Bernard, speranze tradite


Poteva essere l’erede di Hinault, ma non lo è stato. Tuttavia aveva gran classe, e nella tappa di Merano 2000 del Giro ’88 lo dimostrò


di Pier Bergonzi, Giro d’Italia – La grande storia


Gli avevano appiccicato addosso l’etichetta di “erede” di Hinault fin troppo presto, ma di classe ne aveva tanta. E al Giro d’Italia, Jean-François Bernard lo ha dimostrato in più di un’occasione. Aveva già vinto la tappa di Madesimo nell’edizione del 1987 grazie a una bella fuga, ma è in quella del 1988 che dimostra la sua maturità. Capitano della Toshiba, si presenta al via di Urbino convinto di poter puntare alla maglia rosa finale. Nel 1987, al Tour de France, aveva vinto due cronometro ed era salito sul podio di Parigi: terzo dietro a Stephen Roche e a Pietro Delgado. Nei suoi piani avrebbe dovuto ripercorrere le tracce dello “zio” Hinault. E all’inizio tutto gli sorride. Nel prologo di Urbino vince a oltre 41 di media sui 9 chilometri nervosi, con tante curve e l’arrivo sullo strappo che porta al cuore antico della città. Bernard batte Tony Rominger e Lech Piasecki, due grandi specialisti. Veste la maglia rosa e la porta per tre giorni.

Soffre le prime salite e crolla nella bufera del Gavia. Nella tappaccia incarognita dal gelo e da una fitta nevicata, il francese arriva lontanissimo da Breukink e Hampsten in condizioni pietose. Piange e batte i denti senza sosta quando sale sul motorhome della Toshiba dopo aver gettato via la bici dicendo «Basta, mi ritiro e non correrò mi più… ho chiuso col ciclismo…». Ma il giorno successivo Bernard va di nuovo all’attacco e vince una tappa capolavoro a Merano 2000… e torna in lizza per la classifica generale. Ma una caduta in un tunnel gli costa un serio infortunio alla schiena e il ritiro. Nel 1989 si ferma di nuovo per una fibrosi al ginocchio sinistro e una serie di interventi chirurgici ne limiteranno la carriera. Bernard diventa poi luogotenente di Delgado e Indurain alla Banesto e corre fino al 1996.

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