Obree, da mantide religiosa a Superman


di CHRISTIAN GIORDANO

Old Faithful. Alla lettera la vecchia che non tradisce mai, ma anche il nome di uno dei più noti geyser dello Yellowstone National Park. 


Non è però dagli States che Graeme Obree aveva fatto arrivare la sua creatura, così da lui stesso ribattezzata. Se l’era progettata e costruita da sé, con pochi spiccioli, nella sua Scozia. E con quella, nel luglio 1993, se n’era volato a Hamar, in Norvegia, dove avrebbe non soltanto riscritto gli annali del Record dell’Ora, ma rivoluzionato il concetto di corsa contro il tempo.

Con quella sua postura rannicchiata, alla ricerca della migliore aerodinamicità, sulla pista in legno di 250 metri a livello del mare del velodromo Vikingskipet, Obree infranse il record – vecchio di otto anni – che Francesco Moser aveva stabilito in altura a Città del Messico il 23 gennaio 1984.

Fallito l’assalto il 16 luglio, Obree riuscì il giorno dopo, incrementando di 445 metri il precedente 51,151 km; storica soglia che Moser festeggiò poi nominando così un vino prodotto dall’azienda di famiglia. 

«Per quella sensazione di fallimento e d’impotenza del giorno prima, il giorno dopo ero disposto a morire in pista pur di non fallire di nuovo. Mi ha cambiato come essere umano», rifletterà Graeme su quell’esperienza.

Il nuovo primato durò però appena sei giorni. Il 23 luglio, a Bordeaux, un altro britannico, l’inglese Chris Boardman, glielo portò via con uno stratosferico 52,270. 

Non pago, The Flying Scotsman – che Boardman lo aveva già battuto, nell’inseguimento, ai mondiali dell’agosto 1993 – tentò anche lui al Vélodrome du Lac di Bordeaux, anche lì su pista da 250 metri a livello del mare, e il 27 aprile 1994 si riprese il primato con un irreale 52,719 km.

Stavolta, durò poco più di quattro mesi. Sullo stesso anello, il 2 settembre 1994, lo spagnolo Miguel Indurain sfondò il muro dei 53 km: 53,040. 

La posizione rannicchiata di Obree fu poi vietata dall’UCI, la federazione internazionale. Mai domo, lo Scozzese Volante abbandonò la vecchia “mantide religiosa” per distendersi “alla Superman”. E con le braccia distese in avanti trionfò nell’inseguimento ai Mondiali del 1995, prima che l’UCI vietasse pure quella. 

Sempre a Bordeaux, nel 1994, lo svizzero Tony Rominger migliorò per due volte il record dell’ora: 53,832 il 22 ottobre e addirittura 55,291 il 5 novembre. Quasi due anni dopo, il 6 settembre 1996, fu di nuovo la volta di Boardman che al velodromo di Manchester (sempre pista da 250 metri in legno a livello del mare) lo portò a 56,375. Fu la fine di un’era, e di quel tipo di omologazione del record dell’ora.

Moser lo aveva rivoluzionato con un tubo-telaio ovale in acciaio, ruote lenticolari e manubrio a corna di bue; Obree con postura a mantide religiosa sul manubrio, tubo-telaio rotondo in acciaio, ruote in carbonio a tre razze; il primo Boardman con manubrio da triathlon, telaio a tubo-telaio piatto in carbonio, ruote a quattro razze; Indurain con manubrio largo da triathlon, telaio in monoscocca aerodinamico e ruote lenticolari; Rominger mixando Boardman (manubrio da triathlon) e Moser (tubo-telaio ovale in acciaio e ruote lenticolari). 

Alla fine, però, a spuntarla era stato Boardman con una bici spaziale ibrida (monoscocca in carbonio aerodinamica, ruota a cinque razze davanti e lenticolare dietro) e nella posizione a Superman “rubata” al rivale di sempre, Graeme Obree.

Nel 1997 l’UCI cambiò il regolamento e da allora si parla di Record dell’ora (1972-2014) e Best Human Effort (1984-2014). E all’origine di tutto ci fu lui, lo Scozzese volante, che la sua bici se l’era costruita con pezzi di scarto e cavalcata come nessuno mai. Da mantide religiosa a Superman.


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