tempo per miglio

Mbakogu e i gol con vista sull’Europa

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Il bomber del Carpi ha la fidanzata in Francia,  gli occhi del Borussia addosso e Drogba come modello di Davide Setti, La Gazzetta dello Sport CARPI (Modena) - E’ partito da Lagos undici anni fa per raggiungere il papà in Italia. Ma il giro del mondo di Jerry Mbakogu è solo all’inizio. Da Scorzè, provincia di Venezia, dove è arrivato da piccolo con mamma e sorella e ha cominciato nella locale squadra di Esordienti, è passato da Padova, poi la Primavera del Palermo, la Juve Stabia e il Carpi.  Con i biancorossi, sorprendentemente in alto grazie anche ai suoi 6 gol in 10 gare (oggi c’è la sfida con la Ternana), il 22enne attaccante nigeriano ha trovato la dimensione ideale per far esplodere il suo talento. Il d.s. Giuntoli ha scommesso su di lui, facendogli firmare in estate un contratto di 5 anni, dopo la mancata iscrizione che lo ha fatto svincolare dal Padova e ora su di lui ha messo gli occhi il Borussia Dortmund. «Sono ambizioso per natura – spiega Mbakogu, che i

Van Persie d'amore

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Poi uno si innamora del calcio inglese... Ma come puoi non farlo con partite così, con quello spirito, quell'intensità, quei personaggi; in campo e fuori. Quasi se lo sentiva, José Mourinho, di subire il pareggio. E di subirlo all'ultimo secondo, su palla inattiva, subito dopo il rosso diretto a Ivanovic, espulso - ma col doppio giallo - come il 28 ottobre 2012, quando lo United sbancò Stamford Bridge 3-2 contro i Blues in nove per i due gialli anche a Fernando Torres.   E infatti il pareggio è arrivato, all'ultimo secondo, su palla inattiva, con Robin van Persie che ha scaricato alle spalle di Courtois tutta la rabbia di un inizio stagione maledetto. Per lui, tornato capitano per l'assenza di Rooney, e per il primo United di van Gaal.   Lo stesso van Persie che con quel tocco di testa aveva tolto a Didier Drogba la paternità, ma non la gioia del ritono al gol in Premier League. Senza il titolarissimo Diego Costa, contro il suo vecchio maestro ai tempi del Barca,

Van Gaal vs Mou, nemici mai

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Diciassette anni: da tanto si conoscono Louis e José. Era il 1997. Van Gaal veniva da due finali di Champions con l'Ajax e stava per rifare grande il Barcellona. Mourinho al Barca c'era da un anno, ma come traductor di Bobby Robson. Con l'arrivo del nuovo santone, l'allievo pensava di accettare l'offerta come secondo al Benfica. Invece il maestro olandese ne intuisce il potenziale... Speciale e lo conferma assistente per altri tre anni. Abitavano a 15 metri l'uno dall'altro e lavoravano 24 ore il giorno, sette giorni su sette. Insieme vinsero due Liga e una Copa del Rey, e il 16 maggio 2000 van Gaal gli affidò la squadra nel 3-0 sul Mataró che vale ai blaugrana la Copa Catalana. Un trofeo minore, ma il primo di Mou da allenatore vero.  Van Gaal lo ritroverà in un'altra finale, avversario col suo Bayern a Madrid, per la Champions 2010, contro l'Inter del triplete . In semifinale, in vista del ritorno al Camp Nou, van Gaal - già qualificato il

Clásico, il futuro è adesso

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Un altro sport: per ambiente, velocità, ritmo, intensità, qualità tecniche. Il Clàsico numero 229 è uno spot per il calcio del futuro. Quello che in Europa, oggi, giocano solo in quattro: Real Madrid e Barcellona, il Bayern di Guardiola e il Chelsea di Mourinho. Il resto sono chiacchiere, e poco, pochissimo, di distintivo. Al Bernabéu invece va in scena uno spettacolo vero.  Duro, ma corretto, e per palati finissimi. Luis Enrique schiera subito Luis Suárez, al debutto nella Liga dopo i 4 mesi di squalifica per il morso "mondiale" a Chiellini. Nel tridentissimo con Messi e Neymar l'uruguaiano si muove bene, e taglia persino meglio ma sembra ancora lontano dal Cannibale visto al Liverpool.  Eppure, con nelle gambe appena due amichevoli con l'Uruguay, dopo tre minuti propizia il vantaggio di Neymar: in tre clasicos in carriera, il brasiliano vanta gol all'esordio, rigore procurato e rosso a Ramos nel secondo, e nel terzo il gol che poteva spianare la gara

Di Vaio e Nesta, l America dei 76

Saturday, 25 October 2014 Sarà l'anno, il '76 della Mayflower e dei Padri Pellegrini, ma era scritto che ci fosse l'America, nel destino di quei due ragazzini, amici per sempre, e compagni di stanza alla Lazio. Uno con l'argentino Chamot come idolo, l'altro che studiava da Signori. Tutti e due con un comune maestro, Zeman.Dopo i troppi mesi passati a Miami a curarsi la schiena, Alessandro Nesta ci sta ancora pensando: non andrà alla Juve e forse non resterà al Milan. E allora perché non chiudere a New York, come terzo top player ai Red Bull di Thierry Henry e Rafa Marquez? Marco Di Vaio, che alla Lazio con Nesta (a sinistra nella foto, con in mezzo Mimmo Caso) è cresciuto e diviso la stanza nei ritiri, invece ha deciso: giocherà un anno e mezzo in Canada, ai Montreal Impact, con Matteo Ferrari e Bernanrdo Corradi. Anche se difficilmente con lo stesso... impatto che ha dato, e ricevuto, al Bologna. Quattro anni indimenticabili, per il capitano: 65 gol in campiona

CR70

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CR70, e non sentirli. Settanta gol in 106 partite di Champions League, uno in meno del recordman assoluto: Raul Gonzalez Blanco. Leyenda merengue , e illustre predecessore di quella camiseta número siete che ha fatto la storia del mito madridista: Kopa, Amancio Amaro, Pirri, Juanito, Emilio Butragueño, appunto Raul e, adesso, Cristiano Ronaldo. Da buon ex United, per la cifra tonda quale migliore occasione per segnare il suo primo gol ad Anfield. E che gol...Meraviglie nella meraviglia l'assist delizioso di James Rodriguez, uno che parla lo stesso linguaggio tecnico, e la battuta d'anticipo del portoghese, che brucia con un unico movimento Lovren e Skrtel. A chiudere il conto il solito Karim Benzema, alla seconda doppietta stagionale dopo quella all'Athletic Bilbao in campionato del 5 ottobre. CR, a dirla tutta, poteva anche raggiungerlo, il mito Raul e rispondere a Leo Messi, salito - martedì contro l'Ajax - a 69 gol in 89 gare di Champions: ma si è mang

FOOTBALL PORTRAITS - La manita di Luiz Adriano

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Dal Papero alla Pulce: da ragazzo Luiz Adriano faceva coppia con l’amico Pato nelle giovanili Internacional di Porto Alegre, da grande è già nella storia come Lionel Messi: 5 gol in una partita di Champions League. È successo solo a loro due, e sempre calando il settebello: all’argentino nel 7-1 del Barcellona sul Bayer Leverkusen al Camp Nou il 7 marzo 2012; al brasiliano, uno dei 13 nella rosa UEFA di Mircea Lucescu, nel 7-0 dello Shakhtar Donetsk nella magica e gelida serata della Borisov Arena: cinquina con due rigori, di cui uno inventato e fatto ripetere dal croato Ivan Bebek, contro il povero Bate, che di gol già ne aveva presi sei (a zero) alla prima giornata, contro il Porto. I bielorussi in casa non perdevano da oltre un anno, 0-1 dalla Torpedo Zhodino del 29 settembre 2013. Ma evidentemente era destino. Con la doppietta nel 6-2 sul Volyn Lutsk in campionato, Luiz Adriano inseguiva a due gol il record di Andriy Vorobey come miglior marcatore nella storia del club: 114

LUIZ ADRIANO: «VOGLIO LA SELEÇÃO COL MIO AMICO PATO»

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La punta dello Shakhtar, con l’ex milanista all’Internacional campione del Mondo ’06, aspetta Dunga: «Ha detto che ci segue». E poi «che tristezza la guerra a Donetsk» di GIULIO DI FEO Doppietta e maledizioni. O prove generali per il palcoscenico buono. Fatto sta che nel 6-2 del weekend al Volyn Lutsk, Luiz Adriano ne ha segnati 2 e s’è mangiato il terzo: ordinaria amministrazione se lo Shakhtar incontra una piccola in Ucraina, qui però c’è la storia alle porte. Perché con queste 2 il brasiliano arriva a 112 reti coi Minatori del Donbass, a 2 da Andriy Vorobey , che a Donetsk è nato e ci vive, top scorer di sempre del club. E oggi in Champions League contro il Bate Borisov potrebbe eguagliarlo. Ora, visto che i monumenti in area ex sovietica sono ben duri da abbattere, vedere un marcantonio d’ebano con l’afro scalzare il prototipo del bomber biondo è un segno dei tempi che cambiano ma anche della continuità che Mircea Lucescu ha dato al proprio lavoro. Luiz Adriano arrivò a

Spurs allo sbando

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Undici a uno in due partite: un'umiliazione così, il Tottenham, non la subiva da 79 anni: 5-1 fuori e 0-6 in casa nei derby con l'Arsenal, stagione 1935-36. Contro il "Mansur City", ha dovuto mandarla giù in due mesi: 6-0 all'Etihad il 24 novembre con André Villas-Boas in panchina; 1-5 a White Hart Lane il 29 gennaio con Tim Sherwood traghettatore e Spurs in dieci per l'espulsione di Danny Rose.  Mai banali gli scontri diretti fra Sky Blues e Spurs: il 5-0 nel testa-coda del 7 maggio '77 ancora fa discutere: il City trascinato dai gollissimi di Dennis Tueart e Peter Barnes vinse 5-0, ma finì secondo dietro il Liverpool; e il Tottenham di Pat Jennings e Glenn Hoddle chiuso ultimo e retrocesse.  La passeggiata in testa a Scott Parker di Mario Balotelli, poi decisivo col 3-2 dal dischetto al 95', è invece un ricordo ancora fresco: 22 gennaio 2012. E come dimenticare la storica The Comeback, la rimonta, nel replay del quarto turno di FA Cup 20

Solo chi Cadel può risorgere

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di Simone Basso, Il Giornale del Popolo A Como, la domenica dell’ultimo monumento stagionale, il Lombardia, Cadel Evans si è presentato con Robel, il figlio di quattro anni: voleva portarlo almeno una volta, l’ultima, a fargli vedere il mestiere del babbo. Che, per l’epilogo della sua carriera in Europa, aveva scritto «grazie» (in italiano) sul nastro che incolla il radiomicrofono all’orecchio. Sia alla partenza che all’arrivo, in quel di Bergamo, l’emozione di tutti - non solamente la sua - era palpabile. Evans chiuderà con l’agonismo, definitivamente, correndo il primo febbraio, nel 2015, la Great Ocean Race; una gara che sarà battezzata col suo nome. Quello di un ciclista che è diventato una leggenda. «È stato un viaggio fantastico, qualcosa che non avrei mai potuto immaginare quando ho iniziato ad andare in bicicletta sulle strade sterrate...». Cadel è cresciuto in un luogo sperduto, nella comunità aborigena di Barunga, a un’ottantina di chilometri da Katherine. A

Lauren Hill, Last One Game

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Un'ultima partita, la sua prima all'università. E' il sogno della vita di Lauren Hill, 19 anni lo scorso primo ottobre, ma Lauren non sa se vivrà abbastanza per trasformarlo in realtà. Freshman - cioè matricola - alla Mount Saint Joseph University, Hill lotta da un anno contro un tumore maligno al cervello. Si chiama DIPG e colpisce il tronco encefalico; speranza di vita: due mesi. Lauren potrebbe non arrivare a dicembre. E così il suo college ha chiesto alla NCAA di anticipare l'apertura della stagione. Per le leonesse il campionato comincerà in casa, e non in trasferta, contro Hiram College il 2 novembre anziché il 15: palla a due alle ore 14. Lauren, farà di tutto per esserci, e per scendere in campo con la sua canotta numero 22. Perché Lauren non è una che molla. Tutto è cominciato nel novembre 2013, 49 giorni dopo il suo 18esimo compleanno. Lauren giocava da senior - quarto e ultimo anno - alla Lawrenceburg High School di Cincinnati, Ohio.  In campo sentiva

Capello, mi spezzo ma non mi spiego

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Otto-nove milioni l'anno per un altro pareggio, stavolta in casa, contro la Moldova; trentaquattro secondi dopo averla così faticosamente aperta, su rigore, quella maledetta scatola più nera che giallobù. E se neanche stavolta Fabio Capello dovrà dare spiegazioni alla Duma, il parlamento russo - come invece sembrava dopo il flop mondiale in Brasile - stavolta sarà lui a volere, a pretendere, spiegazioni. Una grande squadra non può subire gol, per di più su corner, mezzo minuto dopo averlo fatto e mentre sul tabellone dello Stadion Spartak ancora campeggiava l'immagine di Dzyuba, l'autore del vantaggio russo. Tantomeno una Squadra di Capello, confermato forse più dalla penale di 30 milioni che dalla piena fiducia del presidente federale Nikolai Tolstikh. Il grande problema di don Fabio, dopo 27 partite su quella panchina, è che la sua, ancora, squadra non è: attacca, attacca, ma sbaglia in proporzione, e prima o poi il golletto finisce per prenderlo. E poi il Grupp

Polen über alles

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Sto-ri-ca. Non c'è un termine più adatto per definire l'impresa di Varsavia: mai la Polonia aveva battuto la Germania: nei 18 precedenti, sei pareggi e 12 sconfitte; e solo un gol segnato e 2 punti fatti nei 6 match ufficiali. Ci sono riusciti i ragazzi di Adam Nawalka, e addirittura contro i neo-campioni del mondo, imbattuti da 18 partite; l'ultima sconfitta di Loew, proprio qui, allo stadio nazionale, contro l'Italia: 2-1 di Balotelli in semifinale di Euro 2012. Polonia-Germania, come Polonia-Russia e Germania-Olanda, non sarà mai solo calcio.Troppe e profonde le ferite inferte nel dna dalla Storia: quella con la maiuscola, con l'invasione tedesca nella Campagna di settembre del '39; e quella del calcio, con la battaglia di Francoforte 74, dove la Polonia poi terza a quel mondiale, si arrese al gol di Gerd Mueller in un Waldstadion allagato. La Polonia non voleva giocare, la Germania sì: e chissà come sarebbe finita con Gadocha libero di sprintare su Vogt

Leo vs CR7, aria di Clasico

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Ma quale Neymar, altro che Bale. Nell'Europa che più conta ci sono loro, sempre e solo loro: Leo e Cristiano, Messi e Ronaldo. In rigoroso ordine di gol: 62 in 80 presenze alla decima stagione di Champions per l'argentino; 54 in 97 in due stagioni in più per il portoghese. E proprio in Portogallo, al "Da Luz" di Lisbona, si giocherà la prossima finale. L'obiettivo più grande prima del mondiale brasiliano. E dichiarato a suon di triplette. CR7 chiama, la Pulce risponde. Il Galatasaray che l'anno scorso sfiorò l'impresa nei quarti contro il "Real Mourinho", è stato spazzato via: 6-1 a domicilio.  Altro ché "Benvenuti all'inferno": il diavolo veste blanco . E ha appena firmato fino al 2018 a 18 milioni l'anno. Giusto per far capire, a Bale e compagni, chi è che comanda al Bernabéu. Nell'altra metà del cielo, di Spagna e d'Europa, il capo non è mai stato neanche in discussione. A partire dalla scelta dell'allnatore: l

FOOTBALL PORTRAITS - Neeskens, l'altro Johan (2014)

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https://www.amazon.it/Football-Portraits-Ritratti-calcio-Agbonlahor-ebook/dp/B01KI1XRO6 di CHRISTIAN GIORDANO Federico Buffa Racconta - Storie Mondiali (Sky Sport, 2014) El Segundo . Non siamo nella Contea di Los Angeles, California, anche se in questa storia negli States ci torneremo eccome, ma sulla costa est. Johan Segundo, Johan secondo, come lo chiamavano ai tempi del Barcellona, al secolo è Johannes Jacobus Neeskens. Per tutti Johan, per sempre l’altro Johan. Il compagno di merende, più in campo che fuori, meno prediletto dagli dei. Se l’Olanda del 1974 era una rockband, allora Johan Cruijff era il quinto Beatle, Willem (Wim) van Hanegem era Van (non Jim) Morrison, Robbie Rensenbrink era Jimi Hendrix e Ruud Krol, be’, lui era Mr. Sinatra in persona. E Johan Neeskens, o Johan II, come inevitabilmente sarà per tutta la vita? Be’, lui, era Marc Bolan. O magari Jeff Buckley. Passionale, angelicamente bello, un fuorilclasse totale (è il caso di dirlo), q

Lombardia 2014, la Classica delle foglie Martin

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Cinque sono le classiche monumento: in ordine di calendario Sanremo, Fiandre, Roubaix, Liegi e Lombardia. Daniel Martin se ne è già messe in bacheca due, la Liegi 2013 e adesso la Classica delle foglie morte. La corsa che più ama. Quella che chiude la stagione. E che aveva sfiorato già nel 2011, quando finì secondo dietro allo svizzero Oliver Zaugg e davanti allo spagnolo Joaquim Rodríguez. Il gran favorito di giornata, a caccia di uno storico tris consecutivo che manca dai tempi di Fausto Coppi. Purito però non aveva la gamba delle ultime due edizioni, e nemmeno la stessa rabbia: due anni fa prese tanta acqua da gettare a terra la borraccia, l'anno scorso voleva far pagare a Valverde il tradimento mondiale di Firenze.  Quest'anno invece la rabbia era tutta di Martin, caduto all'ultima curva prima dell'ormai certo bis alla Liegi e poi nella cronosquadre al Giro. Non voleva però fare la fine dell'eterno piazzato Alejandro Valverde, e così se n'è andat

Mou vs Arsène, sempre i soliti

Undici partite contro, cinque pareggi e mai una vittoria. Neanche una. E di quelle sei sconfitte, una ferita che mai si rimarginerà: 6-0 nel giorno della sua 1000esima panchina coi Gunners. Chelsea-Arsenal, finché in panchina ci saranno quei due, non sarà mai solo uno dei tanti derby londinesi: Sarà sempre José contro Arsène, Mourinho contro Wenger. Una continua partita a scacchi, in campo e sui media. Come non ci fosse abbastanza pepe, quest'anno sarà anche la Partita di Cesc Fàbregas. L'ex Barça che in estate ha scelto di tornare in Inghilterra, e a Londra, ma non all'Arsenal. Secondo Wenger, che l'anno prima aveva preso Mesut Özil , il ritorno di Cesc non è mai stato un obiettivo; ma chissà se il popolo dei Goonies non lo considererà lo stesso un traditore. Allo Stamford Bridge, si sfidano le uniche due imbattute del campionato. E arrivano da due diversissime serate di Champions League: i Blues dal sofferto 1-0 sullo Sporting a Lisbona; i Gunners dal 4-1 sul po

Gabi, ma cosa ci combine?

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"Ho fatto ciò che il club mi ha chiesto". Parole di capitano, quelle di Gabi. Solo che il club non era il suo Atlético Madrid che ha appena battuto la Juventus in Champions League. No: era il Real Saragozza che lui, con la doppietta in casa del Levante, salvò alla 38esima e ultima giornata della Liga 2010-2011. Un caso di combine, secondo il quotidiano catalano Mundo Deportivo , ammessa dallo stesso centrocampista davanti al pubblico ministero. Nella stessa giornata, il PM ha ascltato anche l'ex maggiore azionista del Saragozza, Agapito Iglesias, e altri quattro ex compagni di Gabi: l'esterno uruguaiano Carlos Diogo - tornato al Saragozza quest'anno -; Braulio, attaccante che il Saragozza lo lasciò alla fine di quel campionato e oggi al Recreativo Huelva; Jorge López, centrocampista ora del Cadice; e Ivan Obradovic, terzino sinistro che gioca in Belgio, al Mechelen. Assenti invece due dei maggiori indiziati, il portiere Leo Franco e il centrocampista Ponzio, en

Io Balo da (troppo) solo

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Più ammonizioni che gol: due contro uno. Il più grande spreco di soldi dai tempi di Andy Carroll. Un grande acquisto: per i tifosi United. Corre sul filo del web l'ironia, leggera e insieme feroce, del popolo reds . Da quando è sbarcato ad Anfield, Mario Balotelli ha segnato solo una volta, in Champions, nell'andata in casa col Ludogorets, che poi ha fatto soffrire tantissimo il Real campione uscente. Per la verità, pur giocando male quasi quanto l'impalpabile Markovicd, il suo bel golletto Balo lo aveva trovato anche a Basilea, ma Eriksson, giustamente, glielo ha annullato per fuorigioco. E allora via web sono ricominciati gli sfottò: un costoso rigorista, perlatro inuile perché tanto, ai reds, dal dischetto ci va il capitano, Stevie G.   Ma Balotelli è davvero l'unico colpevole? Sicuri sicuri che possa funzionare il 4231 con Borini in panchina e l'ex inter e milan come unica punta davanti a un terzetto di trequartisti leggerino come Sterling, Coutinho e Mar