Ponferrada azzurra: meglio di così, impossibile
Alfredo Martini, al primo Mondiale da Lassù, avrà applaudito. Non solo il cuore, le gambe e la testa dei suoi ragazzi, ma soprattutto lo spirito della squadra per la prima volta guidata dal "suo" Cittì, Davide Cassani. Meglio di così gli azzurri, che sulla maglia ne onoravano il ricordo, non potevano fare.
E', insieme, il più grande dei complimenti e la fotografia più impietosa per un Mondiale che sulla carta non dovevamo - e sulla strada avremmo potuto - vincere.
Il capitano, Vincenzo Nibali, è caduto anche quest'anno: non nel finale come a Firenze 2013, ma all'inizio del quarto giro, a 188 km dalla fine. Niente di grave se non fosse che ha picchiato sul lato sinistro, lo stesso della ferita pulita male dopo la caduta alla Tre Valli varesine, la sua ultima gara premondiale.
Ponferrada non era adatta allo Squalo, ma su quella discesa-trampolino avrebbe fatto da specchietto per le allodole Visconti in una fuga, o Colbrelli in volata.
Fabio Aru e soprattutto l'immenso Alessandro De Marchi ci hanno provato in tutti i modi a fare corsa dura, per scremare il gruppo che tutto voleva tranne trovarsi allo sprint un fulmine come l'australiano Simon Gerrans - infatti secondo - o quel serpente velenoso di Alejandro Valverde, terzo. A fattori rimescolati lo stesso podio della Liegi 2014: primo Gerrans, secondo Valverde, terzo Kwiatkowski.
Il resto ce lo hanno messo il maltempo, che ha reso più selettivi i 255 km di attesa, poi Mikhal Kiatkowski e la miglior Polonia di sempre e infine l'incomprensibile tattica di Belgio e Spagna.
Saltato il bis di Boonen, l'ex iridato Philippe Gilbert si è sfiancato per riportare sotto il compagno Greg Van Avermaet, ma troppo tardi per riacciuffare Kiatkowski, scappato in curva ai -7 km e a 24 anni primo polacco iridato in linea nella categoria elite.
I padroni di casa, invece, come un anno fa a Firenze hanno corso a perdere. E ai mondiali, nella specialità, nessuno come Valverde: sei podi senza oro, con 2 argenti e 4 bronzi, gli ultimi tre consecutivi.
Alfredo Martini, al primo Mondiale da Lassù, avrà scosso la testa e insieme applaudito. Bravi azzurri, bravo Davide: purtroppo, meglio di così non si poteva fare.
E', insieme, il più grande dei complimenti e la fotografia più impietosa per un Mondiale che sulla carta non dovevamo - e sulla strada avremmo potuto - vincere.
Il capitano, Vincenzo Nibali, è caduto anche quest'anno: non nel finale come a Firenze 2013, ma all'inizio del quarto giro, a 188 km dalla fine. Niente di grave se non fosse che ha picchiato sul lato sinistro, lo stesso della ferita pulita male dopo la caduta alla Tre Valli varesine, la sua ultima gara premondiale.
Ponferrada non era adatta allo Squalo, ma su quella discesa-trampolino avrebbe fatto da specchietto per le allodole Visconti in una fuga, o Colbrelli in volata.
Fabio Aru e soprattutto l'immenso Alessandro De Marchi ci hanno provato in tutti i modi a fare corsa dura, per scremare il gruppo che tutto voleva tranne trovarsi allo sprint un fulmine come l'australiano Simon Gerrans - infatti secondo - o quel serpente velenoso di Alejandro Valverde, terzo. A fattori rimescolati lo stesso podio della Liegi 2014: primo Gerrans, secondo Valverde, terzo Kwiatkowski.
Il resto ce lo hanno messo il maltempo, che ha reso più selettivi i 255 km di attesa, poi Mikhal Kiatkowski e la miglior Polonia di sempre e infine l'incomprensibile tattica di Belgio e Spagna.
Saltato il bis di Boonen, l'ex iridato Philippe Gilbert si è sfiancato per riportare sotto il compagno Greg Van Avermaet, ma troppo tardi per riacciuffare Kiatkowski, scappato in curva ai -7 km e a 24 anni primo polacco iridato in linea nella categoria elite.
I padroni di casa, invece, come un anno fa a Firenze hanno corso a perdere. E ai mondiali, nella specialità, nessuno come Valverde: sei podi senza oro, con 2 argenti e 4 bronzi, gli ultimi tre consecutivi.
Alfredo Martini, al primo Mondiale da Lassù, avrà scosso la testa e insieme applaudito. Bravi azzurri, bravo Davide: purtroppo, meglio di così non si poteva fare.
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO
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