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Visualizzazione dei post da settembre 28, 2014

Ponferrada azzurra: meglio di così, impossibile

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Alfredo Martini, al primo Mondiale da Lassù, avrà applaudito. Non solo il cuore, le gambe e la testa dei suoi ragazzi, ma soprattutto lo spirito della squadra per la prima volta guidata dal "suo" Cittì, Davide Cassani. Meglio di così gli azzurri, che sulla maglia ne onoravano il ricordo, non potevano fare. E', insieme, il più grande dei complimenti e la fotografia più impietosa per un Mondiale che sulla carta non dovevamo - e sulla strada avremmo potuto - vincere. Il capitano, Vincenzo Nibali, è caduto anche quest'anno: non nel finale come a Firenze 2013, ma all'inizio del quarto giro, a 188 km dalla fine. Niente di grave se non fosse che ha picchiato sul lato sinistro, lo stesso della ferita pulita male dopo la caduta alla Tre Valli varesine, la sua ultima gara premondiale. Ponferrada non era adatta allo Squalo, ma su quella discesa-trampolino avrebbe fatto da specchietto per le allodole Visconti in una fuga, o Colbrelli in volata. Fabio Aru e soprattut

Ponferrada 2014, Show-down Must Go On

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di SIMONE BASSO, Il Giornale del Popolo Domenica 28, il dì dedicato alla prova in linea dei professionisti, si chiude coi fuochi artificiali la rassegna iridata di Ponferrada. Il percorso scelto dagli organizzatori, che sono riusciti a rispettare gli impegni nonostante le difficoltà finanziarie, non appare distante tecnicamente dal tobòga madrileno dell'ultima volta in Spagna (Madrid 2005). Allora vinse uno strapotente Tom Boonen , malgrado gli assalti di Bettini e Vinokourov: una gara appassionante, che si disputò nell'indifferenza di una metropoli distratta. Stavolta la Castiglia e Leon pare più adatta ad accogliere i Mondiali: la risposta del pubblico, in questo fine settimana, chiarirà molte cose. In fondo, alla Vuelta, la folla era quantitativamente inferiore rispetto a quella del concomitante Tour of Britain. Il tracciato, al di là della sindrome di Sallanches 1980 (ovvero la suggestione dei cittì che scambiano un cavalcavia per l'erta di Domancy), è mod

Descansa en pau, Tito

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di CHRISTIAN GIORDANO, Sky Sport, 25 aprile 2014 «Corre el rumor de que Tito Vilanova ha muerto».  La notizia corre sul web, sui social network prima ancora che sui media tradizionali, sui siti ufficiali. È quella che nessuno vorrebbe sentire, che tutti vorremmo subito smentita. Invece no, è tutto vero: Tito stavolta non ce l'ha fatta. Il tumore alla ghiandola parotide, la malattia che lo aveva allontanato dalla panchina del Barça , da Pep Guardiola, l'amico di una vita prima ancora che l'allenatore di cui era stato assistente e poi successore, se lo è portato via. A 45 anni. Le sue condizioni si erano aggravate e una settimana prima, venerdì 18 aprile, era stato ricoverato nella Clínica Quirón di Barcellona. la stessa dove è stato operato d'urgenza. Purtroppo invano. La sua battaglia era iniziata nel 2011 quando Vilanova era ancora il vice di Guardiola, che a fine stagione, alzata la seconda Champions League in tre anni, si sarebbe preso un anno sabbatic