Giampaolo, c'è chi dice no

Quando dice no, è no. Indietro non si torna. Costi quel che costi. Foss'anche 700 mila euro l'anno. Perché «l'orgoglio e la dignità non hanno prezzo». Lo scrisse via-fax lui stesso al suo legale Piero Olla ai tempi del Cagliari. Era il 19 dicembre 2007. Il presidente Massimo Cellino aveva licenziato Nedo Sonetti e aveva richiamato Marco Giampaolo. Come l'anno prima, dopo l'allontanamento di Franco Colomba. Giampaolo, però, la seconda volta disse no. 
Cellino aveva deciso il primo esonero di Giampaolo il 17 dicembre 2006, all'indomani della sconfitta con l'Udinese. E lo aveva definito "una decisione più politica che tecnica". Tempo due mesi, e Cellino lo richiamò: Giampaolo tornò, e conquistò la salvezza a una giornata dalla fine del campionato.

Al Brescia, ha detto stop il giorno dopo la sconfitta in casa, 1-2 sabato col Crotone. Domenica mattina non ha diretto l'allenamento, e da allora è irreperibile. Cellulare staccato, e che Gino Corioni si rassegni: dimissioni irrevocabili. Al Rigamonti i tifosi prima hanno invocato il suo predecessore, Alessandro Calori. E poi hanno preteso e ottenuto un confronto con Giampaolo. Conoscendolo, il modo migliore per dirsi addio. Costi quel che costi. Nel Paese delle poltrone a vita, la regola che conferma l'eccezione.
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO

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