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Stephen Roche vs Roberto Visentini

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http://www.thebikecomesfirst.com/stephen-roche-vs-roberto-visentini/ TheScore.ie have listed their top 50 sports articles of the year, and No.2 on the list was an article written by one of the team at Thebikecomesfirst. Graham Healy looked at what became of Roberto Visentini, Stephen Roche’s team mate and rival at the 1987 Giro d’Italia. Below is the article. Stephen Roche’s 1987 Giro nemesis, Roberto Visentini still not happy after all these years By Graham Healy The Bike Comes First - Dec 26, 2014  The clash between Stephen Roche and Roberto Visentini at the 1987 Giro d’Italia remains one of the most-talked about conflicts between team mates at a Grand Tour. Roche’s subsequent story is familiar to all cycling fans, but whatever became of Roberto Visentini? It seems that twenty seven years later, he’s still angry about what happened. Visentini was incredibly talented as a junior, winning the Italian championships in 1975 and later that year adding th

LA PREVIEW DELLA BIG EAST

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di ALESSIO BONAZZI Secondo anno per la nuova Big East che potrebbe terminare, ancora una volta, con la vittoria finale di Villanova. In una conference molto equilibrata, di livello superiore rispetto a quella passata, però non sarebbe una grande sorpresa vedere una fra Georgetown e Xavier battagliare fino all’ultimo per il titolo. Senza dimenticare, ovviamente, Butler e St. John’s, pronte a stupire tutti. Dovranno invece abbandonare i sogni di gloria, almeno per questa stagione, Creighton e Marquette, con De Paul impegnata a confermare, per la settima stagione consecutiva, l’ultimo posto in graduatoria. LA FAVORITA - VILLANOVA WILDCATS Da campioni in carica, i Wildcats sembrano pronti, almeno sulla carta, a ripetere quanto fatto lo scorso anno. Non c’è più Bell, perdita dura da digerire ma non impossibile da dimenticare, soprattutto con un Hart che, dopo essere stato uno dei migliori sesti uomini dell’intera NCAA, nel corso di quest’annata potrebbe definitivamente esplodere. P

HOOPS MEMORIES - I Fantastici Sei e una racchetta

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di CHRISTIAN GIORDANO, American Superbasket Rullo di tamburi. Il 30 gennaio 1965, nella esaurita Cole Field House della University of Maryland si disputa una partita fra scuole superiori cattoliche che farà epoca: la Power Memorial del più rinomato liceale di sempre, il senior Lew Alcindor, contro la DeMatha allenata da Morgan Wootten, dall’ottobre 2000 primo dei tre coach di high school eletti nella Hall of Fame. Gli Stags, imbattuti da 29 gare, vincono 46-43 e fermano a 71 la striscia dei successi newyorkesi. Alla nona stagione con Wootten in panchina, la DeMatha – futura potenza cestistica di Hyattsville, sobborgo di Washington, nel Maryland – era sulla mappa del basket nazionale.  Alcindor – che nel 1971, in seguito alla conversione all’islam, cambierà legalmente il nome in Kareem Abdul-Jabbar – condurrà poi la Power al terzo titolo cittadino consecutivo. Ma quella sera nemmeno lui, tre volte All-American in altrettante stagioni di eleggibilità e primo sophomore nel quin

HOOPS MEMORIES - CCNY, i primi saranno gli ultimi

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https://www.amazon.it/Hoops-Memories-Momenti-basket-americano-ebook/dp/B01JAC2GTQ di CHRISTIAN GIORDANO, American Superbasket Chissà quanto avrà rosicato, Adolph Rupp, storico coach di Kentucky. Nel 1949 il Barone ci aveva fatto l’acquolina, ma dopo aver addentato la NCAA (46-36 su Oklahoma State) i suoi Wildcats, già sazi, si erano fatti sbranare da Loyola al NIT. E così, l’anno dopo, la prima doppietta nei due principali tornei per universitari “luccicava” nella bacheca del City College of New York.  Ateneo urbano zeppo di pendolari e noto come “Harvard dei poveri” - perché offriva ai residenti istruzione di qualità, prima gratis poi a basso costo (tra i beneficiati, Stanley Kubrick, Mario Puzo e Red Holzman) - CCNY vinse sia il National Invitation Tournament sia il National Collegiate Athletic Association Tournament e sempre battendo in finale la Bradley, superpotenza cestistica del Midwest. La storia inizia con quella del coach, Nat Holman. Membro dei famosi Original

L'unico Super è De Gea

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"It's a game you juts have to win, and Manchester United won it". Il derby d'Inghilterra è una partita che devi solo vincere. E il Manchester United l'ha vinta", ma più di tutti l'ha vinta lui: Davìd De Gea. L'ultimo, costosissimo e preziosissimo lascito di Ferguson al suo club della vita. Lo ha strapagato - quasi 18 milioni di sterline nel 2011, il portiere più pagato dopo Buffon, lo ha protetto nel duro impatto con la Premier e adesso si gode, da primo tifoso, i progressi del predestinato. E proprio davanti al suo mentore, ospite fisso all'Old Trafford, l'ex Atlético Madrid ha sfoderato la miglior partita da quando veste la maglia, pesantissima, che fu di Schmeichel e van der Saar, gli unici pupilli avuti nel ruolo da Sir Alex. Il resto, però, è tutto merito del suo vero successore, Louis van Gaal. Contro i rivali di sempre, per quanto malridotti dallo sconcertante mercato estivo, il maestro dimostra di aver studiato e assegna bene i

Man U-Liverpool: più che derby

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Il derby d'Inghilterra non esiste. Ma se ci fosse, correrebbe lungo quei 44 km in linea d'aria e 55 di auto lungo la M62: tra l'Old Trafford di Manchester, e la sponda rossa del Mersey; dall'altra parte dello Stanley Park.   Altro che City-United, o Reds-Toffeemen: è United-Liverpool la classicissima del calcio inglese. Quella tra le grandi storiche di quel football, le più vincenti, le più blasonate. Anche se oggi, non si direbbe. Lo United fuori dalle coppe europee pare una contraddizione in termini; il Liverpool retrocesso in Europa League, quasi un insulto antistorico.   A Old Trafford il tempo per ricostruire manca per definizione, e così persino un santone come Louis van Gaal s'è sentito dare del bollito. Arrivato allo United con dodici anni di ritardo, il guru olandese però non s'è scomposto. Ha speso - tanto e forse male, specie dove più serviva: là dietro - ma piano piano sta confermando l'assunto di tutta una carriera: per intravedere le

"Eroi" mai per caso

Qui si scrive di «eroi», e le virgolette, d'obbligo trattandosi di basket, saranno poi sottintese. Premessa. Tanto tempo fa - facciamo tredici anni - il giovane direttore della prima pay-tv nostrana, troppo "avanti" per durare, fece distribuire alla redazione una circolare dal titolo esemplificativo: "Indicazioni per le telecronache".  In quelle linee-guida i telecronisti venivano esortati a evitare il ricorso non solo alla parola eroe, ma a tutto un gergo bellico ormai comune nel giornalismo, sportivo e no, e fuori luogo già prima dell’Undici settembre figurarsi dopo.  Ecco lo stralcio in questione: «Termini da evitare in SRV [servizi, ndr], TC [telecronache], BC [bordo campo]: (…) GENERICI – (…) eroe (non ci sono eroi in nessun avvenimento sportivo); dramma/drammatico (il fatto accaduto deve essere proprio eccezionalmente negativo, ma anche in questo caso meglio cercare di evitare completamente questa parola: non ci sono drammi nello sport) (…)». 

Eredivisie, questione di Pelle

Wednesday, 10 December 2014 Persino la storia s'era scomodata: mai in quarant'anni di calcio totale Ajax e Barcellona s'erano incontrate nelle coppe. E' successo quest'anno, dove al camp Nou s' visto - si fa per dire - uno degli Ajax più dimessi di sempre. Eppure in Eredivisie è lì, un punto sotto le prime: Twente e PSV, che nello scontro diretto ha umiliato la squadra di Frank De Boer; 4-0 ai campioni, irriconosibili e non solo per la cessione del gioiellino Eriksen: 2 gol in 5 gare prima della sua cessione al Tottenham come erede di Bale. E' riemerso, dopo la peggiore poartenza nella storia del club, anche il Feyenoord di Graziano Pellé, idolo dei ragazzini di Rotterdam e con 10 gol top scorer del torneo assieme a Finnbogason, l'islandese che all'Heerenveen sta mettendo in pratica i consigli di van Basten. Uno che se ne intende. CHRISTIAN GIORDANO

Champions, tempo di verdetti

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Undici squadre per cinque posti. Obiettivo già centrato da tre spagnole - il Barcellona e le due di Madrid, Atlético e Real, finaliste lo scorso 24 maggio a Lisbona -, tre tedesche (Bayer Leverkusen, Borussia Dortmund e Bayern Monaco), due inglesi (Arsenal e Chelsea) più Paris Saint-Germain, Porto e Shakhtar Donetsk. In quattro sono già sicure di arrivare prime: Real Madrid, Bayern Monaco, Chelsea e Porto; lo Shakhtar invece sa già che chiuderà secondo. Tra le undici ancora in ballo, mal che vada Juventus, Monaco, Zenit e Sporting Lisbona potranno consolarsi col terzo posto che vale il paracadute Europa League. Allegri però non vuole nemmeno sentirne parlare.  Per qualificarsi gli basterà non perdere in casa con l'Atletico o che al Pireo l'Olympiacos non batta il Malmoe. E per farlo da capolista nel gruppo A dovrà vincere con due gol di scarto. E mentre ai greci serve un punto per il terzo posto, il Malmoe deve solo vincere per andare in Europa League.  Al Bernabéu c

Ron e Louis, amici mai

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Graziano Pellé o Wayne Rooney. Santi o Diavoli (rossi): Southampton contro Manchester United. Amici mai, e non solo per quella indimenticabile finale di FA Cup '76 decisa a sette dalla fine, per i Saints, da Bobby Stokes; o per la corte sempre respinta dello United a Matt le Tissier, eterna leggenda al The Dell prima e al St'Mary's poi. Amici mai neanche in panchina: olandesi di qua e di là, Ronald Koeman e Louis van Gaal, ma che più diversi non si può. Rambo è stato suo assistente per due stagioni al Barcellona, dal '98 al 2000. Ma a differenza di Mourinho con don Louis, fra l'allievo Koeman e il maestro van Gaal la scintilla non è mai scattata.  Anzi, i due non si sono mai sopportati: nel 2004, tornato all'Ajax come direttore tecnico, van Gaal si dimise dopo pochi mesi proprio per contrtasti con Koeman, al quarto e ultimo anno su quella panchina. I due si sono poi passati il testimone all'AZ, dove Koeman sostituì - con poca fortuna - van Gaal,

Si se cree, se puede

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Non sarà divertente o bello da guardare - perlomeno agli ayatollah della panolada - ma l'Atlético Madrid di Diego Pablo Simeone raramente tradisce. "Partido a partido". La filosofia di una partita alla volta, che l'anno scorso ha regalato ai colchoneros il doppio sogno schnitzleriano del doblete Liga-Champions poi sfumato all'ultimo minuto nel derby di finale prima del tracollo nei supplementari, è diventata uno slogan da copertina: "Si se cree, se puede". "Se si crede, si può".  Conte non ci credeva più, e così a giocarsi col Cholo il pass per gli ottavi e l'eventuale primo posto nel girone ci sarà Allegri, che dopo l'andata al Calderón fu iper-criticato per l'atteggiamento troppo timido. Quel golletto di Arda Turan, il primo subìto dalla Juve in stagione, minò qualche certezza dei tricampioni d'Italia. In realtà anche l'Atlético si era presentato in versione piuttosto prudente, pur giocando in casa. Iniziativa

Longo e Van Moorsel, il duello secondo le donne

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http://www.indiscreto.info/2014/12/surplace-allalpe-dhuez.html Simone Basso ,  Indiscreto.info, 2 dicembre 2014 Hai voglia a definirlo solo un gioco. Soprattutto per loro, gli attori professionisti. Lo sport, al pari dell’arte, tira fuori il meglio e il peggio dagli esseri umani. Cervello, cuore e viscere. Non ci siamo mai bevuti le fandonie su Olimpia e la Grecia antica; basterebbero tre pagine di Weeber per confutare l’ambaradan sulla nobiltà di quei gesti… A patto che lo sport venga demistificato da chi lo vede, e che invece lo tratta alla strégua di un culto teosofico, ci piacciono le rivalità estreme. Le storie tese che debordano in un sano (?) odio agonistico. Per esempio, malgrado Coppi, Bartali e il sudore degli Dei, in Italia un duello più vero di quello tra Belmondo e Di Centa, nel bel mezzo dei Novanta, non l’abbiamo mai visto. Perché, al di là del bene e del male, era inveterato: privo del rispetto reciproco. È una dimensione femminile, che si stacca dal conc

Dortmund, disturbo bipolare

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Già agli ottavi di Champions League, e con un turno di anticipo, anche se in un girone non impossibile con Arsenal, Anderlecht e Galatasaray. Ultima da sola con appena 11 punti in tredici giornate di Bundesliga. Difficile da spiegare con i soli, freddi numeri un avvio di stagione così bipolare del Borussia Dortmund. Gli infortuni, tanti e pesantissimi, spiegano molto, ma non tutto. Reus, Hummels, Papastathopoulos, Immobile, Kirch, Blaszczykowski e adesso, nel 2-0 di Francoforte contro l'Eintracht, di nuovo Piszczek, a lungo fuori la scorsa annata.  Ma anche con un robusto e prolungato alibi come questo, come può una squadra seconda negli ultimi due campionati e finalista di Champions appena due stagioni fa ad aver racimolato, in campionato, solo due risicate vittorie interne con Friburgo e Gladbach (grazie al clamoroso autogol di Kramer) più quella esterna con l'Augsburg, e il doppio 2-2 con Stoccarda e la matricola assoluta Paderborn? Una squadra che ha sì cedu

Real Carlos, Sweet 16

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Se-di-ci. Sedici come le vittorie consecutive fra coppe e campionato, nuovo record di club del Real Madrid. Sedici come i milioni l'anno che il Manchester United sarebbe intenzionato a offrire, secondo El Mundo Deportivo , a Carlo Ancelotti, l' entrenador della Décima . Povero Malaga: in una settimana proprio le due superpotenze di Madrid, finaliste di quella Champions, le sono toccate. Sabato scorso al Calderon, 3-1 per i Colchoneros; stavolta, a La Rosaleda, 2-1 firmato dai due terzi meno nobili della "BBC" - Benzema e Bale -, ma col Real in dieci per l'espulsione di Isco, che si è rovinato col rosso il ritorno a casa. La striscia di Don Carlos è cominciata il 25 agosto col 2-0 in Liga sul Cordoba. Poi sono seguite altre 13 vittorie in campionato, 5 in Champions e il 4-1 esterno sul Cornellà in Copa del Rey. Un cammino trionfale, che ha migliorato il precedente primatoi stabilito dal Madrid di José Mourinho, stagione 2011-2012, quello della Liga vi

Saints vs City: One Kun Show

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Seconda contro terza nel big-match della 13esima di Premier League. Sin qui niente di strano se non fosse che i primi inseguitori del Chelsea, capolista in fuga solitaria, non sono i campioni d'Inghilterra, bensì i Saints; la squadra dei miracoli in questo primo scorcio di stagione. Smantellata e poi ricostruita in una notte di mezza estate, la rivelazione nel passaggio da Mauricio Pochettino a Ronald Koeman è riuscita a far dimenticare ai tifosi le cessioni eccellenti e a ripartire con un gruppo che pare persino più forte di quello che l'anno scorso ha chiuso con l'ottavo posto in campionato. Partiti Shaw allo United e Chambers all'Arsenal, il terzetto Lovren-Lambert-Lallana al derelitto Liverpool post-Suarez, per non parlare dei corpi estranei Osvaldo e Ramirez, sembrava che al St Mary's spirasse forte il vento del ridimensionamento. Invece, là dove il 7 dicembre di un anno fa il Manchester City non andò oltre l'1-1 firmato Osvaldo e Aguero, il gioca

A qualcuno piace Calderón

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Per i turisti che giungono da tutto il mondo a Madrid una delle tappe obbligatorie è ormai da decenni uno stadio.  Il Santiago Bernabéu, la casa del Real. Uno degli stadi più belli del mondo, uno dei più capienti, uno di quelli con il museo più emozionante, con i trofei più lucenti. Ma chi passa da Madrid e ha solo pochi giorni per visitarla rischia di perdersi un piccolo gioiellino: il Vicente Calderón. Non è sontuoso come il Bernabéu ma è più a misura d’uomo; non è gonfio di trionfi come lo stadio del Real ma, anche vuoto, è pieno dell’amore dei tifosi biancorossi; non è enorme ma, tutto esaurito, è caldo come pochi stadi del vecchio continente. Fino al 1966 l’Atlético gioca le sue partite casalinghe in un altro impianto, l’Estadio Metropolitano de Madrid, un centro storico ma freddo, gonfio di tradizione ma piccolo. I soli 35.800 spettatori non bastano più ad un popolo affamato di calcio e di emozioni e così nel 1958 sono i soci del club a sottoscrivere delle obbligazioni e a pag

El estadio Vicente Calderón cumple 45 años con los días contados

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El Atlético se mudará en 3 años, una vez empiecen las obras en 'La Peineta' El Manzanares se inauguró el 2 de octubre de 1966, con Luis como goleador Los atléticos vivieron en el Calderón momentos como los del doblete de 1996 RAMÓN PIZARRO, RTVE.es 01.10.2011 Cuando el Atlético de Madrid se enfrente en la tarde de este domingo al Sevilla, su campo, su querido Manzanares o Vicente Calderón, cumplirá 45 años. Una historia que comenzó a la una menos cuarto de la tarde del dos de octubre de 1966, transmitido en directo por Televisión Española y con el Valencia como primer rival. Un campo moderno En aquella fecha, el Estadio del Manzanares se convirtió en un hito de la modernidad, con su aforo de 40.000 espectadores (54.851, después de la última remodelación) , todos sentados, su avanzada arquitectura y sus comodidades, como una muestra de lo que España podía construir si la FIFA le concedía un anhelado, pero no conseguido, Mundial de 1974. Con la llegada al Manzanares, la enti