HOOPS MEMORIES - L’ultimo trucco del Mago
di CHRISTIAN GIORDANO ©
American SuperBasket n. 6/anno 17 - 20 marzo-2 aprile 2008
Premessa: nessun coccodrillo anticipato, qui, anche perché a -2 dal centenario il Grande Vecchio si sottopone a tagliandi annuali ospedalizzati (l'ultimo, per una caduta casalinga: rotti polso e clavicola sinistri) da tre stagioni. Un'abitudine, quella dei filotti, per John Robert Wooden, che ai bei dì, sulla panca di UCLA, vinse coi Bruins 10 campionati su 12, sette consecutivi dal 1966-67 al 1972-73.
Una dinastia tale da far dimenticare che, prima di diventare il Mago di Westwood, il nativo di Hull (14-10-1910) era noto come l’Uomo di Gomma dell’Indiana per l’abitudine di rimbalzare sul parquet, e fuori, tuffandosi su ogni palla vagante. Ma oltre a essere un combattente di razza, il tre volte All-State aveva condotto al titolo statale la Martinsville High School e al college, il tre volte All-American aveva vinto con Purdue il titolo NCAA. Professionistico nei non facili anni Trenta, vinse una classifica marcatori e in due finì secondo. Intanto, arrotondava insegnando e allenando a livello liceale: 218-42 in 11 stagioni.
Dopo la Seconda guerra mondiale fu coach e athletic director alla Indiana State per due stagioni, poi seguì il consiglio di Horace Greeley e andò a ovest. Nel 1964, affidò le chiavi di UCLA alle guardie Gail Goodrich e Walt Hazzard, che lo ripagarono col titolo NCAA. I Bruins rivinsero nella stagione seguente, ma fallirono l’accesso al Torneo 1965-66. Il centro Lew Alcindor era un freshman, quindi - per il regolamento dell’epoca - ineleggibile per giocare in competizioni ufficiali con la varsity. Dall’anno dopo, guidati prima da Alcindor poi dal suo erede Bill Walton, iBruins inanellarono il filotto di cui sopra, interrotto nel 1974 dall’exploit di North Carolina State.
Nel 1975 Wooden sopperì alla mancanza di un centro dominante impiegando l’agile 2.04 Richard Washington tra le ali Marques Johnson e Dave Meyers. I Bruins chiusero sul 23-3 la regular season (unico neo, il -22 contro Washington), poi batterono Michigan (103-91 all’overtime nei quarti di finale dei West regionals), Montana (67-64) e Arizona State (89-75) per arrivare alla Final Four di San Diego. Negli ultimi istanti della semifinale contro Louisville, rimontarono dal -4 a 48” dalla fine e acciuffarono il supplementare, poi vinto 75-74 quando Terry Howard, guardia che in stagione, su 28 tentativi, non aveva sprecato un libero, sbagliò il primo di un uno-più-uno.
Nella finale contro Kentucky, UCLA conduceva per 43-40 all’intervallo e per 66-56 a 8’ dalla fine, ma i Wildcats rimontarono sino al -1, 76-75. Poi a Dave Meyers fu fischiato fallo per un dubbio sfondamento su Kevin Grevey, cui seguì il tecnico per proteste. I Wildcats godevano di un potenziale gioco da cinque punti - l’uno-più-uno, il tecnico e il successivo possesso-palla – invece restarono a secco perché Grevey sbagliò il primo libero dell’uno-più-uno e quello del tecnico, e sul possesso Kentucky perse subito il pallone. A quel punto i Bruins passeggiarono verso il 92-85 che avrebbe dato loro il titolo. E a Wooden la migliore delle uscite di scena dopo 29 stagioni da allenatore. «Chiunque vorrebbe ritirarsi vincendo. E il fatto di averlo fatto in una gara che valeva il titolo nazionale non diminuisce il piacere» disse con ironia non estranea al personaggio.
Il successo di NC State nella Final Four del 1974 gli aveva spezzato un dominio durato undici anni. E caso volle che proprio dalla stagione 1974-75 il Torneo NCAA venisse allargato a 32 atenei, il che alimentava speranze di vittoria a college di un po’ tutto il Paese, anche perché Wooden non aveva più un Alcindor o un Walton a dettare legge nel mezzo. E mentre un gran numero di coach ambiziosi erano pronti a darsi battaglia per raccoglierne il testimone, il Mago - teorico della celeberrima Piramide del successo (a leggerla oggi, invero un filo ingenua e anacronistica) - cavò dal cilindro il decimo coniglio. L’ultimo di una carriera straordinaria.
E pensare che nel corso della stagione, la squadra era scivolata fuori dalla luce dei riflettori. Meyers era il solo titolare rimasto dall’anno prima in quintetto completato da sophomore: Marques Johnson e Richard Washington nel solido frontcourt, il junior Andre McCarter in regìa e Pete Trgovich spostato nell’altro spot del backcourt. E a San Diego diedero il meglio di sé. I Cardinals, alla seconda Final Four in quattro anni da quando coach Denny Crum aveva lasciato il programma di Wooden, avevano i propripunti di forza in Wesley Cox e Junior Bridgeman, e nei Midwest Regionals, avevano sconfitto Maryland per 96-82.
Tutto faceva pensare che Crum avesse finalmente una squadra capace di farlo vincere contro quella del suo ex capoallenatore. Ma nel momento decisivo Meyers, subite due stoppate consecutive da parte di Bill Bunton di Louisville, tirò ancora e stavolta a Bunton fu fischiato fallo. Washington segnò entrambi i liberi e UCLA, subito dopo, pareggiò con Johnson. All’overtime, Louisville comandava di uno a pochi secondi dalla fine quando lo stesso Johnson servì Washington, che dalla linea di fondo impallinò i Cards, 75-74.
Nella conferenza stampa del dopogara, Wooden annunciò che a fine stagione si sarebbe ritirato. Crum non lo avrebbe battuto. E i Wildcats di coach Joe B. Hall, i finalisti, avevqano di che preoccuparsi se volevano riuscirci: i Bruins avrebbero giocato ancora più alla morte, nell’ultima partita di Wooden. «Mi sentivo svuotato – spiegherà Wooden – Entrai in spogliatoio e ne parlai ai miei giocatori. Mi congratulai con loro per la splendida vittoria e dissi loro che la finale sarebbe stata la mia ultima partita. Questo li scioccò, ovviamente. Poi andai in sala stampa e lo dichiarai pubblicamente. Ci fu chi pensò che lo avevo fatto per caricare la mia squadra per battere Kentucky. Non era vero, non lo avrei mai fatto».
In quintetto Kentucky aveva la star Grevey, All-American di 6’5”, Rick Robey e Mike Phillips, entrambi freshmen di 6’10”, e Jack “Goose” Givens. I Wildcats lottarono punto a punto fino a circa 7’ dal termine, con UCLA avanti 76-75. Lì cambiò tutto. A Meyers fu fischiato il “solito” sfondamento, poi un tecnico. Wooden si gettò in campo furibondo al punto che dovettero trattenerlo prima che commettesse l’irreparabile. Ma Kentucky sbagliò i liberi e poi perse palla, finale e titolo.
«Erano grossi e forti, ma noi eravamo più rapidi», la chiosa di Wooden sul proprio canto del cigno. Senza tante fanfare, il profeta della 2-2-1 zone press lasciò il college basketball, da lui dominato per oltre due decenni, e UCLA. In 27 stagioni, l’aveva portata a 620-147 (80.8% di successi) nel computo vinte-perse. Il Mago non poteva che chiudere così, con l’ultimo trucco e fra gli applausi.
CHRISTIAN GIORDANO
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