Conconi sullo Stelvio


di Stefano Olivari
indiscreto, 6 febbraio 2013


Chi offre di più a Eufemiano Fuentes? Dubitiamo che il medico spagnolo possa aiutare fino in fondo nella comprensione dei suoi appunti, a meno di un aiutino (traduzione: soldi e/o impunità) da parte di squadre e atleti danneggiate dai rivali dopati. 

Meglio ancora se fossero le istituzioni sportive ad avere l’idea. Non sarebbe scandaloso, visto che la Giustizia ha offerto questi benefit anche a chi ha sciolto bambini nell’acido. Impossibile che questo avvenga nel ciclismo e nell’atletica, dove tutti hanno qualcosa da nascondere, molto difficile che avvenga nel calcio o nel tennis: ma non si sa mai… Di certo i ‘pentimenti’ avvengono solo dietro corrispettivo. 

Sarà comunque sempre troppo tardi per una vera riflessione, a prescindere dai casi di doping, sulla figura del medico sportivo: uno che ti deve mandare in campo al massimo a qualsiasi costo o che deve pensare alla tua salute nel lungo periodo? 

Pensiamo di conoscere la risposta del mitico professor Francesco Conconi: ex rettore dell’università di Ferrara, maestro del dottor Michele Ferrari, a un soffio dal diventare vice-ministro nel governo del suo amico Romano Prodi (!), ma soprattutto ‘facilitatore’ di tanti successi dello sport italiano negli anni Ottanta e Novanta. 

Prendendo spunto dal bellissimo libro di Sandro Donati Lo sport del doping parleremo di tutte queste vicende, approfondendo l’aspetto sportivo delle stesse (Donati invece tratta, con testimonianze dirette da pugno nello stomaco, gli aspetti medici e politici), per adesso sottolineiamo solo un tratto psicologico del medico sportivo. Che, vale per gli onesti come per i disonesti, vive della luce riflessa dei campioni che segue ed in molti casi è portato ad una identificazione che dà risultati impressionanti. 

Nel caso di Conconi, appassionato cicloamatore, Donati ricorda i suoi tempi nella scalata dello Stelvio, risultanti dagli appunti dello stesso Conconi. Il 30 luglio 1991 1h21’01”, niente male per un 56enne. Il 21 settembre dello stesso anno, dopo un ciclo di autosomministrazione di Epo scrupolosamente annotato, lo Stelvio viene scalato in 1h05’29”. Ma c’è di più: nel 1994 percorre la stessa salita in soli 2 minuti più lento di Francesco Moser (!!!). Un medico 59enne contro un ex fuoriclasse, per quanto non certo uno scalatore, di 16 anni più giovane. E si potrebbe andare avanti, citando i suoi tempi sul passo della Futa e altre performance da atleta vero. 

Questo per dire che il doping, anche ammettendo di liberalizzarlo, non è che renda le competizioni più oneste (quante volte abbiamo detto ‘Sì, ma Armstrong avrebbe vinto comunque’…) perché c’è sempre qualcuno che ha un doping migliore e quindi non c’è mai parità di opportunità. E’ vero che il doping libero smetterebbe di far considerare sub judice praticamente ogni corsa e ogni campionato, per la gioia dei compilatori di albi d’oro, ma ci sembra un po’ poco per considerarlo un futuro auspicabile.

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