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Due o tre cose per far restare il Giro in sella

di GINO SALA l'Unità, mercoledì, 3 giugno 1987 OSIMO - Ieri mattina la Gis ha festeggiato i dieci anni nel ciclismo, cosa da rimarcare perché ciò costituisce una bella fedeltà allo sport della bicicletta, ma nel gruppo che andava radunandosi sul piazzale della fabbrica di gelati, tirava una brutta aria. Aria di polemiche col veleno, dopo la disastrosa volata di Termoli, aria che preoccupa perché potrebbe essere fonte di cattive rivalse. Chiaro che ogni qualvolta vediamo tanti corridori coinvolti in una caduta c'è sempre un motivo. I campioni sostengono che bisognerebbe ridurre il numero dei concorrenti, che in qualsiasi gara i partecipanti non dovrebbero essere più di 120 e anche questa e una tesi ma non il punto principale della questione. Punti essenziali a mio parere sono: 1) La correttezza di ciascun protagonista, il rispetto della propria e dell'altrui vita. Un grande sprinter e un grande gentiluomo come Patrick Sercu diceva che nessuna vittoria è preziosa

L'agguato di Visentini

Roche in difficoltà, subito il compagno di squadra ne approfitta Beppe Saronni continua il Giro. Anzi, ieri si è messo anche in luce nella tappa vinta dal francese Robert Forest. Un recupero che fa ben sperare dopo il pauroso ruzzolone di Termoli.  Ma la notizia di ieri riguarda la maglia rosa: Roche è apparso per la prima volta in difficoltà e Visentini gli ha rosicchiato uni manciata di secondi dal nostro inviato DARIO CECCARELLI  l'Unità, mercoledì 3 giugno 1987 OSIMO - Tre cose saltano fuori dall'11esima (e lunghissima) tappa del Giro d'Italia. Intanto un vincitore, il francese Robert Forest, 26 anni, di origine veneta, che ha tagliato da solo il traguardo precedendo l'italiano Randi e il svedese Wahlqvist, dopo una fuga di 75chilometri. La seconda, molto più importante, è la rapidissima (si fa per dire) risurrezione di Beppe Saronni, che ieri ha dimostrato di avere brillantemente smaltito i postumi delle botte riportate nella gigantesca caduta di Termo

Bontempi: «Non sono un bandito»

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DARIO CECCARELLI l'Unità , mercoledì 3 giugno 1987 OSIMO - «No, lasciatemi stare. Basta con gli autografi. Vorrei un po' di pace, per favore». Faceva molta pena ieri mattina alla partenza da Giulianova, Beppe Saronni. Seduto sull'ammiraglia della Colnago si guardava attorno come se non gli importasse nulla di nulla. Pallido, gli occhi cerchiati per la notte quasi insonne, Saronni raccontava che neppure tranquillanti e infiltrazioni erano riusciti a lenirgli i dolori. «Parto lo stesso ma sarà un tormento. Certo che cadere in quel modo...». - Senti, Saronni, qual è il vero problema di questi arrivi? «Mah, ce ne sono tanti, ogni sprint è sempre un azzardo, un bolgia infernale dove può succedere di tutto. Colpa, innanzi tutto, dell'eccessivo numero di squadre. Direttori sportivi e tecnici, soprattutto delle formazioni più piccole, incitano i loro corridori a tentare qualsiasi cosa pur di vincere una tappa. Il solito discorso, il Giro è una passerella pubb