INSULTI, BOTTE, TRAFFICO D'ARMI: ECCO LA VITA DEI RUBA-BAMBINI



ROBERTO BIANCHIN
la Repubblica, 19 maggio 1990

VERONA - Comperavano in California armi a raggi paralizzanti, pistole, giubbotti antiproiettile. In Svizzera cercavano di procurarsi lanciarazzi, mitra e bombe a mano. Tra loro facevano a pugni. Non sono mai andato d' accordo con Maffiotto, è autoritario e violento dice Valentino Biasi tanto che mi prese a cazzotti e in più di un' occasione sottrassi Cappelli alle botte che Franco voleva dargli. Erano esperti in insulti, minacce, ricatti. Sottoponevano le famiglie dei sequestrati a tremende torture psicologiche. Promettevano violenze di tutti i generi e scrivevano: Possiamo essere cento volte più crudeli. Eppure raccontano di avere il cuore tenero i rapitori di Patrizia Tacchella, di Federica Isoardi, di Giorgio Garbero, di Pietro Garis. Tenero come il marzapane. Perché loro amavano i bambini che rapivano. I nostri bambini li chiama con uno slancio di tenerezza Valentino Biasi, il sequestratore-modello dalla lacrima facile. 

Avevano addirittura pensato di costruire una discoteca per l'infanzia su pattini a rotelle: Un ambiente allegro riservato ai bambini dice Franco Maffiotto io con loro ho sempre avuto, per dono di natura, un rapporto affettuoso, naturale e molto spontaneo. I verbali degli interrogatori di Franco Maffiotto, Valentino Biasi e Bruno Cappelli, condannati dal tribunale di Verona a 20 anni di carcere per il sequestro di Patrizia Tacchella, sono allucinanti. Ben lontani dal mostrarsi pentiti, i tre industrialotti piemontesi raccontano al giudice, il sostituto procuratore veronese Angela Barbaglio, che li ha interrogati ciascuno per tre volte nelle prigioni di Chiavari e di Verona, la loro storia di brave persone. Di bravi rapitori. 

Abbiamo cercato con tutti i nostri prigionieri racconta Maffiotto, il filosofo della banda di tenerli calmi, facendoli parlare e coinvolgendoli nella vita che in quel momento conducevamo assieme, rendendoli partecipi di ciò che avveniva intorno a loro, anche salvaguardando l' immagine dei familiari. Nel caso di Patrizia per esempio io non le dissi mai che il papà non intendeva pagare il riscatto ma che ci voleva tempo perché il giudice aveva bloccato il suo patrimonio e c' erano severi controlli di polizia. In tal senso era indispensabile dare ai piccoli, ed anche a Patrizia, sicurezza e fiducia in chi le stava vicino. Biasi, che si alternava con me nella custodia, non aveva la mia stessa psicologia nel senso che pur trattando bene la piccola, non era in grado di sopperire psicologicamente come facevo io. Patrizia capiva tutto, leggeva i giornali, le facevo guardare la tivù, chiacchieravamo di tutto continua Maffiotto lei, a proposito della liberazione di Casella, diceva che era stata fortunata a non dover stare incatenata, e capivo che le piaceva vedere i genitori alla tivù. Creai con lei un rapporto confidenziale in maniera di darle sicurezza e di farle capire che, nella cornice della vicenda, tutto accadeva in modo ragionevole e da non destare timori. Rapitore-psicologo con l'evidente vocazione di assistente per comunità infantili, Maffiotto spiega anche perché aveva deciso di dedicarsi al rapimento di bambini: Ritengo che un bambino subisca meno traumi di un adulto e sia prelevabile senza alcuna violenza. Anche nel caso di Patrizia scegliemmo, su mia insistenza, un bimbo piccolo per il minore rischio e per la minore necessità... per l'esclusione della necessità di consumare violenze. 

Maffiotto ha una spiegazione per tutto. Anche per le minacce inviate, per lettera, a Imerio Tacchella: Quelle contenute nella nostra ultima lettera ai familiari e da me ideate, che erano motivate da un lato dal bisogno di trovare mezzi di pressione efficaci, e dall'altro da quello di evitare minacce di tipo diverso come lesioni o altro che avrebbero richiesto un'effettiva concretizzazione. 

E il movente dei sequestri? I soldi, sempre e soltanto i soldi. Tornai in Italia squattrinato rivela Maffiotto, imprenditore avventuroso, gelataio a Santa Cruz de Tenerife, spendaccione e viveur. A lui, di soldi per vivere come gli piaceva, gliene occorrevano tanti. Sempre. Biasi poteva mantenersi un mese con 750 mila lire, compresa sua madre racconta Maffiotto a me bastano per pochi giorni. Amo le cose belle e mi piace spendere, mi piace acquistare oggetti che valgono. E ancora: Ho fatto innumerevoli attività, ho guadagnato un sacco di soldi, conoscevo il bel mondo torinese, avevo una splendida casa a Revigliasco.

ROBERTO BIANCHIN

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