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FOOTBALL PORTRAITS - Lavezzi, un Pocho di Diego (2009)

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https://www.amazon.it/Football-Portraits-Ritratti-calcio-Agbonlahor-ebook/dp/B01KI1XRO6 di CHRISTIAN GIORDANO Guerin Sportivo n. 29, 21-27 luglio 2009 IO E IL CALCIO «Pocho non significa “fulmine”: è un vezzeggiativo che si usa in Argentina. Mi piace, quindi non chiamatemi più El Loco». Si presenta così, Ezequiel Iván Lavezzi, nell’intervista sul Mattino del 9 settembre 2007. Meglio Pocho, il nostro “Ciccio”, che “matto”, Bestia o Gordo (grasso), appellativi affibbiatigli, nell’ordine, dal suo allenatore all’Estudiantes, dai tifosi del San Lorenzo per come faceva ammattire la difesa del River Plate, all’arrivo al Napoli per i 5 kg sovrappeso.  Un nick per ogni svolta della carriera, iniziata nel Coronel Aguirre di Rosario. A 10 anni, assieme ai futuri catanesi Ledesma e Silvestre, è nella Sexta del Boca Juniors, vivaio che lascerà a 16, sbattendo la porta, per fare l’elettricista col fratello Dario, futuro presidente del piccolo club rosarino. Gli ricapiterà nel 2000,

FOOTBALL PORTRAITS - Lavezzi, Pocho ma buono (2008)

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https://www.amazon.it/Football-Portraits-Ritratti-calcio-Agbonlahor-ebook/dp/B01KI1XRO6 di CHRISTIAN GIORDANO Guerin Sportivo n. 35, 26 agosto – 1° settembre 2008 Il vezzeggiativo non significa “fulmine” né altro. Ma i tempi del “Loco”, talento pazzo e ingovernabile, sono alle spalle. Tatuaggi, furbizia e colpi da “mariuolo” del gol e una velocità supersonica: così l’argentino ha fatto innamorare Napoli come non accadeva dall’epoca di Maradona «Mi chiamano El Pocho, ma non significa “il fulmine”: è un vezzeggiativo che si usa in Argentina. Come soprannome mi piace, quindi non chiamatemi più El Loco». Se il buongiorno si legge sul Mattino (del 9 settembre 2007), “matto” sa tanto di minimo sindacale per uno che a 17 anni lascia (per divergenze coi dirigenti) il Boca Juniors per tornare a Rosario ad aiutare il fratello come elettricista.  Vada allora per l’apodo, il mote, il sobrenombre appartenuto a un altro illustre connazionale, Juan Domingo Perón. A Ezequiel Iván Lave