Novembre, tempo di "Baracchi"



di Gianni Bertoli - 4 novembre 2006

L’idea di fare disputare una corsa a cronometro a coppie risale ai tempi eroici del ciclismo. Era il 1917, in piena Prima guerra mondiale. Molti corridori erano al fronte, altri, loro malgrado, erano inattivi quando, il 24 giugno, si corse la prima edizione del "Giro della Provincia di Milano", 102 chilometri sul percorso Milano-Como-Erba-Milano. L’arrivo era previsto al Velodromo Sempione. Presero il via solamente quattro coppie: Girardengo-Gremo, Belloni-Sivocci, Ferrario-Bordin e Egg-Lucotti. Lo svizzero Oscar Egg garantiva il carattere internazionale della gara. Tano Belloni, alla sua prima stagione da professionista, si impose, ben coadiuvato dall’ottimo Alfredo Sivocci, alla straordinaria media di 37,450 km/h. Il ritardo dei secondi, i favoritissimi Girardengo e Gremo fu di 54". Egg e Lucotti si classificarono a 2’26" mentre Ferrario e Bordin finirono a circa un quarto d’ora.

La gara, salvo alcune interruzioni, fu organizzata fino all’11 luglio del 1943, poi la tragedia della guerra si portò via anche il Giro della Provincia di Milano.

Nel 1949, Mino Baracchi, che aveva già organizzato alcune edizioni del Trofeo Baracchi in linea, ebbe l’idea di riproporre, in chiusura di stagione, una gara a cronometro a coppie, come il Giro della Provincia di Milano. Il nuovo Trofeo Baracchi venne disputato fino al 1990. Fino al 1971 trovò collocazione nei primi giorni di novembre, generalmente il primo o il quattro, poi fu spostato in ottobre e anche in settembre.

Le prime quattro edizioni, con partenza e arrivo a Bergamo, videro tre affermazioni di Fiorenzo Magni con tre compagni diversi, Adolfo Grosso, Toni Bevilacqua e Giuseppe Minardi, e una vittoria a sorpresa della giovane coppia Astrua-De Filippis.

Coppi e Bartali, assenti alla prima edizione, non brillarono nelle successive tre. 

Nel 1950, il Campionissimo giunse secondo dopo avere "trascinato" il fratello Serse in evidente difficoltà. Nella stessa edizione, Corrieri, fedelissimo gregario di Bartali, dovette prendere il via con una bicicletta di fortuna perché la sua non era arrivata a Bergamo in tempo. Giovannino fu costretto al ritiro dopo pochi chilometri di corsa e Bartali, pur sapendo di non potere essere classificato, continuò la prova facendo registrare un tempo che lo avrebbe piazzato in quinta posizione, addirittura davanti agli svizzeri Koblet e Brun. 

Nel 1951 deluse ancora Coppi, accoppiato all’olandese Van Est, mentre Bartali, in coppia con il campione del mondo Ferdy Kubler, giunse secondo. Proprio perché accoppiato al campione del mondo, fu quella l’unica occasione in cui Gino vestì la maglia iridata, una maglia che avrebbe certamente meritato di conquistare nella sua lunga carriera. 

Nel 1952, Coppi, in coppia con il fido Michele Gismondi, non andò oltre il terzo posto e Bartali, questa volta con un Corrieri a tempo pieno, dovette accontentarsi di un settimo posto in quello che sarebbe stato il suo ultimo "Baracchi".

Dal 1953 ebbe inizio il periodo d’oro del Trofeo Baracchi. Innanzi tutto venne variato il percorso: partenza sempre da Bergamo ma arrivo a Milano, sul parquet del Vigorelli. Si iniziò col botto. Fausto Coppi, neo campione mondiale professionisti, fu accoppiato a Riccardo Filippi, neo campione mondiale dilettanti, appena passato prof con la Bianchi. La miscela delle due maglie iridate fece sfracelli. Coppi e Filippi volarono i 108 km del percorso a quasi quarantasei di media. I francesi Anquetil e Rolland si piazzarono secondi a 5’44", ultimi Bevilacqua e Landi a sedici minuti. Coppi e Filippi dominarono anche nel 1954 e nel 1955, la prima volta davanti a Bobet-Anquetil e la seconda davanti ai belgi Brankart e Janssens.

Il Trofeo Baracchi, nella sua storia, fu spesso teatro di sorprese, di crisi, di cotte. Non sempre i più forti sulla carta riuscirono a prevalere. 

Nel 1956, Coppi, passato dalla Bianchi alla Carpano-Coppi, venne ancora accoppiato a Filippi, nel frattempo diventato capitano dell’Ignis Varese. Era la coppia regina ma Filippi andò in crisi e Fausto dovette accontentarsi del secondo posto a 30" dalla coppia Darrigade-Graf. Va ricordato che Dedè Darrigade, sempre al Vigorelli, una decina di giorni prima, aveva bruciato con un colpo di reni il Campionissimo, negandogli quella che sarebbe stata la sua sesta vittoria nel "Lombardia".

Coppi si prese la rivincita l’anno successivo, accoppiato con l’astro nascente Ercole Baldini. Baldini, "l’elettrotreno di Forlì", era in forma strepitosa e si sobbarcò il peso maggiore della corsa, comunque ben spalleggiato dall’ormai trentottenne Coppi. In quell’edizione ci fu il cedimento finale dei francesi Anquetil-Darrigade che, fino ad un certo punto, avevano battagliato alla pari con la coppia italiana.

Per alcuni anni ci fu poi il dominio di Baldini, due volte con Aldo Moser e una con il francese Velly. Tra le prime due vittorie di "Ercolèn" e la terza, spicca il successo di Ronchini-Venturelli in quella che doveva essere la prima vittoria di Anquetil. Accoppiato allo svizzero Rolf Graf, Jacquot partì fortissimo e diede l’idea di potersi finalmente aggiudicare una corsa che sembrava stregata per lui. La coppia franco-svizzera andò però in crisi e Graf, stravolto, arrotò Anquetil, cadde rovinosamente e i due si ritirarono.

Jacques Anquetil, insomma, non riusciva proprio a fare sua una corsa adatta ai grandi passisti. Ci riuscì nel 1962 ma quella vittoria, per il campione francese, fu peggiore di una cocente sconfitta. 

Dal 1959 il Trofeo Baracchi aveva abbandonato il Vigorelli ed era tornato su percorsi che prevedevano partenza e arrivo a Bergamo. 

I favoriti della vigilia di quell’edizione 1962 erano certamente i due alfieri della "St.Raphael-Helyett" Anquetil e Altig. Gli unici in grado di impensierirli erano Ercole Baldini ed Arnaldo Pambianco, una coppia tutta romagnola e tutta "Ignis". La coppia franco-tedesca diede l’impressione di potere dominare il campo tanto che, a poco più di dieci chilometri dal traguardo, poteva vantare circa un minuto di vantaggio sulla coppia romagnola. Ma ecco l’imprevisto: Anquetil entrò in crisi. Con il viso stralunato e lo sguardo vitreo seguiva a stento il suo compagno. Il vantaggio scemava vistosamente; Rudy Altig le provò tutte per scuotere Jaquot, dalle blandizie alle minacce, giunse a mostrargli i pugni. Niente. Il francese non reagiva minimamente. Altig lo spinse per lunghi tratti. Per fortuna i tempi venivano rilevati sul vialone d’accesso alla pista dello Stadio Comunale e, per soli nove secondi, Anquetil-Altig riuscirono a prevalere su Baldini-Pambianco. All’ingresso della pista il dramma: Anquetil, più che mai stravolto, non riuscì a curvare e finì dritto contro le transenne. Si temette qualcosa di grave ma, fortunatamente, riportò solo qualche ferita al volto e alle braccia. Fece solo in tempo a salutare, in qualche modo, il pubblico prima di essere trasportato all’ospedale. Dal momento che il francese era già abbastanza "chiacchierato" nell’ambiente ciclistico, si parlò con insistenza di doping.

Secondo il famoso proverbio "chi di spada ferisce di spada ferisce", se nel 1962 Anquetil vinse per soli nove secondi, l’anno successivo, ritornati sul classico percorso Bergamo-Milano, il campione francese, in coppia con l’eterno secondo Raymond Poulidor, fu superato proprio per nove secondi dall’altra coppia francese Velly-Novales.

Anquetil tornò altre quattro volte al "Baracchi" con risultati contrastanti. 

Nel 1965 vinse agevolmente in coppia con Stablinski. 

Nel 1966, ultima edizione disputata sul percorso Bergamo-Milano, la coppia Anquetil-Stablinski finì anzitempo in albergo. Si parlò di un Anquetil per niente coscienzioso alla vigilia della corsa e presente solo per via dell’ingaggio. Si impose la coppia belga della "Peugeot" formata da Bracke e da un giovanissimo Eddy Merckx. Bracke e Merckx si imposero anche nel 1967 con poco più di un minuto su Anquetil-Guyot. Nel suo ultimo "Baracchi" Anquetil si impose facilmente in coppia con Felice Gimondi.

Se le alterne vicende di Jaques Anquetil hanno segnato indiscutibilmente la storia del Trofeo Baracchi, tra le tante crisi, cotte e drammi ne va ricordata senza dubbio una: quella dell’olandese Nijdam.

E’ il 4 novembre 1965, giornata fredda e piovigginosa, i favori del pronostico vanno a Motta e Fornoni, dominatori dell’edizione precedente, e a Anquetil-Stablinski con Poulidor-Chappe in terza piazza. Sono proprio queste tre coppie che danno l’impressione di giocarsi la vittoria, racchiuse, dall’inizio, nello spazio di pochi secondi. A sorpresa, si inseriscono nella lotta per la vittoria anche gli olandesi Karstens e Nijdam che, alle porte di Milano, balzano in testa con venti secondi di vantaggio su Anquetil-Stablinski. Nel frattempo vanno in crisi Chappe e Fornoni. Gli olandesi sembrano avere partita vinta ma, poco dopo l’ingresso in Milano, Nijdam cade sull’asfalto reso viscido dalla pioggia. Nijdam, in stato confusionale, risale in bici e segue Karstens come un automa. Negli ultimi chilometri i due olandesi perdono circa sei minuti ed entrano al Vigorelli per il giro finale. Superato il traguardo, mentre Karstens si ferma, Nijdam continua a girare sulla pista, dopo un altro giro gli fanno cenno di fermarsi ma lui continua sollevando l’ilarità del pubblico che non conosce il suo dramma. Lo speaker Proserpio, con voce stentorea, gli intima: "Nijdam, fermarsi!". Niente. Nijdam continua. Nessuno ride più. Sul Vigorelli cala un silenzio terrificante. Nijdam continua a girare. Ad ogni giro qualcuno cerca di afferrarlo ma lui, con insospettati riflessi, scarta tutti e continua. Il pubblico trattiene il fiato. Nijdam continua a girare. Finalmente riescono ad afferrarlo e lo fanno cadere. Il pubblico tira il fiato. L’olandese viene caricato su una barella e portato via. Mentre la barella si allontana, si nota chiaramente che la mano destra di Nijdam gira in tondo come a simulare una pedalata. Raccapricciante. I giornali parlarono di chock dovuto alla caduta anche se qualcuno fece apertamente cenno al doping.

L’ultima edizione del Trofeo Baracchi ebbe luogo nel 1990 ma per me il periodo epico fu quello in cui il percorso prevedeva l’arrivo al Vigorelli, un po’ perché la pista magica era lo scenario ideale per una gara del genere, un po’ perché ho assistito di persona a tutte quelle edizioni, dalla prima vittoria di Coppi e Filippi alla prima di Merckx e Bracke.

In quel periodo il "Baracchi" rappresentava veramente la chiusura della stagione ciclistica su strada. In un clima generalmente da "giorno dei morti", si attendeva sugli spalti del "Vigo" che arrivassero le varie coppie. Nell’attesa veniva organizzata una riunione su pista, in cui professionisti, dilettanti e allievi si davano battaglia per l’ultima volta all’aperto, in attesa di riprendere, da lì a poco, l’attività al tepore del vecchio Palasport di piazza VI febbraio. Carlo Proserpio dava costantemente notizie della corsa. Poi entravano le varie coppie in un boato di applausi.

Dopo i giri d’onore, i cronometristi e i giudici di gara lasciavano la torretta e venivano risucchiati dalla "zeriba" al sottopassaggio assieme a corridori, massaggiatori, biciclette da strada, biciclette da pista, ruote, asciugamani. Calavano le prime ombre della sera, una nebbiolina piovigginosa sfumava i contorni della grande tettoia e offuscava le grandi scritte pubblicitarie sulle curve della pista. Il pubblico usciva lentamente, in silenzio, quasi a volere prolungare, in un clima dolcemente melanconico, la stagione ciclistica. Per quell’anno era tutto finito, arrivederci alla prossima primavera.

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