A qualcuno piace Calderón


Per i turisti che giungono da tutto il mondo a Madrid una delle tappe obbligatorie è ormai da decenni uno stadio. 

Il Santiago Bernabéu, la casa del Real. Uno degli stadi più belli del mondo, uno dei più capienti, uno di quelli con il museo più emozionante, con i trofei più lucenti. Ma chi passa da Madrid e ha solo pochi giorni per visitarla rischia di perdersi un piccolo gioiellino: il Vicente Calderón. Non è sontuoso come il Bernabéu ma è più a misura d’uomo; non è gonfio di trionfi come lo stadio del Real ma, anche vuoto, è pieno dell’amore dei tifosi biancorossi; non è enorme ma, tutto esaurito, è caldo come pochi stadi del vecchio continente.

Fino al 1966 l’Atlético gioca le sue partite casalinghe in un altro impianto, l’Estadio Metropolitano de Madrid, un centro storico ma freddo, gonfio di tradizione ma piccolo. I soli 35.800 spettatori non bastano più ad un popolo affamato di calcio e di emozioni e così nel 1958 sono i soci del club a sottoscrivere delle obbligazioni e a pagare di tasca propria il finanziamento per la costruzione del nuovo stadio. 

Dopo cinque anni di lavori, il 2 ottobre del 1966 il nuovo stadio, chiamato provvisoriamente Estadio Manzanares, ospita la prima partita della sua storia: Atletico Madrid – Valencia 1 a 1. Gli spettatori sono 62.000 e, per la prima volta nella storia del calcio europeo, sono tutti seduti. 

Un anno dopo arriva per la prima volta da ospite il grande Real Madrid e l’impatto con il nuovo stadio è tosto: l’Atletico festeggia un insperato pareggio per due a due. Il nome dell’impianto però non convince i tifosi e nel 1971 i soci votano per un cambiamento: lo stadio dell’Atletico si chiamerà Vicente Calderón, in onore del presidente allora in carica. Non è un presidente a caso, è uno che ha vinto quattro volte la Liga, quattro Coppe di Spagna, una Supercoppa e una Coppa Intercontinentale.

Quando i lavori finiscono per davvero è il 1972 e lo stadio viene inaugurato nuovamente alla presenza di tutte le più alte cariche spagnole e ospita una splendida vittoria della Nazionale spagnola contro l’Uruguay. Una fabbrica mai chiusa quella del Vicente Calderon che nel corso degli anni subisce in continuazione modifiche su modifiche, fino alla capienza attuale che è di 54.581 spettatori. 

Nel 2003 la Uefa premia il Calderón con la qualifica di stadio a quattro stelle. È uno stadio che gronda storia ed emozione, è uno stadio moderno con negozi e ristoranti, è uno stadio particolare per la sua forma architettonica, è uno stadio che i Madrileni amano, è uno stadio che contro il Milan ospiterà per l’ultima volta un ottavo di finale di Champions League. 

Già, perché presto l’Atlético andrà a giocare i propri incontri casalinghi all’Estadio Olimpico de Madrid, meglio conosciuto come Estadio de la Peineta, un impianto completamente coperto che può ospitare 70.000 spettatori. 

E il Vicente Calderón? Verrà distrutto, demolito, raso al suolo. Al suo posto sorgerà un parco, il Parque Atletico de Madrid. I tifosi sono insorti e hanno protestato a lungo, finora invano. La loro casa è, e nei loro cuori rimarrà per sempre, il Vicente Calderón. Lì hanno gioito, lì hanno sofferto, lì si sono abbracciati, lì hanno pianto. Demolire uno stadio così è un crimine contro il calcio.

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