Breukink, Tulipano di ghiaccio


Un olandese non aveva mai vinto il Giro, lui ci prova e diventa nella tormenta il re del Gavia. Ma non basta. Sarà secondo

di Claudio Gregori, Giro d’Italia – La grande storia

Gli olandesi non avevano mai vinto al Giro. Con Jan Janssen e Joop Zoetemelk, invece, si erano imposti al Tour e alla Vuelta. Erik Breukink sogna di colmare quella lacuna. 

Ha 23 anni quando, il 22 maggio 1987, parte nel prologo di Sanremo. Corre per la Panasonic, lo squadrone guidato da Peter Post che ha per punte l’australiano Phil Anderson e lo scozzese Robert Millar. Il sogno di Breukink sembra audace, cisto che nell’ultimo Giro si è piazzato 71° a 1h48’39” dal vincitore Visentini

Nel prologo, però, è il migliore della sua squadra, dodicesimo a 6” da Visentini

E il giorno dopo, nella prima semitappa, solo 31 km con la salita del San Romolo, attacca, riprende Pagnin, lo stacca e vince, conquistando la maglia rosa. La Panasonic domina e piazza quattro uomini nei primi cinque: Breukink, infatti, precede di 16” Anderson, di 19” Millar, Roche (Carrera) e Peter Winnen

Nel pomeriggio, nella seconda semitappa, la cronodiscesa del Poggio, si piazza terzo a 6” da Roche e a 3” da Piasecki. La sera, in classifica, ha 14” su Roche, 21” su Piasecki, 29” su Visentini e ha anche la maglia ciclamino, la maglia verde e la maglia bianca.

Un inizio stupendo. Breukink è alla seconda vittoria. L’anno prima si era imposto nella quarta tappa del Giro di Svizzera, Murten-Innertkirchen, 256 km, con 9” su Delgado e 15” su Chioccioli e Kelly, vincendo il Gran Premio della Montagna davanti a Millar. Erik ha i numeri. Va in salita e a cronometro. 

Ricco, di buona famiglia, 23 anni. Vive a Rheden, nel Gelderland. Suo padre Willem, ex giocatore di Coppa Davis, gioca a tennis con il Primo Ministro ed è direttore commerciale della Gazelle, la più importante fabbrica di biciclette d’Olanda. Erik frequenta l’élite: ministri, onorevoli, senatori e anche la Regina. Per gareggiare ha lasciato l’università. 

Al Giro è compagno di stanza dell’australiano Phil Anderson. Porta fieramente la maglia rosa per tre giorni. La perde nella cronosquadre. Gliela strappa Roche grazie al treno-Carrera. Breukink invano cerca di riconquistarla approfittando della rivalità Visentini-Roche. A Como, dopo venti tappe, è ancora secondo a 33” da Roche. Il giorno dopo sulla salita di Pila, l’ultima del Giro, si trova con Millar, in condizioni di vantaggio nei confronti di Roche, ma nel momento cruciale cede e perde 2’06”. Sale sul podio dopo Roche e Millar. 

Va al Tour e vince la Bayonne-Pau con 6” su Bernard. 

Poi torna al Giro per vincerlo. Con l’uscita di scena di Hinault e Moser, la crisi di LeMond, Saronni e Roche, il campo sembra libero. C’è solo Delgado, che affonda subito. Breukink si muove bene. Resta al coperto fino alla quattordicesima tappa, quella del Gavia, la Chiesa in Valmalenco-Bormio, 120 km. Al via è settimo in classifica a 1’45” da Chioccioli, preceduto sa Zimmermann, Visentini, Giupponi, Hampsten e Bernard. Piove al via. Breukink, che vive sul 52° parallelo, non teme il maltempo. Ma il freddo morde. Sul Gavia il Giro incontra la tormenta. La salita è tremenda. Van der Velde frulla avanti. Breukink e Hampsten, dietro, fanno la selezione. La maglia rosa Chioccioli cede. Breukink scollina secondo sul Gavia, 2.621 metri, nella tormenta, seguito da Hampsten e, poi, da Zimmermann.

Hampsten, più agile, più sicuro nella neve fresca, lo supera. I due si lanciano dietro a van der Velde, che sembra avere la vittoria in pugno. Invece, presto, il leader della corsa, le mani congelate, le braccia ridotte a stalattiti di ghiaccio, deve fermarsi 45’ per scaldarsi. Breukink lo sorpassa. Nel bosco vede la sagoma di Hampsten davanti. Accelera sull’asfalto, bagnato ma ormai pulito dalla neve, e lo supera a 5 chilometri dal traguardo. Arriva a Bormio con 7” su Hampsten, 4’39” su Tomasini, 4’55” su Giupponi, 4’58” su Giovannetti, 5’02” su Zimmermann, 5’04” su Chioccioli. Delgado perde 7’04”, Bernard 9’21”, Visentini 30’54”, Saronni 31’20”, Rominger 35’46”, van der Velde 45’49”. La classifica è sconvolta: Hampsten è maglia rosa con 15” su Breukink e 3’39” su Chioccioli.

La sfida è ormai Hampsten-Breukink. Mancano sette giorni alla fine. Breukink, miglior cronoman, sa di poter rovesciare la situazione nella cronometro finale di Vittorio Veneto, 43 km. Ha la squadra più forte e può contare sull’aiuto del miglior scalatore, Robert Millar. Hampsten però gli strappa subito 27” salendo a Merano 2000 e allarga il gap a 42”. Decide la cronoscalata del Vetriolo. Lì Hampsten si mostra superiore, gli infligge un distacco di 1’04” e vince la sfida. Breukink, poi, non riesce a sfruttare il grande attacco di Zimmermann, che mette a ferro e fuoco la corsa nella tappa di Arta Terme. Per vincere dovrebbe recuperare 2’06” nella crono finale. Ci vorrebbe un miracolo. Guadagna invece solo 23” e finisce secondo a 1’43” dall’americano.

Tornerà al Giro nel 1989. Vestirà la maglia rosa sul Gran Sasso. La perderà a Gubbio e la riconquisterà nella crono di Riccione. La difenderà sulle Tre Cime di Lavaredo. Ma nella tappa di Corvara, in crisi di fame, cederà all’attacco di Fignon, Giupponi e Hampsten. Finirà quarto, deluso, e chiuderà la sua avventura al Giro. 

Si concentrerà sul Tour. Ne farà undici. 

Vestirà la maglia gialla nel 1989 vincendo il prologo in Lussemburgo. 

Nel 1990 sarà primo nella cronometro di Villard-de-Lans, 33,5 km, con 30” su Delgado e 43” su Indurain, e del Lac de Vassiviere, 45,5 km, con 28” su Alcalá, 38” su Lejarreta, 40” su Indurain, 57” su LeMond. Segnerà anche il miglior tempo nella salita dell’Alpe d’Huez, ma sarà solo terzo, dietro LeMond e Chiappucci. 

Nel 1991 sarà toccato dallo scandalo PDM e costretto al ritiro con tutta la squadra, mentre è terzo in classifica, dopo una notte trascorsa all’Hotel du Cheval d’Or di Rennes. 

Vincerà il Giro del Piemonte e quattro tappe nella Tirreno-Adriatico. Sarà per tre volte campione d’Olanda. Aveva i numeri per vincere una grande corsa a tappe. Non è andato più in là del Giro dei Paesi Baschi, del Giro di Catalogna, del Giro d’Olanda, di quello d’Irlanda e del Dupont Tour. Eppure il suo nome splende, legato com’è all’epos del Gavia.

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