APOGALYPSE NOW 2024


12 ottobre 2024.
Le foglie morte del Giro di Lombardia chiudono la stagione, come era cominciata.
Da Bergamo a Como, 255 chilometri tostissimi, sole, tepore e nuvole.
Il sabato prima, pioggia e freddo, Tadej Pogacar, che mostrava la sua nuova maglia arcobaleno su e giù per il San Luca, un altro leit motiv del ’24, aveva vinto per dispersione.
Sulla Colma di Sormano, una scena già vista durante l’anno: prima Adam Yates, controllato ma non troppo, poi Pavel Sivakov, a tavoletta, spianano la strada al capitano UAE Emirates; che parte, secco, ai 48400 metri dalla fettuccia di Como.
Dietro reagiscono, Remco Evenepoel ed Enric Mas, da lontano, sapendo già cosa sta accadendo.
Il neo-campione del mondo fa 90 pedalate al minuto, regolari, un ritmo impossibile per gli altri.
L’attacco sulla Colma è stato di 2500 metri e 6’02”.
Sul tratto più difficile, che comincia ai 5500 metri dal GPM, dalle parti di Zelbio, Pogacar spinge il 53.
Mezzo minuto a Remco Evenepoel, Enric Mas e Lennert Van Eetvelt.
Un minuto ai 500 metri dallo scollinamento, dove l’ammiraglia UAE prova a passare gli inseguitori.
30’24” il tempo della scalata di Pogacar, che in discesa rilancia fortissimo.
Una picchiata tecnica, tortuosa, Evenepoel si isola e ci prova, ma le differenze col capintesta – frenate, traiettorie, rilanci – sono evidenti.
Ad Asso, 1’12” tra Pogi e Remco, a 1’45” Van Eetvelt e Mas (che fa le curve quadrate e non sa impostarle...).
Lo sloveno (55-38 davanti), sui falsopiani raggiunge le 115 pedalate al minuto di frequenza, in pianura va a 103-104, fluido e continuo nell’azione, mentre Evenepoel è sui 95.
A 20 chilometri dal traguardo, il Lombardia è già in cascina.
Venticinquesima vittoria del ’24 per Pogi, poker consecutivo al Lombardia al pari del solo Fausto Coppi (che tornerà sempre, raccontando questo Pogacar).
Tatticamente, l’UAE ha corso una classicissima come fosse una tappa (dura) del Giro o del Tour, coi vagoncini.
Primo Pogastar, secondo Evenepoel a 3’16”, terzo Giulio Ciccone a 4’31”, quarto Ion Izagirre a 4’34”.
Il suggello a un 2024 storico, dominato dall’inizio alla fine, qualcosa di completamente diverso (...) dal passato prossimo.


1. 
Uno sport che vive, più degli altri, di comparazioni (possibili e impossibili) con la sua storia, secolare, il ciclismo.
Poiché, da Albert Londres in poi, questa disciplina ha inventato l’immaginario comune – europeo... – di tutto lo sport moderno.
Così accade che il Tadej Pogacar 2024 ridefinisca un contesto e una frontiera, sul serio, e ci si trovi sbalzati altrove.
I paragoni, se hanno un senso, devono essere “situazionisti”, quasi mai numerici: soprattutto per un universo così storicizzato, classico, da essere base dell’evoluzione (riferimento) dello sport professionistico.
Quindi, Pogi ’24 è parallelo (sovrapponibile) al Fostò 1949; che fu, lui sì, fino ad allora, una roba mai vista. Quel Coppi, anche se la lontananza temporale ne allontana i contorni (leggendari), inventò il ciclismo moderno.
Pogacar, per azione e slancio, nel Mondo Nuovo degli SRM e dei telai al carbonio (titanio), è l’atleta che più lo ricorda. Non Eddy Merckx, la comparazione più banale (wikipedistica), che era un mostro di potenza scaricata sulla strada. Pogi fa ritmo, velocità, ciclica, senza soluzione di continuità, come riusciva a farla il Campionissimo – il più grande di sempre – su quelle bici là.
Una Bianchi con 40 raggi e gomme da 350 grammi, pesava più di 12 chili.
Nel ’53 era 10,540 kg, 36 raggi, cambio 53-49 e 14-19.
Coppi volava (..) su quei cancelli (...): asfalto, bitumato, sterrato, pavé, salita, pianura, velodromo.
Pogastar, nel gesto complessivo, gli è simile: su una Colnago telaio monoscocca, con la struttura in lega d’alluminio e carbonio, sui 7 chili di peso, il cambio elettronico (12 velocità dietro).

***

2.
Il ’49 di Coppi fu una retroazione diretta del 1948, quello del secondo trionfo di Gino Bartali alla Grande Boucle, un pezzo di storia (vera) del nostro Paese, e dello scandalo (con annessa squalifica federale) al mondiale di Valkenburg.
Pure qui, il feedback con Pogacar (disarcionato al Tour 2023 da Jonas Vingegaard...) ha qualche analogia.
Il Campionissimo realizzò un nastro di successi, dalla Milano-Sanremo al Giro di Lombardia, compreso il primo double Giro-Tour ogni epoca.
Dominò la challenge del Campionato Italiano, andò in rosa con l’impresa (non solo) ciclistica del Novecento, la Cuneo-Pinerolo al Giro, e si sarebbe imposto pure al Mondiale se non si fosse disputato a Copenhagen.
Un piattone con un cavalcavia (sigh): Coppi fece fuori quasi tutti, ad eccezione di due ras (Rik Van Steenbergen e Ferdi Kubler) che gli si incollarono a ruota.
Primo Van Steen, seconda l’altra K, terzo l’Airone; che la settimana seguente, sempre in Danimarca, su pista, l’iride la indossò facendo il bis nel Mondiale d’inseguimento.
Furono 619, i chilometri totali di fuga vincente solitaria del Campionissimo, in quell’incredibile ’49.
E che sarebbe finito nel 1950, a Primolano, al Giro, dopo un’altra striscia di vittorie, quando Fausto nella nona tappa cadde e si ruppe il bacino in tre parti.
Ecco la lista degli assoli del Coppi ’49.
  • Milano-Sanremo > 32 km 
  • Giro di Romagna > 90 km 
  • 11a t. Bassano-Bolzano (Giro) > 125 km 
  • 17a t. Cuneo-Pinerolo (Giro) > 192 km 
  • 17a t. Briancon-Aosta (Tour) > 50 km  
  • Giro del Veneto > 122 km  
  • Giro di Lombardia > 56 km 
  • Criterium Genova > 2 km
Anticipiamo il conto dei chilometri vincenti, solitari, del Pogacar ’24: 407.
  • Strade Bianche > 81 km .. 
  • 2a t. Matarò-Vallter 2000 (Volta Catalunya) > 6 km .. 
  • 3a t. Sant Joan-Port Ainé (Volta Catalunya) > 7 km .. 
  • 6a t. Berga-Queralt (Volta Catalunya) > 29 km .. 
  • Liegi-Bastogne-Liegi > 34 km .. 
  • 2a t. San Francesco al Campo-Santuario di Oropa (Giro) > 4 km .. 
  • 15 t. Manerba-Livigno (Giro) > 14 km .. 
  • 20 t. Alpago-Bassano del Grappa (Giro) > 34 km .. 4a t. Pinerolo-Valloire (Tour) > 19 km .. 
  • 14a t. Pau-Pla d’Adet (Tour) > 5 km .. 15a t. Loudenvielle-Plateau de Beille (Tour) > 5 km .. 
  • 19 t. Embrun-Isola 2000 (Tour) > 9 km .. GP Montreal > 23 km .. Mondiale > 52 km .. 
  • Giro dell’Emilia > 37 km .. 
  • Giro di Lombardia > 48 km
Per rimanere nella storia, l’Eddy 1974 della tripletta, declinante (sigh), non valeva quello del suo mostruoso 1972 da marzo (la Parigi-Nizza) a ottobre (il primato dell’ora a Città del Messico).
Le statistiche, se non si interpretano, sono fesse: l’eroico Stephen Roche 1987 con Coppi, Merckx e Pogacar non c’azzecca un tubo.

***


3.
2 marzo 2024, Strade Bianche.
L’incipit è già il bordone dell’annata. Pogacar parte sul Monte Sante Marie, a 81 chilometri dall’arrivo in Piazza del Campo.
Nella fanghiglia, un settore mulattiera dietro l’altro, lo sloveno – “faustiano” – stravince.
Nei 5 minuti di picco, si ipotizzano 460 watt, 340 watt di media che fanno 5,2 watt al chilo e 38,8 orari nelle 2 ore e 3 minuti di performance.
Un uomo solissimo al comando.
Negli anni ’70, i tubolari erano 18 millimetri. Julien Alaphilippe vinse a Siena, nel 2019, con tubeless di 26 mm; 30 mm quelli di Pogacar ’24.
In tre anni, Tadej è passato dalla V3 con pedivelle di 172,5 mm alla V4 con 165 mm.
Una posizione (più) bassa in sella, e avanzata, che ricorda un po’ – come atipicità – Chris Froome.
Il motivo pare lo stesso del britannico che vinse 4 Tour: minore compressione toracica, più pulizia nei passaggi sui punti morti della pedalata, minore carico articolare.
16 marzo 2024, Pavia-Sanremo.
Un’edizione bombastica, adrenalinica, vissuta sulla sfida – salendo e scendendo il Poggio – tra Pogi e Mathieu van der Poel.
I freak in piena azione, che si rincorrono.
Philippe Gilbert, intervistato da L'Équipe, definisce “ciclismo totale” questa (nuova) “generazione di corridori offensivi”.
Senza MVDP, gregario extra-lusso di Jasper Philipsen, Pogacar avrebbe vinto la Classicissima dei fiori.
Il fascino perverso della Sanremo, che Tadej corteggia da qualche anno, sta tutto nella sua imprevedibilità: delle cosiddette Monumento, la più facile da correre, la più difficile da vincere.


4.
Del ragazzino sloveno, nato a Komenda il 21 settembre 1998, si raccontavano cose mirabili.
Lo vedemmo vincere il Tour de l’Avenir, senza faticare troppo.
In casa UAE si bisbigliava di dati irreali, di una centralina e di un motore fuori categoria.
A tutti sembrava una boutade, fantaciclismo.
Nel 2019 lo seguivamo, curiosi, e si presentò – bene, benissimo – in Algarve e in California.
Alla Vuelta, da matricola, lasciato a zonzo dai suoi, ci fu quella ventesima tappa: la Arenas de San Pedro-Plataforma de Gredos; che introiettava, presentava, l’intero futuro anteriore, suo e del ciclismo totale.
Eravamo alla fine delle tre settimane, un segnale ulteriore del serbatoio, e Pogacar fece un’accelerazione telefonata (...): quelli della classifica, più che lasciarlo andare, non ci credevano.
Sul Puerto de la Pena Negra, a 39 chilometri dall’arrivo, lo sloveno ci mostrò il trailer del ciclismo anni ’20. Saltò Teo Geoghegan Hart e Ruben Guerreiro e s’involò.
Pedalava così così, con quegli “stantuffi” (definizione di Ernesto Colnago, al quale ricorda il Cannibale...) al posto delle gambe, non ancora definite (grassocce?).
Era il 14 settembre 2019, quel mostriciattolo grezzo, che prendeva a calci la bici, conteneva già il campionissimo del 2024.
Il 19 settembre 2020, la cronometro all’insù di Planche des Belles Filles: la presa del potere.
Pogi si era presentato al Tour come co-capitano della squadra con Fabio Aru.
La Jumbo-Visma, fenomenale, una corazzata (Tom Dumoulin, Wout Van Aert, Sepp Kuss, Robert Gesink...), sbagliò la tattica generale.
Sul Col da la Loze, nella diciassettesima frazione, Pogi (senza compagni, una sorta di corridore isolato) perse 15 secondi da Primož Roglič, che pareva il padrone della corsa.
Si stimò che Tadej, in maglia bianca, fece quella crono nei Vosgi a 380-390 watt per tutti i 36 chilometri del percorso, senza avere molti riferimenti dalla radio. Una belva.
Pesava 66 chili, al Tour 2024 era sui 64 e mezzo.

***


5.
21 aprile 2024, alla Liegi-Bastogne-Liegi il piano (perfetto) dell’UAE Team Emirates è quello di portare il capitano ai piedi della Redoute. Missione compiuta.
Ai 34 e 700 dall’arrivo, Pogacar se ne va quasi indisturbato, col solo Richard Carapaz a provarci (a rimanergli dietro) per qualche decina di metri.
La Redoute, una cote lunga 1540 metri, al 9,7 percento di pendenza media, viene saltata (...) in 4’03”. Dieci secondi meglio dell’Evenepoel 2023.
I 2222 di VAM, essendo una salita cortissima, non sono indicativi. Siamo sui 560 watt, 8 watt e mezzo al chilo sui 4 minuti, al km 220.
Più significativi i 45 all’ora di media negli ultimi 34 chilometri. Con quattro salite e diversi falsopiani, prima della picchiata su Liegi.
77 km/h la velocità massima, 45 la media, 122 la frequenza massima di pedalata, 99 (!) la media. Guarnitura della Colnago, 55-38.
Pogacar ha le pedivelle di 165 millimetri per sfruttare al meglio l’RPM altissimo.
Quel motore esagerato, sui 7 watt al kg, permette la leva corta con rapporti corti. Pogastar vortica, più che pedalare.
Il telaio del suo mezzo, alla Doyenne o al Giro, è indistinguibile da quello acquistabile presso Colnago. La V4Rs in misura 48,5 – che corrisponde a una taglia 52 centimetri – manubrio Enve con lunghezza virtuale (è una curva...) dell’attacco da 125 mm, 37 cm di larghezza.
Il biomeccanico David Herrero ha consigliato una taglia più piccola, rispetto allo standard del passato.
Pogacar è alto 1 e 76, così ha una posizione del manubrio più bassa.
Dal 2019 il suo telaio è quello, ma si è modificata la postura: più avanzata, con gli avambracci appoggiati sulla parte alta del manubrio e pedivelle più corte.
Fossero più lunghe, con la pedalata porterebbe troppo le ginocchia al petto, influendo sulla prestazione e il comfort. Le 165, che arrivarono a inizio 2023, limitano lo stress muscolare e riducono l’escursione articolare.
La pedivella corta riduce il valore massimo dello sforzo che arriva sul muscolo: dopo 200 chilometri, non è un particolare da sottovalutare. Con la sua potenza, la leva corta permette rapporti più lunghi. Sono considerazioni, sparse, anche di Tommaso Cervetti, ingegnere meccanico di Colnago.
Da fonti FSA: con gli stessi watt sviluppati dieci anni fa, oggi si va a 52 orari, ieri a 46. I soli cavi, nascosti nella bici, migliorano la prestazione di 8 watt.
In galleria del vento, a 45 km/h, un ciclista con le tasche piene fa 325 watt, vuote (assenti) 327.
Con un 54×11, a 90 RPM, vai a 59-60 km/h. Con un 50×11, a 90 RPM, vai a 54 km/h.
A 110 RPM, tipico di una volata, il 54×11 fa i 72 orari, col 50 si fanno i 64. L’evoluzione tecnica della bicicletta, in un lampo, è stata clamorosa.

***

6.
A maggio, al Giro, Tadej Pogacar si (ci) diverte un sacco.
Nella crono Foligno-Perugia, un bel molosso con l’epilogo inerpicato, dimostra di aver studiato: i feedback col Tour 2023 sono palesi.
Filippo Ganna ha un gambone da paura, dallo strappo di Casaglia pare mettere il turbo e doppia nove (!) colleghi. A Ponte Valleceppi, chilometro 34, Pogacar è l’unico della GC tra i migliori (a 47 secondi da Ganna).
La Colnago TT1 varia solo nel manubrio, rispetto all’anno prima, ma la posizione – più distesa (elegante) – è stata modificata. Su un tratto al 13 percento, la maglia rosa fa i 20 all’ora.
Pantaloncini granata chic, Pogi è un freak col ciuffetto biondo: il ciclismo è futurismo, non quel pirla di Marinetti.
Pare su una bici elettrica (sigh) e prende 1’04” al migliore inseguitore del mondo nei 6 chilometri finali: 6600 metri in 12’14”, a 430 watt di potenza media, 94 pedalate al minuto di cadenza.
Pogastar guida la bici da motociclista. Modello Jan Janssen, usa i fianchi prima dei freni.
Il suo mezzo scarta gli ostacoli, si infila nel pertugio giusto.
Un’abilità sottolineata, esaltata, dalla sua vernice al Nord: lassù, all’università del ciclismo, laddove si corre col coltello sotto il sellino.
Alla Dwars door Vlaanderen, era il 2022, bucò il posizionamento all’approccio di un settore, di un muro.
La settimana dopo, alla Ronde, imparata in fretta la lezione, Pogacar comparve davanti, al posto giusto, coi draghi. Van der Poel, Mads Pedersen, Dylan Van Baarle, se lo ritrovarono in testa, a tirargli il collo.
Un segnale, l’ennesimo, della versatilità tecnica di Tadej; che nel ’23 vinse il Fiandre, sfinendo i (due) Van e gli altri flahute sul loro terreno.
Una perla rara, nella storia moderna di questo sport antico.
Il 10 febbraio 2025, Tim Wellens postava un filmato sui social: Pogacar pedalava nella Foresta d’Arenberg.
Una promessa, un sogno, forse un’idea futuribile, la Parigi-Roubaix.

***


7.
Il Tour 2024 finisce sui Pirenei, il fine settimana del 14 luglio, della festa francese.
Sul Pla d’Adet e a Plateau de Beille, Pogastar chiude la partita contro un Vingegaard durissimo a morire, ma reduce da una preparazione sommaria dopo l’incidente d’aprile nei Paesi Baschi.
Se Remco è l’avversario generazionale, il più completo, Vinge è la sua kryptonite. Resistenza organica, doti eccelse sulle grandi salite, un super team ad affiancarlo: programmato per scoprire (rivelare) i pochissimi vuoti di sceneggiatura di Pogi.
Se nel 2022, una delle Grande Boucle più belle dell’evo post moderno, quell’incredibile Albertville-Col du Granon fu un golpe (esaltato da un Van Aert bionico), il ’23 – con un Pogacar allenatosi il giusto, dopo la frattura allo scafoide della Liegi – definì un nuovo standard.
Lo sberlone della Passy-Combloux, col danese che sbaragliò crono e classifica, la crisi verso Courchevel, costrinse Pogacar a ripensare (rimodellare) l’attività.
Li osservavi, fianco a fianco sulle Alpi, e notavi l’angolo dell’anca di Pogacar molto aperto, rispetto al torace. Sono più o meno 70 gradi: maggiori i gradi, più si apre l’anca.
Quella di Vingegaard è sui 60. Con l’anca aperta, si respira meglio, lavora meglio il diaframma. Si pedala meglio e con più efficienza, si riduce il punto morto superiore, con più forza per glutei e quadricipiti.
Il duello tra Pogastar e il Re Pescatore minaccia (...) altre puntate: da quattro anni, una statistica mai verificatasi nei 107 Tour precedenti, Tadej e Jonas occupano i primi due posti della generale.
Il Tour 2024 ha battuto quasi tutti i primati mediatici per un evento ciclistico: 150 milioni di spettatori in Europa, 6 milioni e 300mila su TF1 per la tappa del Col de la Couillole, il 60 % di share a Isola 2000 e il boom delle app video.

***
8.
Nell’ultimo biennio, una serie di performance sono state comparate – numericamente – a quelle dei tempi (andati) di Epolandia. Gli anni cyberpunk, i ’90 e gli ’00.
Tim Kerrison, allenatore storico del Team Sky, una dozzina d’anni fa predisse che quei wattaggi sarebbero stati raggiunti e superati: perché ogni settore parallelo all’allenamento, migliorabile di per sé, era carente nella ricerca specifica. Condizionamento psicofisico, alimentazione, vestiario, meccanica, ricerca aerodinamica. Senza indulgere in voyeurismi, qualche nota.
Bent Ronnestad dell’Inland Norway University, la scuola più avanzata nello studio sulla VO2 max e l’altitudine, collabora da tempo con la Visma. La tecnica dell’inalatore di monossido di carbonio, che ne permette un dosaggio nei polmoni, è usata da mo’ nella ricerca scientifica. L’Israel userebbe il Detalo Blood Volume Analyzer solo per i test, idem l’UAE.
L’utilizzo per fotografare (tracciare) la fisiologia dell’atleta, consente d’ottimizzare i benefici dell’alta quota nei camp.
Quello più diretto, aggressivo, massimizzerebbe invece la prestazione in gara (con un gas velenoso). Per la WADA, il metodo è borderline, non è (ancora) bandito ed è stato negato dalle tre squadre.
L’UCI, cogliendo la palla al balzo, ha appena approvato il divieto di inalazione ripetuta del monossido di carbonio. Punto e a capo?

***


9.
Era la folle Evaux les Bains-Le Lioran, 211 chilometri nel Massiccio Centrale con sei GPM, e Pogacar fece il matto (...): un’ora d’anticipo rispetto alla tabella di marcia più veloce e una remontada di Vingegaard versione scooterino (1905 di VAM sul Col de Pertus).
Fu l’unico pomeriggio che vedemmo lo sloveno “stanchino”, alla ricerca di carbo, frugare nelle tasche...
Rispetto all’altroieri, i corridori mangiano quasi il doppio. La metodologia alimentare è cambiata radicalmente in meno di due lustri.
La percentuale di grasso invece del peso corporeo, la glicemia (il suo controllo) la chiave del giochino. Il carburante costruisce il dettaglio – definitivo – dell’atleta.
Dal 2020, in gara, 120 grammi di carbo permettono di rallentare (fermare) il consumo del glicogeno muscolare (gli zuccheri del corpo), provocato dagli sforzi intensi.
La vecchia dieta, quella che teneva a stecchetto il ciclista, a tavola e in bici, diminuiva a lungo andare il potenziale.
L’organismo andava in protezione, avendo sempre meno energia. Allora si è passati dal mangiare poco al mangiare troppo: il ciclismo rimane un mestiere estremo.
Alla UAE hanno borracce da 30 e da 60 grammi di carboidrati: Pogacar preferisce la prima, accompagnandoli ad altro cibo. La 60 è il rimedio nelle corse a tappe, dove il rifornimento a volte (nella teoria del caos delle ammiraglie) diventa un problema.
“Cinque anni fa era davvero impossibile mangiare 120 grammi di carbo all’ora.”
Cinque anni fa, Tadej aveva problemi di stomaco dopo i tapponi o le classiche.
Quei famosi 120 grammi di ciuccini, ogni ora, si devono assumere con criterio: si dice che ci vogliano almeno sei settimane, per abituare il nostro apparato digerente.

****


10.
15 settembre 2024, Gran Premio di Montréal.
Le prove generali per l’iride Pogi le fa dove Eddy Merckx, nel 1974, fece il suo tris, sullo stesso circuito: il caso non esiste.
L’UAE Emirates mena già ai 150 chilometri per preparare la botta.
Pogacar scatta sulla Cote Camillien-Houden, col 54×17: prende 20 secondi in un battibaleno.
Il ventitreesimo scalpo arriva con un allungo ai 23,3 km dal traguardo, a due giri dalla fine.
Controlla ma non troppo: ha il sale sui pantaloncini e continua a guardarsi alle spalle. La radiolina fa le bizze.
29 settembre 2024, in Svizzera Pogacar azzanna il Mondiale; che non è mica Sallanches 1980.
Apogalypse Now. Un azzardo e un numero da circo.
Il Campionato di Zurigo (...) si decide a 100 chilometri dall’arrivo, quando Domen Novak fa il trenino per il suo tentativo.
Pogacar gioca a poker, un all-in, mentre gli avversari pensano stia facendo seppuku.
Jan Tratnik, che era davanti, lo aspetta e lo scorta per un tot.
Ai 51 e 500 Pogi si libera dell’ultimo sopravvissuto alla sua ruota, il compagno di club Pavel Sivakov.
Dietro, si coalizzano. Nel finale, Toms Skujins gli arriva a 35 secondi.
Sarebbe bastato forse un olandese in più, per cambiare l’inerzia di un Mondiale storico, in favore di un van der Poel prossimo a quello primaverile.
Vince invece Pogastar, coppiano nella carne.
100.500 metri a 44,100 orari in 2 ore e 16′ e 1700 metri di dislivello.

***


11.
GCN stima un FTP (Potenza alla Soglia Funzionale) dello sloveno sui 460 watt. Significa che la potenza più alta espressa da Pogastar, senza affaticamento, accumulo di acido lattico, è un unicum atletico. 
In rete girano le immagini di una gara juniores corsa in Friuli, a un passo dalla Slovenia: il Trofeo Valle del Natisone. 9 ottobre 2016. Pogi – 18 anni – è già un nome (aveva vinto il Lunigiana), indossa la casacca nera della Radenska. Pronti-via e il Calimero (...) smilzo va subito in fuga con due connazionali (Pavel Cizelj e Horvat Ziga). Dopo 80 chilometri vengono ripresi e partono in otto al contrattacco: Pogacar si accoda e rilancia. E’ sempre davanti: GPM, pianura, falsopiano. Pare che Samuele Battistella lo freghi, di rimessa, ma a 400 metri dal traguardo su di lui piomba il gruppetto. Guidato dal nostro (mostro) che vince in volata. Farebbero quasi tre ore di gara, in testa.
GP degli Stati Uniti di Formula 1, a Austin (Texas), Carlos Sainz racconta ai giornalisti la sua uscita in bici con Pogacar post-Mondiale di Zurigo..
“Ho avuto la brillante idea di fare un giro con lui che era impegnato in una sessione d’allenamento di recupero. E’ stata la corsa più dura della mia vita.
Noi comunque siamo degli atleti nel nostro sport, quello che facciamo è speciale in termini di riflessi, sensibilità, resistenza e abilità, ma quello che fa lui in bici è semplicemente incredibile.
E chiunque abbia mai guidato una bici prima, non riesce nemmeno a immaginare quanto quel ragazzo spinga...”
Per la cronaca, Tadej può stare 5 ore nella (sua) zona 2 (la base aerobica). 320-340 watt, mantenendo il lattato sotto 2, tenendo la frequenza cardiaca a 140.
Uno scherzo della natura.

***


12.
Il 2024 è stato lo zenit? Sì, Pogacar potrebbe avere picchi superiori ma quella continuità, e quegli incastri della sorte (meritata), pensiamo siano irripetibili.
E’ il Re della giungla a pedali, ora, e il punto di riferimento (il faro) del plotone. Con tutti gli onori e oneri del rango conquistato.
Il solo contratto con la CGS Cycling Team AG, il gruppo di Mauro Gianetti e José Antonio Fernandez, chiama 6 milioni di euro l’anno. La clausola di recesso per gli emiratini è 100 milioni.
Il Tour 2025 è disegnato più per Vingegaard, e a lui le sfide piacciono, e ci sarebbe anche il Mondiale in Africa, a Kigali, in Ruanda, su un tracciato durissimo.
Vedremo quanto palmarès affastellerà, con la maglia iridata addosso.
Pogi, che pernotta a Monte Carlo (il paradiso dell’elusione fiscale) con la fidanzata (ciclista pure lei) Urška Žigart, in bicicletta pare ancora divertirsi un sacco. E trasmette quella leggerezza, un po’ naif e bambina, a tutti.
Qualcuno ha ritrovato un filmino dell’istituto di Mose, la sua scuola, dove gli studenti facevano una parodia di James Bond. Era il 2013, Tadej aveva 14 anni e – in smoking – rincorreva in bicicletta (il suo destino felice, il giocattolo preferito) un malvivente...
Per Fabio Baldato, uno dei suoi diesse, Pogi ha qualcosa di Cadel Evans: quella meticolosità, quel rigore.
Corpo e mente, forma e sostanza. Questo ciclismo (sport di performance) postmoderno consuma l’atleta, ma il potere (che nasce sulle doti genetiche) logora chi non ce l’ha.

Geraint Thomas: “OK figliolo, ti sei divertito. Domani ci godiamo una giornata tranquilla?”
Tadej Pogacar: “Domani partiamo al chilometro zero?”

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