Manifesto della telecronistica




Un'interessante esternazione di Sergio Tavčar dal suo blog su come dev'essere una telecronaca sportiva.

Ho scoperto l'uovo di Colombo, l'acqua calda. Guardando le partite tolgo l'audio del commento italiano e passo al commento originale americano. Evito così le cose che mi fanno morire e che alimentano come il vento caldo alimenta l'incendio i miei pregiudizi, e che sono fondamentalmente due: una è la glorificazione a prescindere di tutto quello che è americano dando a coach americani meriti che non hanno e pertanto emettendo gridolini di ammirazione per movimenti banali o, peggio, spettacolari, ma inutili quando un movimento molto più semplice avrebbe portato allo stesso esito in modo molto più facile e sicuro, la seconda è invece molto più importante e decisiva.

Quando guardo un evento sportivo in TV io voglio, esigo, anelo di avere come sottofondo audio una telecronaca. Per telecronaca intendesi il commento dei fatti che succedono in campo con in primo e ineludibile piano l'informazione-base di tipo giornalistico su chi, cosa e come. In tempo reale, preferibilmente. Nel senso che mi urta in modo violento sentire due che parlano del più e del meno sul numero di scarpe dell'amante della sorella del cognato del giocatore tal dei tali salvo poi, dopo qualche minuto, sentir dire che il tal dei tali qualche ora fa ha segnato un bel canestro con assist del talaltro. Se queste informazioni non vengono date in tempo reale quello che si ascolta non chiamasi telecronaca, bensì diretta rottura di scatole. 

Cambiando audio e passando ai telecronisti americani si ha una telecronaca. Cioè c'è un professionista (telecronista di professione e dunque con alle spalle l'istruzione necessaria per farlo) che fa il play-by-play (detto in termini nostrani informa in tempo reale su chi, cosa e come) coadiuvato dall'esperto che, se ci fate caso, è imbeccato dal telecronista e non parla se non interrogato. Come a scuola. Il telecronista cioè fa la sua professione, quella di offrire un servizio ai telespettatori. Il che è la prima e unica ragione per la quale gli danno un microfono in mano e lo pagano (profumatamente, quelli più bravi – il che sta a significare che fare una telecronaca buona non è assolutamente facile. Se lo fosse, secondo le loro abitudini, sarebbe pagato molto poco). 

Lo spunto era venuto da un mio commento sui telecronisti totalmente inascoltabili. Eppure, avevo detto, sembrano giovani entusiasti e appassionati che sanno tutto e di più dello sport che commentano. Essere esperto è tutt'altra cosa che essere telecronista. Sono due categorie e due professioni totalmente diverse. In questo cespuglio si nasconde la lepre, come dicono gli sloveni. Andando più a fondo al problema abbiamo poi messo assieme quelle che io, in omaggio al mio idolo Isaac Asimov (le tre leggi fondamentali della robotica: “Prima: un robot non può mai recar danno a un essere umano né, tramite la sua inazione, permettere che gli venga procurato...”), ho chiamato le Tre Leggi fondamentali della telecronistica.

Prima legge: “Il telecronista è colui che descrive in tempo reale quanto succede e suo massimo peccato è disturbare l'attenzione del telespettatore parlandogli di altro rispetto a ciò che si sta verificando e di conseguenza a ciò che si vede sul teleschermo”. 

Indipendentemente dalla sua conoscenza dell'oggetto della sua telecronaca il suo compito principale è quello di descrivere gli eventi. In questo quadro di priorità il telecronista bravo è poi quello che coglie i momenti più importanti magari scegliendoli fra più cose che succedono in contemporanea e li sa descrivere con cognizione di causa. Quello meno bravo li descrive e basta. Il che è incomparabilmente meglio che descriverli in modo sbagliato o fuorviante. Se non sei sicuro di quello che è successo, taci. Se non l'hai capito tu che lo fai di professione, è facilissimo che a non averlo capito sia anche il telespettatore medio, per cui se attendi di avere le informazioni giuste hai fatto solo il tuo dovere. Nessuno ti chiede di fare l'indovino.

Seconda legge: “Un telecronista deve in ogni momento della telecronaca rendersi conto che, come un arbitro in uno sport di squadra, è un male necessario, per cui non deve mai travalicare le sue mansioni di base che sono, essenzialmente, quelle di fornire un servizio al telespettatore per aiutarlo a capire quello che vede”.

Penso sia la legge più importante, perché stabilisce l'atteggiamento che il telecronista deve tenere: deve essere umile. Non deve pensare mai di essere una specie di predicatore che tramite il microfono diffonde il proprio credo magari forzando i fatti perché si svolgano secondo le sue preferenze o inclinazioni. Penso che l'accostamento all'arbitro sia molto pertinente e che le due cose siano uguali. Se ci pensate bene quello che più disturba in un arbitraggio da protagonista è la stessa cosa che disturba durante una telecronaca. Con il microfono in mano la saccenza è bandita.

Terza legge: “Nel quadro della prima e seconda legge è compito del telecronista riempire i tempi morti coinvolgendo l'eventuale esperto che siede al suo fianco dando una dimensione tecnica, aneddotica o di informazioni rilevanti sui protagonisti con lo scopo di arricchire l'informazione o magari approfondirla e spiegarla. Tutto questo però nei tempi morti”.

Ed è da questo campo che si giudica la qualità delle telecronache. Ferma restando la tempistica degli interventi tecnici che deve essere pertinente, nel senso che devono venire in un momento nel quale sullo schermo non succede nulla, per cui lo spettatore è pronto, anzi desideroso, di ascoltare qualcosa di interessante che gli faccia passare il tempo in attesa che ricomincino a succedere le cose, sono questi segmenti della telecronaca che stabiliscono la qualità della prestazione. Il bravissimo telecronista ha una specie di sesto senso di capire quale, fra tutte le informazioni o approfondimenti che può affrontare, sia quella che il telespettatore vuole sentire per prima. La priorità delle informazioni offerte è addirittura più importante per stabilire il livello della telecronaca rispetto allo spessore dell'informazione stessa. Il solito discorso della parola giusta al momento giusto. Facile? Per niente, anzi difficilissimo. Per questo, tenere il microfono in mano e parlare a un vasto pubblico non è di tutti. E in tutto questo la conoscenza di quanto si commenta non c'entra per niente.

Finale. Obiezione: ma tu che pontifichi ti sei mai sentito? Come osi dare consigli se tu stesso non riesci a seguirli? Bravi, esatto. E infatti, lo ripeto per l'ennesima volta e ribadisco che non è un vezzo, non riesco a sopportarmi quando guardo una mia telecronaca differita. Ho una specie di strana dissociazione quando mi ascolto in TV. Cioè quello che ascolto non sono io, ma il telecronista di Capodistria. Gli parlo sempre in terza persona e a volte sbotto: “Ma cosa cavolo mi racconta 'sto idiota?”, e cambio canale. Si contano sulle dita di una mano le volte che in tanti anni, ascoltando una mia differita, sia rimasto a ascoltarla fino in fondo, concedendo alla fine: “Tutto sommato 'sto telecronista non è poi tanto male”. Ciò non toglie però che uno possa comportarsi da perfetto eunuco nell'harem, o da critico d'arte, nel senso di colui che sa come si dovrebbe fare, per quanto non ci riesca.

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