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Visualizzazione dei post da settembre, 2014

Kwiatkowski, la Polonia che non è nata ieri

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https://www.indiscreto.info/2014/09/kwiatkowski-polonia-non-nata-ieri.html di SIMONE BASSO Indiscreto - 30 settembre 2014 Ponferrada consegna l’iride a un campione, uno dei predestinati della linea verde. E regala il primo Mondiale pro di sempre ai polacchi, grande scuola dell’Europa Orientale. Michal Kwiatkowski l’arcobaleno va a prenderselo, meritatamente, prima spremendo la squadra e poi cogliendo l’attimo fuggente, giù da Confederación. Se l’anno scorso a Firenze, su un tracciato più duro, i reduci della Vuelta fecero (e disfarono) la corsa (Nibali, Rodriguez, Valverde) e Rui Costa – che la preparò in Canada – ne approfittò, stavolta il tobòga iberico ha dimostrato l’aleatorietà di certe convinzioni. La tanto cantata competizione roja , a mo’ di preparazione, non ha inciso. Difatti la rumba è stata dominata, con poche eccezioni (Gilbert, Valverde), da chi ha gareggiato in Nord America, in Gran Bretagna e nel resto d’Europa. Eppure qualche sospetto alcuni tecnici

Il Parco del principino

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C'era il gotha del calcio europeo e mondiale, presente e passato, al Parco dei Principi. In campo e in tribuna. Ma fra tante stelle a rubare la scena è stato il piccolo principe, Marco Verratti da Pescara; 22 anni il 5 novembre. Primo gol - e addirittura di testa - con il PSG, sei anni il primo da professionista: era il 9 agosto 2009; un altro 3-2, quello del Pescara contro la Sangiustese in Coppa Italia. Il primo in campionato, in Serie B, arrivò 15 giorni dopo, il 24 agosto, nel 2-0 in casa sul Rimini. L'ultimo prima dell'avventura parigina, data invece 29 maggio del 2011: ancora un 3-2, sempre all'Adriatico ma contro il Cittadella. Stavolta, il 3-2 pesantissimo per gli equilibri del girone, arriva sotto gli occhi di Zlatan Ibrahimovic, in tribuna per l'infortunio al tallone sinistro che gli ha impedito di affrontare l'unico club che non lo ha capito. In stagione il Barça non aveva ancora preso gol; record che, fra i top campionati europei, adess

Ponferrada azzurra: meglio di così, impossibile

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Alfredo Martini, al primo Mondiale da Lassù, avrà applaudito. Non solo il cuore, le gambe e la testa dei suoi ragazzi, ma soprattutto lo spirito della squadra per la prima volta guidata dal "suo" Cittì, Davide Cassani. Meglio di così gli azzurri, che sulla maglia ne onoravano il ricordo, non potevano fare. E', insieme, il più grande dei complimenti e la fotografia più impietosa per un Mondiale che sulla carta non dovevamo - e sulla strada avremmo potuto - vincere. Il capitano, Vincenzo Nibali, è caduto anche quest'anno: non nel finale come a Firenze 2013, ma all'inizio del quarto giro, a 188 km dalla fine. Niente di grave se non fosse che ha picchiato sul lato sinistro, lo stesso della ferita pulita male dopo la caduta alla Tre Valli varesine, la sua ultima gara premondiale. Ponferrada non era adatta allo Squalo, ma su quella discesa-trampolino avrebbe fatto da specchietto per le allodole Visconti in una fuga, o Colbrelli in volata. Fabio Aru e soprattut

Ponferrada 2014, Show-down Must Go On

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di SIMONE BASSO, Il Giornale del Popolo Domenica 28, il dì dedicato alla prova in linea dei professionisti, si chiude coi fuochi artificiali la rassegna iridata di Ponferrada. Il percorso scelto dagli organizzatori, che sono riusciti a rispettare gli impegni nonostante le difficoltà finanziarie, non appare distante tecnicamente dal tobòga madrileno dell'ultima volta in Spagna (Madrid 2005). Allora vinse uno strapotente Tom Boonen , malgrado gli assalti di Bettini e Vinokourov: una gara appassionante, che si disputò nell'indifferenza di una metropoli distratta. Stavolta la Castiglia e Leon pare più adatta ad accogliere i Mondiali: la risposta del pubblico, in questo fine settimana, chiarirà molte cose. In fondo, alla Vuelta, la folla era quantitativamente inferiore rispetto a quella del concomitante Tour of Britain. Il tracciato, al di là della sindrome di Sallanches 1980 (ovvero la suggestione dei cittì che scambiano un cavalcavia per l'erta di Domancy), è mod

Descansa en pau, Tito

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di CHRISTIAN GIORDANO, Sky Sport, 25 aprile 2014 «Corre el rumor de que Tito Vilanova ha muerto».  La notizia corre sul web, sui social network prima ancora che sui media tradizionali, sui siti ufficiali. È quella che nessuno vorrebbe sentire, che tutti vorremmo subito smentita. Invece no, è tutto vero: Tito stavolta non ce l'ha fatta. Il tumore alla ghiandola parotide, la malattia che lo aveva allontanato dalla panchina del Barça , da Pep Guardiola, l'amico di una vita prima ancora che l'allenatore di cui era stato assistente e poi successore, se lo è portato via. A 45 anni. Le sue condizioni si erano aggravate e una settimana prima, venerdì 18 aprile, era stato ricoverato nella Clínica Quirón di Barcellona. la stessa dove è stato operato d'urgenza. Purtroppo invano. La sua battaglia era iniziata nel 2011 quando Vilanova era ancora il vice di Guardiola, che a fine stagione, alzata la seconda Champions League in tre anni, si sarebbe preso un anno sabbatic

Argento con filoSofia

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L'abbiamo aspettata tanto e finalmente è arrivata, la prima medaglia italiana. E non poteva che arrivare da loro: dalle azzurre del Ct Edoardo Salvoldi. Una sicurezza lui, e cinque sicurezze loro: le cinque ragazze in gara nella categoria juniores; Nicole Nesti, Sofia Beggìn, Sara Wackermann, Katia Ragusa e Sofia Bertizzolo, pilotata allo sprint finale dal perfetto lavoro di squadra delle compagne. Al primo anno da juniores, la vicentina - classe '97 - ha perso di un niente dalla danese, Amalie Dideriksen, che sul circuito spagnolo - poco selettivo - ha bissato l'oro di un anno fa a Firenze. Sul podio, anche la polacca Agnieszka Skalniak. Campionessa italiana ed europea su strada, Bertizzolo aveva chiuso 14esima nella crono e alla fine il rammarico c'è anche nella prova in linea, perché l'oro era davvero lì, a pochi centimetri. In volata ha forse peccato di inesperienza dopo aver pagato un po' in cima all'ultima salita, ma questo argento è solo un pun

Chauncey Billups: retrospettiva di una carriera

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https://www.playitusa.com/nba/2014/09/58912/chauncey-billups-retrospettiva-di-una-carriera/ 26/09/2014 - Francesco Arrighi Play It USA Network Dopo 17 stagioni di NBA , fitte di momenti memorabili e insuccessi, Chauncey Ray Billups ha annunciato il proprio ritiro. “È ora. Lo so. La voglia c’è ancora, ma non posso ignorare d’aver avuto problemi fisici per tre anni consecutivi. Potrei provarci ancora e convincermi di riuscire a farcela, ma non posso sopportarlo. Quando non giochi più come potevi, sai che è giunto il momento di smettere”. Andiamo a ripercorrere la carriera di un giocatore speciale, che, a modo suo, ha scritto una pagina importante di storia NBA. Billups è un prodotto di Denver, Colorado, dove mosse i suoi primi passi cestistici, e volle rimanere anche quando il suo talento gli avrebbe consentito approdi prestigiosi, come Georgia Tech, Kansas o Oklahoma State. A Denver, Chauncey è per tutti Smooth (morbido), soprannome appioppatogli da coach Bobby Wilkerson, che lo allenò

Wiggo, il signore del tempo

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E' un Sir, e in quanto tale è stato di parola, Sir Bradley Wiggins. "Posso battere Tony Martin" aveva detto alla vigilia della cronomondiale di Ponferrada. Detto, fatto. Wiggo è il nuovo campione del mondo a cronometro, categoria Elite, dopo un triennio di dominio assoluto del tedesco, degnissimo successore del recordman Cancellara, l'unico nella storia a fare poker. Un'egemonia interrotta a metà - e solo nel 2008 - da un altro tedesco, Bert Grabsch. La vera notizia però non è tanto Wiggo che conquista così il suo primo titolo iridato su strada dopo i sei della pista nell'inseguimento individuale e di squadra. O che l'ex pistard abbia completato la sua personalissima Triple Crown, la tripla corona, fatta di ori mondiali e olimpici su pista e strada e persino il Tour de France. La vera notizia è che il 34enne britannico del team Sky ha battuto un marziano, anche se complice il ginocchio sinistro che tormenta Martin dalla caduta nella prima tappa del

L'anno della Pro

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Seconda in quella Serie B persa due anni fa, dopo averla inseguita per 64 e con sette scudetti in bacheca. Si vede che era destino. Quando di mezzo c'è questa Pro, le partite non finiscono mai. E se lo fanno, non è mai undici contro undici. Stavolta però, Foscarini e Scazzòla hanno esagerato: il "Ferguson della Bassa" facendoisi espellere a 8' dal 90esimo; l'allenatore "speciale" della Pro, pescando al 92' il jolly-capolavoro con la prodezza di Beretta, entrato al 78' per Marchi. Tre volte nelle prime tre giornate la Pro aveva chiuso in dieci e per due aveva perso al'ultimo minuto: ad Avellino con Castaldo, e in dieci dal 40' per il rosso ad Ardizzone; a Modena con Granoche e in dieci dal 54' per il rosso a Scaglia;  solo in casa nel 3-2 sul Catania il rosso a Cosenza, dopo mezz'ora, non aveva influito sul risultato; e solo nel 4-0 sul Varese l'espulsione era toccata agli altri: al portiere Bastianoni sul rigore

Scazzola, l'altro “speciale”

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di STEFANO DOLCI, Eurosport Al debutto tra i professionisti  Cristiano Scazzola , tecnico della Pro Vercelli neopromossa in Serie B, è riuscito a trasformare da un anno all’altro una squadra, reduce da una retrocessione e 26 sconfitte, in una formazione quasi imbattibile. Dal 1° settembre 2013 al 7 giugno 2014 le “Bianche Casacche” hanno colto 33 risultati utili in 34 partite di campionato (17 vittorie e 16 pareggi), senza mai perdere in casa al “Silvio Piola” e con la difesa meno battuta dell’intera Prima Divisione Lega Pro: 19 reti incassate fra regular season e playoff. Un capolavoro, quello realizzato dalla gloriosa squadra piemontese, frutto anche della tenacia e del grande entusiasmo trasmessi dal 43enne ex centrocampista con un breve passato nel Genoa che, dal 2006, si è legato a doppia mandata con il club piemontese: tre anni da calciatore, partecipando sul campo alla promozione dalla D alla C2, poi, 4 anni fa, la sua avventura da tecnico guidando prima la formazion

Luci e ombre in vista di Ponferrada

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di Simone Basso Il riassunto della Vuelta 2014, il suo nucleo narrativo, è racchiuso nell’ultima ascesa. Salendo ad Ancares si ripete il pattern già esplorato nella seconda settimana di corsa: Chris Froome, generoso ma prevedibile, sgassa lasciando indietro tutti tranne la maglia rossa, un Alberto Contador diabolico, che a meno di mille metri dal traguardo lo lascia sui pedali e va a prendersi il bottino pieno. Arrivano in fila, a relativa distanza l'uno dall’altro, dettando la classifica finale: Contador, Froome, Valverde, Rodriguez, Aru. Non essendo strilloni del cosiddetto ciclismo tradizionale (forse perché ne conosciamo la storia) potremmo definire questo Giro di Spagna tecnicamente mediocre e ripetitivo: i grandi nomi, le rampe di garage, che tanto appassionano tv e tifosi, non possono coprire i vuoti di sceneggiatura. Chilometraggi-bonsai, tracciati monodici hanno prodotto distacchi minimi sino a La Farrapona, una delle (due) frazioni con dinamiche prossime ai Gr

HOW CARRERA, NICKNAMED "THE KIDS" BECAME TRANSFORMERS OF OLD SCHOOL RULES

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http://www.veloaficionado.com/blog/carrera-professional-cycling-team-giving-the-cold-shoulder-to-old-school-rules Robert Cobcroft September 13, 2014 - Pro Cycling, Bicycle Racing FRANK BOIFAVA AND CARRERA PROFESSIONAL CYCLING TEAM Frank Boifava’s life was destined to revolve around bicycles. One of the three owners of the Carrera bicycle brand, Frank now resides in Brisbane Australia. In the mid 1980’s when the world of professional cycling was undergoing radical transformation, Frank played his part in witnessing and enacting some of the most profound changes in the history of the sport. Changes which resulted in a traditional European focused sport, become the international version of cycle sport that we know today. In the 1980’s foreign riders, Americans, Australians, Irish and many more were heading to Europe in unprecedented numbers. What made Carrera different in this era was that Carrera was one of the first pro teams to have “two teams, within one”. Including a large number