Vite da NBA: Shawn Kemp


di Jacopo Calzavara 
Basket inside - 26 novembre 2014

Shawn T. Kemp nasce il 26 novembre 1969 a Elkhart, allora piccola cittadina dell’Indiana di poco più di 40mila anime. Sin da piccolo dimostra grandissima predisposizione per lo sport, grazie alle sue doti fisiche fuori dal comune e alla sua iperattività senza confini e, nonostante provenga da una famiglia abbastanza povera e sia soggetto a numerosi casi di razzismo che lo vedono coinvolto negli edifici scolastici, il giovane Shawn diventa un’autentica celebrità del basket sia nei playground locali che tra i tifosi della sua high school. 

Razzismo, una parola che salterà fuori parecchie volte nell’adolescenza di Shawn Kemp. Normale a quei tempi, se nasci in uno stato del Midwest, normale se fai parte della minoranza afroamericana di una città prevalentemente bianca dell’Indiana, normale a pochi anni dalla fine delle lotte razziali. In diverse occasioni durante le sue partite, i tifosi gli lanceranno banane addosso e uno di questi sentirà addirittura i denti di Kemp sul braccio, ormai completamente frustrato dalla situazione, in lacrime poichè incapace di capire le motivazioni di questo odio nei suoi confronti. 

Nonostante questo, durante i suoi anni alla Concord High School, Kemp comincia a giganteggiare e si fa notare da un assistente dell’università del Kentucky, un tale Dwane Casey, ora capo allenatore dei Raptors, il quale capisce immediatamente le capacità del ragazzo che intanto fa incetta di record realizzativi per la sua scuola. Ma nonostante la palese superiorità tecnica e fisica nel gioco, che gli varrà pure la convocazione alla partita del “McDonald’s All American” (dove metterà a referto 18 punti), ma ciò non gli consente di vincere il prestigioso titolo di "Mr. Basketball" dell’Indiana, onorificenza che verrà assegnata a Woody Austin. Se a tale nome non riuscite a trovare nessun tipo di collegamento non preoccupatevi, si tratta di un giocatore che ha giocato successivamente all’università di Purdue con discreti risultati, nulla più. E allora come è possibile che sia riuscito a strappare quel prestigioso premio a un giocatore come Kemp? La questione è molto semplice: sebbene non ci fosse alcun dubbio su quale dei due avesse un maggior talento, la giuria che assegnò il premio punì il prodotto di Elkhart, poiché aveva fatto sapere che al termine della sua esperienza liceale sarebbe andato a giocare a Kentucky, uno smacco intollerabile per uno Stato che mastica pallacanestro come l’Indiana. Vendetta inutile, perché tanto ai Wildcats non c’è andato mai Shawn: a causa degli scarsi risultati ottenuti nei test d’accesso scolastici, è costretto a saltare in tronco la stagione da freshman e come se non bastasse viene accusato di aver rubato una catenina d’oro al figlio del coach, con conseguente cacciata dall’ateneo. Subito dopo si iscrive al Trinity College, un flirt che rimarrà tale dalla decisione di rendersi eleggibile per il Draft 1989, decisione che sconvolse molti addetti ai lavori data la desuetudine a questo tipo di percorso al mondo NBA. Ed è così che con la 17-esima chiamata al Draft del 1989 viene selezionato dai Seattle SuperSonics, in una squadra dove le stelle erano Dale Ellis e Xavier McDaniels. 

Dopo un anno da rookie di normale ambientazione al mondo degli adulti, con l’arrivo di Gary Payton e coach K.C. Jones le prestazioni della giovane ala aumentano esponenzialmente da 6,5 a 15, 0 punti a partita, giocando oltre 30 minuti di media e partendo 66 volte titolare, facendo anche bella figura ai Playoff nella sconfitta al primo turno contro i potenti Trail Blazers di inizio anni ’90. La stagione successiva è determinante per la crescita del prodotto di Concord. Infatti Seattle percepisce le potenzialità dell’atleta e comincia a puntare su di lui, prima con lo scambio che vede partire Xavier McDaniels. Nonostante l’ascesa del giovane Gary Payton e le prestazioni incoraggianti del neotitolare, la franchigia della città dello smeraldo non ottiene grandi risultati fino al cambio di allenatore. Con l’arrivo a metà stagione del guru George Karl, la squadra progredisce notevolmente e grazie anche ai 15,5 punti di media di “Reign Man” (soprannome che gli è stato dato dal famoso radiocronista e speaker Kevin Calabro) accedono ai Playoff con un record di 47 – 35, arrivando anche al secondo turno dove vengono buttati fuori da Utah, con Kemp che in post season viaggia a oltre 17 di media. La stagione 1992 -1993 va ancora meglio, con la squadra che guidata da Kemp (per la prima volta All Star), Payton e Ricky Pierce viaggia a oltre 108 punti di media al record di 55 – 27 e cavalcando con grande autorità fino alle Finali di Conference, dove vengono eliminati a gara 7 dai Suns di Charles Barkley, nonostante un Shawn Kemp che viaggia a oltre 20 punti, oltre 9 rimbalzi e oltre 3 stoppate a gara nella serie. La stagione successiva sembra quella della consacrazione, Seattle vince ben 63 partite grazie anche agli innesti di Detlef Schrempf e Kendall Gill e ottenendo così il miglior record della Western Conference, ma il tutto svanisce nella serie di Playoff forse più incredibile di tutti i tempi, dove i Denver Nuggets di Mutombo rimontano due gare fino a vincere la serie per 3 a 2, tuttora una delle imprese della NBA più incredibili da commentare. La delusione tuttavia doveva venire smaltita in fretta e per questo prende parte alla spedizione per i Mondiali a Toronto dove, sull’onda lunga del Dream Team di Barcellona, la Nazionale statunitense conquista la medaglia d’oro e l’ala grande dei SuperSonics ha l’onore di venir eletto nel miglior quintetto della manifestazione. Ma ormai non ci sono più dubbi, ormai Kemp è un’assoluta stella NBA, dotato di una tecnica e di una forza fisica che gli permette di competere con i più forti lunghi che giocano nella Western Conference e nonostante qualche volta faccia capolino il suo temperamento fumantino, si appresta a giocare la stagione 1995/1996 con la massima convinzione di poter finalmente giocarsi un posto alle Finals NBA grazie anche a una squadra ormai consolidata nel tempo. Infatti Seattle non delude le attese dei tifosi presenti nella Key Arena, ormai diventata una bomba pronta ad esplodere a ogni canestro dei pupilli di casa, e finisce la regular season con il fantastico record di 64 vittorie e 18 sconfitte. 

Ai playoff passeggiano prima sui Kings e poi sui Campioni NBA uscenti degli Houston Rockets e, faticando non poco contro i Jazz di Stockton e Malone, riescono a raggiungere l’ambita meta, grazie al duo Kemp – Payton che viaggia a oltre 20 punti di media a testa nella serie. Arriva così la sfida delle sfide contro Chicago, quell’anno vincitrice di ben 72 partite! L’inizio della serie è traumatico: Jordan e Pippen sono immarcabili per gli esterni di Seattle e Dennis Rodman fa faticare non poco Reign Man e Chicago senza eccessivi patemi si porta sul 3 a 0 nella serie. Ma la reazione di Kemp nella serie è alquanto rabbiosa e grazie a due partite da 25+11 e da 22+10 porta la contesa dell’anello fino a gara 6 dove, nel Father’s Day, Jordan chiude ogni discorso e vince il suo quarto anello. L’anno dopo sembra l’occasione giusta per riprovarci, ma la squadra va leggermente peggio e questa volta l’avventura in post season si ferma al secondo turno, eliminati da Houston. Ormai la magia sembra finita, l’unione all’interno del roster vacilla e Kemp è in scadenza di contratto, ma il rinnovo sembra cosa vicina visto quanto ha dimostrato in questi anni. The Reign Man chiede un contratto da superstar qual’è alla franchigia che, a sorpresa, non glielo concede e così per ripicca Kemp firma per Cleveland a 107 milioni di dollari per 7 anni. 

Nonostante il cambiamento drastico l’ex Seattle non sembra aver subito alcun decadimento e nelle due successive stagione sfodera due annate da oltre 18 e 20 punti di media, ma la squadra non ingrana e riesce a ottenere al massimo un primo turno di playoff. La situazione incomincia a essere frustrante e all’inizio della stagione 2000 iniziano a venir a galla tutti i segreti che il giocatore proveniente da Elkhart ha provato a tener nascosti, dalle relazioni che lo hanno portato ad avere 7 figli con 6 donne diverse al sovrappeso tenuto nascosto dalla franchigia dell’Ohio, fino alla pesantissima accusa di abuso di cocaina. La reputazione di Kemp ormai è crollata, le prestazioni in campo del giocatore ormai sono in declino e Cleveland fa di tutto per cederlo, finché non trova da parcheggiare Kemp e il suo contrattone in quel di Portland. Ma purtroppo l’ennesimo cambio di realtà distrugge definitivamente la stabilità psicologica di Shawn Kemp e sebbene nelle due stagione nell’Oregon viaggi a 15 minuti e 9 punti di media, nel roster non riesce a trovare grande spazio innanzi tutto per l’ascesa esponenziale di Rasheed Wallace che eclissa il suo talento, ma soprattutto per il continuo abuso di droghe che continua a somministrarsi tra una partita e l’altra che costringe la franchigia rossonera a metterlo in lista in un programma di riabilitazione per tossicodipendenti. Al termine della stagione 2002, Kemp ormai consapevole di non riuscire a trovare spazio nel roster dei Blazers, rinuncia agli ultimi due anni di contratto (e a circa 20 milioni di dollari) per trovare un’altra casa, offertagli per un anno al minimo salariale dagli Orlando Magic, pieni di talento sugli esterni (Grant Hill e Tracy McGrady su tutti) ma molto deboli sotto canestro, illusi che l’innesto del Reignman, giocatore di esperienza che avrebbe scavallato quota 1000 partite in carriera durante la stagione, potesse cambiare la sorte della franchigia della Florida. Non fu così, poiché Kemp disputa la peggior stagione in carriera dall’anno da rookie e così sfuma l’ultima grande occasione per tornare a essere il giocatore ammirato a metà degli anni ’90. 

Termina così la carriera di Kemp, il quale ha provato a mettercela tutta per tornare a giocare nella NBA, ma tra arresti per uso di droghe e le pessime condizioni fisiche non è mai riuscito a convincere le varie Dallas, Denver e Chicago, le ultime squadre che hanno provato a dargli una chance, a metterlo a roster. Sul finire dell’anno 2006, durante la celebrazione dei 40 anni dalla fondazione dei Seattle Supersonics, dopo una lunga standig ovation dedicatagli dei tifosi, afferma di voler provare a giocare in una squadra di Roma, prima di voler dare l’ultimo assalto alla NBA. 

E infatti nel 2008, a ormai 39 anni, Shawn Kemp decide di firmare per la Premiata Montegranaro e quindi di tornare a giocare ad alto livello, convinto dai buoni rapporti con GM della squadra italiana e dall’ottima accoglienza tributatagli dai tifosi marchigiani. Ma dopo solo poche amichevoli di prestagione, in cui non aveva granchè brillato, a causa dei danni provocati dall’uragano Ike, per andare a sistemare la sua casa negli States scioglie consensualmente il contratto con la società italiana e dare così l’addio al basket. 

Shawn Kemp sta cercando di costruirsi una nuova vita, seguendo il figlio più grande Shawn Kemp Jr. che gioca per i Washington Huskies (nonostante il reclutamento di atenei più importanti come Florida e Indiana, come degno successore del papà non ha passato i test scolastici per accedervi) con i quali quest’anno sta viaggiando a oltre 15 di media. Inoltre di è sposato con Marvena e ha aperto uno sport bar a Seattle chiamato Oskar’s Kitchen. 

Quando di parla della carriera di Shawn Kemp, tutti fanno notare la sua breve durata, essenzialmente concentrata sui sei anni (1993 – 1998) in cui è stato sempre votato All Star. Vorrei credere che questo limitato periodo sia quasi uno scherzo del destino che ricorre durante tutta la sua prima parte di carriera, da quando ha iniziato a giocare alla Concord High School fino a quando ha esordito (e successivamente dominato) nella NBA con i Seattle Supersonics. In entrambi i nomi delle due squadre che più lo hanno caratterizzato c’è un sinistro collegamento con un altra macchina (quasi) perfetta che ha avuto un destino simile a quello di Reign Man, l’aereo Concorde. Come il giocatore di Elkhart, anche il Concorde era unico nel suo genere, poiché capace di avere delle prestazioni che nessun suo simile dell’epoca poteva neanche sognare di avvicinarsi. Allo stesso modo, Kemp ha dominato il mondo delle ali grandi, anche se per un periodo molto limitato, grazie alle sue prestazioni che in termini di potenza e velocità non hanno avuto eguali. Shawn Kemp e il Concorde, inimitabili nel loro genere, apparizioni fugaci nel loro tempo, epiloghi peggiori di quanto meritassero. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio