FOOTBALL PORTRAITS - Hartson, stazza padrona (2004)


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Dopo lungo peregrinare si è imposto con il Celtic, dall’alto dei gol e di un fisico imponente. A dispetto del carattere rissoso e i problemi di peso

di CHRISTIAN GIORDANO
Guerin Sportivo n. 5, 3-9 febbraio 2004

Se si vuole il male di un calciatore, il migliore modo di procuragliene è sbizzarrirsi in paragoni con campioni del passato. E più arditi sono, più funziona. Nel caso di un centravanti come John Hartson, una montagna d’uomo (1,85 x 92 kg), per giunta gallese di Swansea, l’accostamento con l’omonimo Charles, indimenticato totem juventino degli anni Cinquanta-Sessanta, è tanto immediato quanto fuorviante.

Figlio d’arte, suo padre è stato un buon giocatore in Prima divisione, già a sei anni John (5-4-1975) entra a parte di una squadretta organizzata. A dieci, lo scopre un osservatore di Merthyr, Ceryl Beach, che lo vede giocare nel Lonlas e ne intuisce il talento. Nel frattempo il ragazzotto segue dalla north bank lo Swansea City e tifa Liverpool, sognando di emulare le gesta dei conterranei Ian Rush e Mark Hughes.

La sua carriera ad alto livello comincia nel dicembre 1992, quando, al termine del provino che fa brillare gli occhi al manager David Pleat, firma con il Luton Town il contratto da trainee, praticante. I suoi debutti sono bagnati col gol: in campionato, con l’Under 21, nella quale esordisce a 18 anni, e in FA Cup, nel famoso 2-0 rifilato al Newcastle United di Kevin Keegan. I 13 gol in 63 apparizioni testimoniano che è pronto per il grande salto. Nel gennaio 1995 diventa il giovane più costoso nella storia del calcio britannico firmando con l’Arsenal per 2,5 milioni di sterline (circa 4 milioni di euro). Con i Gunners inizia col botto. Pur partendo dalla panchina, va in rete alla seconda e alla terza presenza; ma dieci giorni dopo, in campo dal primo minuto a Sheffield contro il Wednesday, si fa espellere. Più che un episodio, un segnale.

Nella seconda metà della stagione 1994-95, conquista i galloni da titolare e la nazionale. Bobby Gould, col quale mai legherà fino in fondo, lo fa esordire a Sofia il 29 marzo in Bulgaria-Galles 3-1, match valido per le qualificazioni a Euro96. Nell’Arsenal, intanto, si dimostra all’altezza del compagno di reparto, l’icona Ian Wright: 7 gol in 15 gare di Premier League. Il 10 maggio, a Parigi, segna il momentaneo 1-1 contro il Real Saragozza nella finale di Coppa delle Coppe che passerà alla storia per la clamorosa papera di David Seaman, che all’ultimo minuto dei supplementari si fa beffare dal lob di Nayim da quasi metà campo. Quando però a Highbury approda Dennis Bergkamp, appare chiaro che per Hartson il posto negli undici ha i giorni contati. Harry Redknapp, manager del West Ham United, coglie la palla al balzo e nel febbraio 1997 se lo porta al club dell’Upton Park per un’altra cifra-record: 3,3 milioni di sterline. In attacco fa coppia con Paul Kitson e ripaga con gli interessi gli sforzi del club, sciorinando prestazioni e gol fondamentali per salvare la squadra e la traballante panchina di Redknapp.

La stagione seguente, Hartson è, numeri alla mano, l’attaccante più prolifico del calcio britannico: 24 reti in totale, di cui 15 in 32 partite di campionato, e la prima tripletta, contro l’Huddersfield in Coppa di Lega (allora Coca Cola Cup). Che uno così fosse destinato, prima o poi, a emigrare verso più remunerati lidi, era prevedibile. Un po’ meno che vi sia stato costretto da una singolare commistione di fra un improvviso calo di forma e una serie di problemi fuori del campo. Nel gennaio 1999 arriva la chiamata del Wimbledon. Per strapparlo agli Hammers, Joe Kinnear deve allargare i cordoni della borsa: 7,5 milioni di pounds, cifra da capogiro che manda in frantumi il primato storico della società. Quando però i londinesi, due anni più tardi, si ritrovano a dover lottare per evitare la retrocessione, il contrattone di Hartson, autore di 21 gol in 57 incontri, diventa un lusso insostenibile. Gli unici club a poterselo permettere sono i Glasgow Rangers, pronti a scucire 7 milioni di sterline, e il Tottenham. Hartson però non supera le visite mediche (problemi a un ginocchio) ed entrambi gli affari sfumano.

Nel febbraio 2001 ne approfitta il Coventry. Invischiato a sua volta nella lotta per non retrocedere e impossibilitato a sostenere l’astronomica cifra per ingaggiare il gallese, il club di Highfield Road riesce a sottrarlo alla concorrenza grazie alla formula del “pay as you play”. Anziché sborsare al Wimbledon i 5 milioni di pounds necessari per l’acquisto del cartellino, ne versa la metà e, ogni volta che il giocatore scende in campo, un gettone di 15.000 sterline. Non funzionerà. In azzurro cielo raggranella 12 presenze e sei gol, troppo poco per non andar giù.

Il calcio, però, a volte è strano. Il 3 agosto 2001 John firma con il Celtic Glasgow, il club che gli cambierà la vita. Con gli Hoops debutta l’indomani, vincendo (0-1) a Kilmarnock, guarda caso la città dove aveva segnato il primo gol in nazionale. La scommessa è di Martin O’Neill, che ha il coraggio di puntare 6 milioni di sterline su un giocatore dal ginocchio ballerino. “O’Neill mi disse che mi avrebbe preso comunque” ricorda oggi Hartson. “E da allora non ho saltato neanche un allenamento”. Salta invece la finale di Coppa UEFA del 2003, non per colpa del ginocchio ballerino ma per l’infortunio alla schiena subito in un tackle troppo focoso. A Siviglia, contro il Porto di José Mourinho, i Bohys perdono al silver goal. Il rammarico dei biancoverdi è grande quanto la consapevolezza di aver investito bene i soldi spesi: in due anni a Parkhead il corpulento striker, superata la difficile partenza, segna un totale di 49 reti in 88 gare. Ma non è solo nei gol che va letta la sua importanza per la squadra. O’Neill ha compiuto un capolavoro nell’impiegarlo come riferimento centrale di un tridente che in realtà fa perno su Henryk Larsson, la vera star, e sull’altruismo di Chris Sutton, il secondo violino. Un po’ come avviene nel Galles di Mark Hughes (sì, quel Mark Hughes: il suo idolo d’infanzia), nel cui 4-5-1 Hartson (10 reti in 35 caps coi Dragons) prende e dà botte – per referenze chiedere agli azzurri Alessandro nesta e Fabio Cannavaro – e apre spazi sull’out per i più talentuosi Ryan Giggs e Craig Bellamy.

La carriera di Hartson è stata un continuo susseguirsi di alti e bassi. Questi ultimi, spesso, riguardanti vicende extracalcistiche. Ecco una rapida carrellata. Il 27 ottobre 1997, gli Hammers perdono 2-1 a Leicester e Hartson apostrofa pesantemente l’arbitro Mike Reed, al quale poi spedirà una lettera di scuse. Risultato: multa di 1.000 sterline dalla Football Association, la federcalcio inglese. Marzo 1998: Hartson scatena la polemica sulla cosiddetta drinking culture, la cultura del bere che storicamente alberga nel football britannico, ammettendo pubblciamente che “tutti noi lo facciamo”; arrestato in un albergo dell’Essex, passa una notte in guardina per ubriachezza molesta. Col compagno di squadra e di bagordi Vinnie Jones, in un pub del Berkshire si fa coinvolgere in una rissa, scoppiata perché una cameriera ne aveva respinto le rozze avances. In un’altra occasione, in un locale con due amici, picchia il barman che aveva chiesto loro di smettere di bere perché era ora di chiusura. Agosto 1998: viene condannato dal tribunale di Swansea per atti vandalici compiuti all’uscita da un pub. Il mese dopo, durante un allenamento, scalcia in faccia il compagno Eyal Berkovic. L’incidente pè ripreso in un filmato e la federazione lo multa di 20 mila sterline. Berkovic accusa il West Ham di aver tentato di insabbiare il caso, poi i due giocatori si chiariranno. Aprile 2000: fa a botte per la strada con lo stesso Jones per far vedere chi dei due è il più “duro”. Espulso nella sconfitta (3-0) contro il Bradford, la FA lo multa di 5.000 sterline per la rissa avvenuta nel pre-partita. E la lista forse è incompleta.

Nel tempo libero, a parte le pinte con gli amici (possibile se non probabile zona di rischio), ama giocare a golf e starsene in famiglia con la moglie Lowri e i figli Beca Lia e Joni. La tendenza a ingrassare ne ha fatto un bersaglio preferito dai vignettisti, ma questo non ha impedito al tre volte Calciatore gallese dell’anno (1998, 2001, 2003; record di Mark Hughes eguagliato) di diventare uno degli attaccanti più temuti nel Regno Unito. 
CHRISTIAN GIORDANO
Guerin Sportivo n. 5, 3-9 febbraio 2004


L’ASTA SOSTA
Martin O’Neill, allenatore del Celtic, lo ripete da settimane: “Hartson non andrà via”. Non mancando però di aggiungere, subito dopo, il perché: “Nessuno può permetterselo”. Eppure, chissà perché, gli credono in pochi. Il manager del Fulham , Chris Coleman, che di Hartson è stato compagno di nazionale, vorrebbe assicurarselo per rimpiazzare il giovane attaccante francese Louis Saha, astro nascente appena acquistato dal Manchester United. Il Birmingham City, primo tra tutti il nazionale gallese Robbie Savage che si è pubblicamente esposto per portarselo ai Blues, gradirebbe avere a St Andrew’s anche il partner offensivo dell’ariete di Swansea, lo svedese Henrik Larsson, il cui contratto scadrà la prossima estate (2004). Peccato che nessuno dei due club versi in condizioni economiche tali da potersi concedere simili esborsi. Middlesbrough, Tottenham (recidivo) e Newcastle stanno alla finestra, ma la sensazione è che se ai Bohys non arriveranno soldoni “veri”, Hartson non si muoverà da Parkhead. “È tutta spazzatura” ha dichiarato il suo agente, Jonathan Barnett, riferendosi alle voci di mercato. “Il futuro di John è nelle mani del Celtic. A Glasgow lui sta bene e a quanto ne so la sua conferma è sicura. Ma se la società dovesse cambiare idea o non volesse prolungargli l’accordo, allora faremo le nostre scelte”. È il gioco delle parti: il giocatore, sotto contratto fino al 2005, è in una botte di ferro, il club pure. Venghino, siori, venghino: l’asta è aperta.
 (ch.giord)


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