LUIZ ADRIANO: «VOGLIO LA SELEÇÃO COL MIO AMICO PATO»
La punta dello Shakhtar, con l’ex milanista all’Internacional campione del Mondo ’06, aspetta Dunga: «Ha detto che ci segue». E poi «che tristezza la guerra a Donetsk»
di GIULIO DI FEO
Doppietta e maledizioni. O prove generali per il palcoscenico buono. Fatto sta che nel 6-2 del weekend al Volyn Lutsk, Luiz Adriano ne ha segnati 2 e s’è mangiato il terzo: ordinaria amministrazione se lo Shakhtar incontra una piccola in Ucraina, qui però c’è la storia alle porte. Perché con queste 2 il brasiliano arriva a 112 reti coi Minatori del Donbass, a 2 da Andriy Vorobey, che a Donetsk è nato e ci vive, top scorer di sempre del club. E oggi in Champions League contro il Bate Borisov potrebbe eguagliarlo. Ora, visto che i monumenti in area ex sovietica sono ben duri da abbattere, vedere un marcantonio d’ebano con l’afro scalzare il prototipo del bomber biondo è un segno dei tempi che cambiano ma anche della continuità che Mircea Lucescu ha dato al proprio lavoro. Luiz Adriano arrivò a Donetsk 7 anni fa ed è stato iniziato al 4-2-3-1 fino a diventarne uno dei migliori interpreti in giro come centravanti-boa. Magari andrà a mostrarlo altrove, visto che è a scadenza 2015 e le antenne delle big sono drizzate, intanto vede il traguardo vicino: «Il record non è importante solo per il club. Lo è per me e per la mia vita. Entri nella storia di un club, mica poco».
- Avrebbe mai pensato di restarci 7 anni?
«No, e sarebbe stato difficile anche solo immaginarlo. A pensarci oggi, a quante difficoltà ci furono all’inizio, vincere tutto quello che abbiamo vinto mi riempie di orgoglio».
- Difficoltà? Quali?
«L’adattamento a una cultura diversa e la lingua che non capivo, innanzitutto. E poi il modo di giocare totalmente differente rispetto a quello cui ero abituato in Brasile. Ma dell’Ucraina temevo molto più il freddo che i difensori…».
- Pochi mesi prima i difensori si chiamavano Marquez e Puyol, e si ritrovò eroe del Mondiale per Club 2006. E non doveva andarci.
«Esatto. Ero appena salito sul pullman dell’Internazionale B, stavamo partendo per una trasferta, e 5 minuti prima che l’autista mettesse in moto uno mi fa: “Scendi, vai a Tokyo, ti ha chiamato la prima squadra”. Non ci credevo, pensavo a uno scherzo. Quindi vado, con poche speranze: il titolare era Iarley. Pensi che a convincere Braga a farmi entrare in semifinale contro l’Al Ahli fu il preparatore atletico: tanto insistette che alla fine il mister seguì il suo consiglio. E ringrazio Dio per avermi fatto arrivare per primo su quella palla di testa: ero andato lì da turista, mi ritrovai eroe di un Mondiale».
- Poi l’Internacional in pochi mesi ha spedito qui in Europa lei e Pato al Milan...
«Lui ha 2 anni meno di me ma siamo cresciuti insieme, dalle giovanili fino in prima squadra. Non è solo un gran giocatore, ma un amico. Peccato solo per gli infortuni, tanti, troppi: sono stati quelli ad averlo frenato ma ora è tornato quello di prima. In Brasile sta segnando tantissimo».
- Lei non è da meno: vi ritrovate in Seleção?
«Magari, è tanto che non giochiamo insieme. Certo, ci sarebbe da sistemare la posizione: siamo entrambi abituati a giocare da prime punte, uno dei due dovrebbe stare più arretrato per assistere l’altro. Lo facevamo nelle giovanili dell’Inter, potremmo farlo pure adesso».
- Il c.t. Dunga è anche cresciuto nell’Inter...
«Non ci ho mai parlato. Però ho letto una sua intervista in cui diceva che tiene sotto osservazione tutti noi dello Shakhtar, quindi sono sicuro che lavorando sodo un’occasione arriverà. L’importante è farmi trovare pronto».
- Anche perché Felipe Scolari al Mondiale un attaccante come lei non ce l’aveva...
«Il Ct ha creduto in altri, e non posso dire che abbia fatto male perché i centravanti che ha portato stavano giocando bene. Io non mollo e aspetto sempre la mia chance».
- E quella storia del passaporto ucraino che poteva prendere per giocare in nazionale?
«Venne fuori in una trasmissione tv un paio di anni fa, ma era uno scherzo. E tale è rimasto».
- In 7 anni qui com’è cambiata l’Ucraina?
«Donetsk è cresciuta parecchio. Sono arrivato che c’erano 2 ristoranti e un piccolo centro commerciale mentre poi, parlo di prima che scoppiasse la guerra, ho visto migliorare la qualità della vita, tanti negozi e ristoranti. Quasi tutti italiani…».
- A proposito: la Donbass Arena e il centro tecnico dello Shakhtar distrutti dalla guerra.
«Provo tristezza profonda. E non penso agli edifici, cui comunque resto legato, ma alle persone. Uno stadio si può ricostruire, un centro ristrutturare, un uomo no, non torna più. E a Donetsk ne abbiamo lasciate tante, di persone che ogni giorno stavano con noi, lavoravano con noi, con cui condividevamo la tavola, la vita. Qualcuno di loro è morto. Ed è questo che mi addolora».
- Sports Illustrated nel 2012 l’ha messa tra i 10 più antisportivi per quel gol al Nordsjaelland su palla non restituita...
«Fa parte del calcio, ero troppo concentrato sulla gara, ho visto arrivare la palla e ho segnato. È stato un errore, può capitare a chiunque».
- Oltre ai gol, lei sa fare pure il churrasco: i suoi tre commensali ideali?
«Per noi di Porto Alegre il churrasco è una cultura. Da me la griglia è accesa dalla mattina fino alla sera, sempre accompagnata da musica pagode. Non ho dubbi: con me al tavolo vorrei mia madre, mia figlia e mia nonna che non c’è più».
- E i suoi tre trequartisti ideali?
«Quelli ce li ho già: Ilsinho, Marlos e Taison».
identikit
A DONETSK DAL 2007: 16 TROFEI, 112 GOL
Souza da Silva è nato a Porto Alegre il 12-4-1987. Lanciato dall’Internacional, nel 2006 vince il Mondiale per club. Nel marzo 2007 è già allo Shakhtar Donetsk: finora ha vinto 6 campionati, 4 coppe e 5 supercoppe ucraini, la coppa UEFA 2008-09.
I SUOI NUMERI
Ha disputato 150 partite di campionato (71 reti, 0,47% di media), 40 (13 reti) in Champions League compresi i preliminari, 19 (e 11 reti) in Uefa/Europa League e 1 in Supercoppa europea, 36 partite (e 17 centri) nelle coppe nazionali: in tutto 246 gare e 112 reti (0,45% di media).
IN NAZIONALE
Ha giocato solo con la Under 20: 8 match, 2 gol; campione U20 sudamericano 2007.
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