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Visualizzazione dei post da ottobre 6, 2018

HOOPS MEMORIES - Celtics '57, nasce The Dinasty

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di CHRISTIAN GIORDANO Nonostante un backcourt di All-Star come Bob Cousy e Bill Sharman i Boston Celtics non raggiunsero mai le finali NBA prima della stagione 1956-57, quando arrivò Bill Russell a dare alla squadra quei rimbalzi che le erano sempre mancati per fare strada nei playoff. Ma quell’anno ad offrire un importante contributo alla causa biancoverde fu anche un’altra matricola doc, l’ala di 2 metri “Tommy Gun” Heinsohn, che non a caso vinse il premio di Rookie of the Year. Con il frontcourt rinnovato per due terzi, i Celtics di Red Auerbach vinsero agevolmente la Eastern Conference e “spazzarono” via (4-0) Syracuse nelle semifinali dei playoff. Nella serie finale si sarebbero trovati di fronte proprio quei St. Louis Hawks (primi ad Ovest a pari merito con altre due formazioni, nonostante un record perdente di 34-38) che, ironia della sorte, al draft gli avevano ceduto i diritti su Russell in cambio di Ed Macauley e di Cliff Hagan. I Celtics erano i grandi favori

HOOPS MEMORIES - Il tiro dimenticato di Frank Selvy

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di CHRISTIAN GIORDANO Giocatore di college per la stagione 1954, due volte capocannoniere e in un’occasione autore di 100 punti in una partita, Frank Selvy, guardia di 1.87, fu la prima scelta al draft NBA nell’agosto di quello stesso anno. I Baltimore Bullets lo avevano preferito a star del calibro di Bob Pettit e Gene Shue, scelta giudicata eccellente perché Selvy pareva avere i mezzi per adattarsi al gioco pro. Il favoloso Frank fu subito il tiratore scelto della Lega per il primo mese, solo per avere i finanziariamente problematici Bullets falliti a fine novembre. Il contratto di Selvy fu assegnato ai Milwaukee Hawks, dove egli fu raccolto dove era rimasto a Baltimore. Selvy fu selezionato per giocare nell’All-Star Game della NBA, e finì quinto nella lega nei punti con una media di 19 punti a partita. Ciò che appariva essere l’alba di una star NBA fu bruscamente interrotto quando Selvy fu reclutato nell’esercito dopo 17 partite della sua seconda stagione pro. Trasco

HOOPS MEMORIES - Biasone, il santo patrono della NBA

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di CHRISTIAN GIORDANO, American Superbasket Strano a dirsi, una delle più importanti partite nella storia della NBA fu una delle più noiose. Il 22 novembre 1950 a Minneapolis, Minnesota, i locali Lakers delle star George Mikan, Jim Pollard, Vern Mikkelsen e Slater Martin le presero dai Fort Wayne Pistons per - udite udite - 19-18, il più basso punteggio di sempre. Quella (si fa per dire) partita fu il nadir dello slow-down game, il gioco rallentato così comune nella lega all’epoca, quando le squadre, una volta in vantaggio, si affidavano al ballhandling delle proprie guardie per far scorrere il tempo, mentre sugli spalti il pubblico cominciava a sbadigliare o rivolgeva la propria attenzione… al programma della partita. Che a quel punto era già finita. Quella, storica, che fu l’epitome del frozen game, il gioco congelato, difficilmente i Pistons l’avrebbero potuta vincere praticando un running game. Così coach Murray Mendanhall ordinò ai suoi di fare l’opposto. L’unico modo

Pinky Finger Mou

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Il labiale (come il mignolino alzato a chi) lo lasciamo alla vostra immaginazione. Lo sguardo fisso in camera, pre e post match per lui decisivo, in segno di sfida, è invece quello dei bei tempi. Di quando era lui il centro del "Moundo", e al povero Benitez non restavano che gli sberleffi via-SMS - inviati da Mou a Materazzi - sul sovrappeso del proprio successore all'Inter. Chissà che fatica per Rafa reprimere la gioia di essere lui, col suo Newcastle a sancire l'esonero già annunciato dal Daily Mirror a prescindere da come sarebbe finita all'OId Trafford; dai cui spalti Ed Woodward - vicepresidente esecutivo del club e nemico giurato di Mou - sembrava già aver emesso il suo verdetto. Ma è nel "noi contro tutti" che lo Special One - storicamente - ha dato il meglio di sé. E quale miglior "rumore dei nemici" che trovarsi sotto due a zero dopo dieci minuti contro i Magpies, penultimi a due punti, ancora e pure loro già fuori in

Storia di Pietro Algeri

http://www.museociclismo.it/content/articoli/1216-Storia+di+Pietro+Algeri/index.html Buon pistard, specialista dell'inseguimento, svolse una discreta attività anche su strada dove comunque non riuscì a primeggiare.  Da dilettante è stato campione mondiale nell'inseguimento a squadre nel 1971 (con Bazzan-Borgognoni-Morbiato), specialità e anno in cui fu anche Campione Italiano.  Nel 1972 prese parte alle Olimpiadi di Monaco nell'inseguimento a squadre (eliminato al primo turno).  Professionista dal 1974 al 1982, ha raccolto le sue migliori affermazioni su pista: è stato Campione Italiano Inseguimento nel 1975 e Campione Italiano Mezzofondo nel 1977 e 1979.  Primatista mondiale dell'ora dietro motori al coperto con 69,741 km nel 1976, ha vinto due Seigiorni (Montreal 1979 e 1980 con Debosscher) e ha partecipato a 7 mondiali su pista, ottenendo nel 1977 il bronzo nel Mezzofondo.  Terminata l'attività agonistica è diventato direttore sportivo