MAESTRI DI CALCIO - Jorge, Il mistero di re Artur

 


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di CHRISTIAN GIORDANO ©Guerin Sportivo ©
Rainbow Sports Books © 

Su come sia strano, riguardo certi spinosi argomenti, il mondo del calcio, gli esempi abbondano. Dalle nostre parti, decenni fa, in termini di oscurantismo se ne registrò uno illuminante: Giancarlo De Sisti. Dopo una grande carriera di calciatore, da allenatore “Picchio” – vicecampione d’Italia dietro la Juve nell’81-82, alla sua prima stagione intera sulla panchina viola – sembrava destinato a una seconda carriera altrettanto ricca di soddisfazioni. 

Invece, due anni dopo, un destino mai così fedele allo stereotipo che lo impone cinico e baro, ci aveva messo lo zampino: una malattia, di quelle che la stampa è solita definire «brutte», guardandosi però bene dallo specificare quali siano, semmai, quelle belle – et voilà, il tiro mancino è fatto: da brillante tecnico in ascesa, anche se guarito, ti ritrovi di colpo fra gli “ex”; e con appiccicata un’etichetta che fa male («non è più lui») alla quale segue, se va bene, una panchina in provincia o un microfono nel quale strozzare tutta la rabbia di chi fa l’opinionista tv più per scelta (di altri) che per vocazione. Al nocchiero del Porto per la prima volta, nell’86-87, campione d’Europa, è andata più o meno così. Microfono a parte, ma sempre senza un perché.

Artur Jorge Braga Melo Teixeira nasce a Porto (Portogallo) il 13 febbraio 1946. Il suo primo vero club è l’Académica Coimbra, dove approda come centravanti nel 1965 e resta per quattro anni, dimostrando un buon fiuto del gol che lo porta direttamente al club di maggior lustro del calcio lusitano, il Benfica. Grazie soprattutto alla stella Eusébio, i biancorossi vivono il periodo di maggior fulgore della loro storia e con due simili bocche da fuoco nessuno si stupisce se nei successivi sei anni conquistano quattro campionati (1970-71, 71-72, 72-73, 74-75) e 2 Coppe del Portogallo (1969-70, 1971-72). L’apporto dei satanassi del gol è determinante, dato che assurgono al trono di capocannoniere due volte ciascuno: il mozambicano nel 69-70 (con 20 reti, ma il titolo va allo Sporting Lisbona) e nel 72-73 (addirittura 40); Jorge nel 70-71 (22) e nel 71-72 (27). 

La coppia-gol lascia il Benfica al termine del vittorioso torneo del ’75 (il decimo dell’epopea-Eusébio), ma mentre la Pantera nera parte subito alla scoperta della America calcistica trasferendosi nella NASL, la già traballante lega nordamericana, Jorge lo imita solo dopo aver indossato, per due anni (1975-77), la maglia del Belenenses. Nel 1977 eccolo quindi ai Rochester Lancers della North American Soccer League, dove nonostante la presenza di “nomi” come gli attaccanti Carlos Metidieri e Branko Segota e il centrocampista Freddy Grgurev (ex New York Cosmos) si ferma appena una stagione. Tornato da dove era venuto, e cioè alla terza squadra di Lisbona, al termine della stagione 78-79 Artur chiude una carriera che, perlomeno in nazionale (16 presenze, un gol), avrebbe potuto sorridergli di più. 

A farlo debuttare nella Selecção rossoverde era stato José Gomes da Silva, che lo aveva buttato nella mischia il 27 marzo 1967 a Roma contro l’Italia (1-1, botta di Eusébio al 24’, risposta di Cappellini al 74’). Il primo e unico gol con la rappresentativa lusitana Jorge lo aveva invece segnato il 29 marzo di cinque anni dopo, a Lisbona, dove la squadra nel frattempo affidata a José Augusto, aveva spezzato le reni (4-0) al “povero” Cipro; Jorge aveva timbrato lo storico “cartellino” dopo Humberto Coelho e Nené e prima di Jordão. L’ultima partita gliel’aveva regalata, si fa per dire, il nuovo Ct Júlio Cernadas Pereira durante le qualificazioni ai mondiali tedeschi del 1974, il 30 marzo 1977, a Funchal, Portogallo-Svizzera 1-0 (gol di João Alves).

Uomo colto (due lauree, una in filosofia, l’altra in lettere moderne) e poliglotta (parla sei lingue: portoghese, spagnolo, italiano, francese, tedesco e inglese), Jorge, pessimo venditore di se stesso, è sempre stato una mosca bianca a cui gli angusti recinti del calcio apparivano troppo stretti. Anche da tecnico il suo curriculum non poteva essere banale: diplomato alla rinomata Scuola dello Sport di Lipsia, dopo la gavetta fatta al Belenenses, al Vitória Guimarães conosce José Maria Pedroto, del quale diventa una sorta di discepolo prediletto. Esaurito un breve passaggio al Portimonense, nel 1984 Jorge approda al Porto fresco finalista (battuto 1-2 dalla Juventus) di Coppa delle Coppe. Alla guida dei Dragões, comincia un’autentica epoca d’oro per un club vissuto fin nell’ingombrante ombra del Benfica. Con poche stelle (Futre, Madjer), un bomber di razza (perlomeno in patria: Fernando Gomes) e un collettivo ben organizzato, ma certo non straordinario, arrivano il titolo nazionale e l’indimenticabile cavalcata nella Coppa dei Campioni dell’anno successivo. Eliminati i maltesi del Rabat Ajax (senza subire reti: 9-0 in casa e 1-0 fuori), i cechi del Vitkovice (0-1 ribaltato dal 3-0 del Das Antas) e, a sorpresa, gli allora sovietici della Dinamo Kyiv (doppio 2-1), in finale gli uomini di Jorge sovvertono ancora una volta i pronostici rimontando il Bayern Monaco con la celebre prodezza di tacco di Madjer e l’acuto di Juary. Un’impresa sensazionale, a meno di non voler considerare, sull’onda di quel risultato, un fenomeno quel Jorge dos Santos Filho che in Italia, esaurite le esperienze con Avellino, Inter, Ascoli e Cremonese, qualcuno riteneva una sorta di macchietta utile solo in sede di confezionamento dei soliti servizi-collage sulle sue folcloriche esultanze attorno alla bandierina del corner, inscenate dopo uno dei (pochi) gol da lui elargiti alle platee nostrane. 

Con il Porto sul tetto d’Europa, mentre il suo successore Tomislav Ivic regala ai biancoblù la Supercoppa europea e la Coppa Intercontinentale, Jorge cerca altri stimoli in Francia, al Matra Racing di Parigi. Neanche due anni e il figliol prodigo torna sulle rive del Douro per vincere un altro titolo e la Supercoppa nazionale. 

Non contento, ripercorre la strada parigina, stavolta nel più competitivo Paris Saint-Germain di lama, Weah, Valdo e Ginola con il quale in tre stagioni vince la Coppa di Francia 92-93 e, l’anno successivo, il campionato; fermandosi invece in semifinale della Coppa UEFA 92-93 contro la Juventus del secondo Trapattoni. Nel 1994 cede alle lusinghe del Benfica, ma il titolo è del Porto che precede l’altro club di Lisbona, lo Sporting. Il declino che lo porterà a vagabondare in Spagna, al Tenerife (97-98), Olanda (al Vitesse, nel secondo semestre del 1998), di nuovo al PSG (i primi sei mesi del ’99) e Arabia Saudita (Al-Nasr nel 2000 e Al Hilal nel 2001) appare irreversibile. 

Jorge vive un autentico dramma umano quando viene colpito da un tumore al cervello, una volta guarito si rimette in pista ma, complici anche delle scelte tecniche non felicissime, la sua carriera non toccherà più i vertici raggiunti con il Porto dei miracoli. In più, anche il carisma di tecnico non sembra più quello di un tempo: archiviate le due poco felici parentesi come Ct del Portogallo (nell’89 e nel 96-97), la seconda delle quali chiusa con il poco edificante (per l’aggressore) episodio del pugno da K.O. rifilatogli da Ricardo Sá Pinto, attaccante dello Sporting Lisbona che il 26 marzo del 1997 Jorge aveva escluso dalla nazionale, pare, per motivi disciplinari poco prima dell’incontro con l’Irlanda. 

Come Ct, la svolta sembrava arrivata con la Svizzera quando in vista dell’Europeo inglese del 1996, raccolto il testimone da Hodgson, aveva avuto il coraggio di lasciare a casa Adrian Knup e Alain Sutter per puntare su forze fresche. Ma anche lì, al di là dello storico pareggio di Wembley con l’Inghilterra, Jorge non lasciò il segno.

La penultima chance arriva il 3 dicembre 2002. João Alves, il tecnico che gli aveva chiuso le porte della Nazionale, rescinde il contratto con l’Académica di Coimbra e Jorge lo sostituisce tornando proprio là dove, negli Anni 60, tutto era cominciato. L’obiettivo dichiarato del presidente ad interim João Moreno è che Artur, coadiuvato dal suo storico “secondo” Raúl Águas, riesca a tirare fuori la squadra dalle secche della zona retrocessione per poi ricostruire, una volta acquisita la permanenza nella SuperLiga, una società che paghi gli stipendi (compresi gli arretrati che i giocatori attendono da mesi) e una formazione finalmente in grado almeno di dare fastidio, se non alle “due sorelle” del calcio lusitano, Porto e Benfica, almeno alle loro sorellastre, lo Sporting e il Boavista. 

Per la serie: il calcio è pazzo a tutte le latitudini, nel novembre 2003, un mese dopo il termine della stagione, il tecnico del CSKA Mosca, Valeri Gazzaev, fresco di conquista del primo titolo nazionale dall’indipendenza, si dimette. La dirigenza vuole andare avanti in Champions League perché è lì che frullano i soldi “veri” e così il presidente Eugeni Giner annuncia il colpo grosso puntando forte su un altro allenatore baffuto, il 57enne Artur Jorge, o meglio sulla voglia di questi di rientrare nel grande calcio, possibilmente passando dalla porta principale.

Il 24 novembre le agenzie battono il lancio che «Artur Jorge ha accettato l’incarico di guidare i campioni di Russia, affiancato dall’ex vice di Gazzaev, l’esperto Dmitri Galyamin, mentre gli assistenti del tecnico uscente, Nikolay Latysh e Alksandr Kuznetsov, lasciano il club». 

Esaurita la spinta delle facili suggestioni però, l'avventura dura appena quattro mesi: il 13 luglio 2004 il club moscovita esonera Jorge e richiama Gazzaev con la squadra quinta in campionato, a sei punti dalla capolista Torpedo. La Supercoppa di Russia in bacheca non è bastata.

Fallita la missione biennale di portare al mondiale di Germania 2006 il Camerun, e chiuse le crepuscolari parentesi con Al-Nassr (2006), Créteil (2006–2007) e Alger (2014–2015), resta da svelare il vero mistero di re Artur, sovrano apparentemente in disarmo: capire perché mai il calcio, da lui così amato, abbia smesso di ricambiarlo. 
CHRISTIAN GIORDANO, Guerin Sportivo


MOURINHO GLI FA UN BAFFO
Nonostante la dimostrazione di forza sciorinata dal Porto in semifinale contro la sempre futuribile Dinamo Kyiv (regolata 2-1 in casa e fuori) del “colonnello” Lobanovski, a Vienna ’87 i favori del pronostico sono tutti per il Bayern Monaco.

E come spesso succede, se proprio deve scapparci la sorpresa, il botto è di quelli forti. Jorge schiera davanti a un portiere di sicuro affidamento come Mlynarczyk, degno erede di Zé Beto, quattro difensori in linea: João Pinto, Celso, Eduardo Luis e Iñacio; a centrocampo, Magalhaes in regìa, Quim e Sousa a sostegno e André falso centravanti, in realtà quarto uomo di impostazione; in avanti, due attaccanti esterni, Futre e Madjer, molto mobili, tecnici e sempre pronti a incrociarsi con continuità per non dare punti di riferimento alla lenta retroguardia bavarese. Incassata la rete (un po’ casuale) di Kögl (25’), dopo l’intervallo il tecnico portoghese rivolta la partita come un calzino inserendo la punta Juary al posto di Quim e spostando André nel ruolo di interno. 

Con Juary e Madjer fissi in attacco, il funambolico Futre – cui solo gli infortuni avrebbero frenato una carriera destinata a ben altri livelli – è libero di operare nel ruolo che più predilige, quello di rifinitore. Udo Lattek e il suo Bayern ci capiscono poco o nulla e il resto ce lo mette lo straordinario Rabah Madjer, in serata di grazia: suoi l’indimenticabile gol con cui, spalle alla porta, il “Tacco di Allah” pareggia l’incontro (78’) e, due minuti dopo, l’assist per il gol-vittoria di Juary, dato per finito in Italia e divenuto re per una notte nell’occasione più importante. 

Sei mesi dopo, il successore di Jorge, il furbo Tomislav Ivic, slavo giramondo, conquisterà l’Intercontinentale ripetendo il giochino con Rui Barros per Futre e il recuperato Fernando Gomes (autore della rete d’apertura) prima punta accanto all’algerino Madjer, la vera stella della squadra.

Senza offesa per lo Special One José Mourinho e il suo mini-clone, lo Special Two André Villas-Boas, al Porto un signor Evoluzionista che di calcio ne masticava lo avevano già avuto.


(chgiord)


La scheda di ARTUR JORGE BRAGA MELO TEIXEIRA
Nato:
13 febbraio 1946, Porto (Portogallo); deceduto a Lisbona (portogallo), il 22 febbraio 2024
Ruolo:
centravanti
Club da giocatore:
Académica Coimbra (1965-69), Benfica (1969-75), Belenenses (1975-77), Rochester Lancers (1977), Belenenses (1977-79)
Presenze (reti) in Nazionale:
16 (1)
Esordio in Nazionale:
27 marzo 1967 a Roma, Italia-Portogallo 1-1
Primo gol in Nazionale:
29 marzo 1972 a Lisbona, Portogallo-Cipro 4-0
Ultima presenza in Nazionale:
30-3-1977 a Funchal, Portogallo-Svizzera 1-0
Palmarès da giocatore:
4 Campionati portoghesi (1970-71, 71-72, 72-73, 74-75), 2 Coppe del Portogallo (1969-70, 1971-72); 2 volte capocannoniere del campionato portoghese (23 gol nel 1970-71; 27 nel 1971-72)
Club da allenatore:
Belenenses, Vitória Guimarães, Portimonense, Porto (1984-87), Matra Racing Parigi (Francia, 1987-89), Porto (1989-90), Paris Saint-Germain (Francia, 1991-94), Benfica (1994-95), Tenerife (Spagna, 97-98), Vitesse Arnhem (Olanda, luglio-dicembre 1998), Paris Saint-Germain (Francia, gennaio-giugno 1999), Al-Nasr (Arabia Saudita, 2000), Al-Hilal (Arabia Saudita, 2001), Académica Coimbra (dicembre 2002-agosto 2003), CSKA Mosca (Russia, 2004), Al-Nassr (2006), Créteil (2006–2007), MC Alger (2014–2015)
In Nazionale da Ct:
Portogallo (8 giugno-15 novembre 1989), Svizzera (13 marzo-18 giugno 1996), Portogallo (31 agosto 1996-11 ottobre 1997)
Palmarès da allenatore:
3 campionati portoghesi (1984-85, 85-86, 89-90), Coppa dei Campioni (1986-87), 3 Supercoppe portoghesi (1984-85, 85-86, 89-90), Coppa del Portogallo 1990-91, Coppa di Francia (1992-93), campionato francese 1993-94, Supercoppa di Russia 2004
Riconoscimenti:
2 volte Allenatore dell’anno (1986 e 1987) del quotidiano Record


23 feb 2024 - Corriere della Sera
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Addio Artur Jorge l’allenatore-poeta che vinse con il Porto la Coppa Campioni

Artur Jorge, morto ieri dopo una lunga malattia all’età di 78 anni, aveva scritto un libro di poesie, era laureato in filologia tedesca, amava l’opera e la filosofia, ma era stato soprattutto un centravanti prolifico del Benfica (4 campionati vinti) e poi il primo allenatore portoghese ad alzare la Coppa Campioni, con il Porto il 27 maggio 1987: con i gol di Madjer e Futre, i Dragoni rimontarono nel finale il vantaggio del Bayern di Rummenigge e Matthäus, conquistando una vittoria clamorosa. Jorge ha vinto anche tre campionati e due coppe col Porto, replicando al Psg, a Mosca con il CSKA e in Arabia Saudita.

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