Il Capodanno è donna
Dal 1939 Riccardo Muti e i Wiener Philharmoniker durante
il tradizionale appuntamento del mattino di Capodanno a Vienna
Il tradizionale concerto con i Wiener Philharmoniker
A Vienna per la prima volta il brano di una compositrice, Constanze Geiger
Muti: «Il punto è la qualità, non scelgo in base al genere»
"Da parte di tutta l’orchestra auguro tre cose:
pace, fratellanza e amore in tutto il mondo"
- Riccardo Muti
"Il valzer va preso sul serio: non è mai uguale a se stesso,
difficile da eseguire,
oscilla tra felicità e dramma"
- Riccardo Muti
2 Jan 2025
Corriere della Sera
Di Valerio Cappelli inviato a Vienna
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Siamo al concerto classico più popolare del pianeta, quello di Capodanno, nel regno dei Wiener. Riccardo Muti sale sul podio col suo carisma. Nel tradizionale messaggio, ai 93 paesi collegati in tv (ma in Italia è in differita!) parla in italiano: «Da parte dei Wiener, auguro tre cose: pace, fratellanza e amore in tutto il mondo».
Biglietti alle stelle, fino a 1200 euro (ma siccome è un concerto in abbonamento, la prima sera, senza il valore aggiunto del primo dell’anno, costava 495); 1200 diviso i 17 brani sono 70 euro a valzer. Alla fine c’è (come ricordo) la caccia ai fiori che adornano la sala: i più scatenati sono gli asiatici, le signore in kimono in testa. Restano a mani asciutte gli spettatori in fondo al Musikverein, in piedi, sotto la calura dei riflettori, si pestano i piedi per guadagnare qualche centimetro.
Vienna nella musica è unica: ci sono due Pipistrelli di Strauss (operetta che qui viene presa maledettamente sul serio) alla stessa ora, sia alla Staatsoper che alla Volksoper.
L’altro record è che Muti (al suo settimo concerto di Capodanno, tra gli altri il 2000 e quello del Covid senza pubblico in sala, prima ci sono soltanto Maazel con 11 e Boskovsky con 25, ma la sua carriera si identificò in questo concerto), suona per la prima volta, in un rito cominciato nel 1939, il brano di una donna, Constanze Geiger. Il suo Ferdinandus valzer, diretto dai coevi Strauss prima di finire nell’oblio, lo compose a soli 13 anni, nel contesto dei moti rivoluzionari del 1848 a Vienna. È un profluvio di tenere danze melodiche patriottiche. La presenza femminile il primo giorno dell’anno, da parte di un’orchestra che risultava impermeabile alle novità, e che ha aperto alle donne dopo ben 161 anni, nel 2003 (ora sono 23 su un organico di 133 elementi), è una apertura simbolica importante. Dice Muti: «Il punto però è la qualità del brano, non che sia di una donna. Oggi abbiamo numerose direttrici e compositrici, io negli anni di Chicago le scelsi sulla base della partitura, senza sapere il genere».
Il suono dei Wiener inconfondibile, elegante e nobile, è quello un po’ old style di un’orchestra unica al mondo, indipendente e autonoma. Decidono loro chi invitare, senza una guida stabile. È un modo di suonare che è la quintessenza della viennesità.
Ricorre il bicentenario di Johann Strauss, il figlio dell’omonimo compositore. E Muti fa risuonare i valzer, una musica che è uno stile di vita ( dà l’idea del benvenuto) ma racconta altresì la Storia. Il riflesso di un mondo brillante assetato di danze lascia presagire il senso di un congedo, la fine dell’impero asburgico.
Risalendo dalle sorgenti del Danubio, si immaginano paesaggi, umori, incontri, pensieri che attraversano le stagioni dell’età, e sul greto del fiume riaffiorano e si intrecciano storie e destini individuali. «Una musica che va presa sul serio – dice Muti – non è mai uguale a se stessa malgrado ciò che taluni pensano, è difficile da eseguire, oscilla tra l’apparente felicità e un senso quasi drammatico, dove i fiati, i violini e i violoncelli sono esposti in continuazione». Così prende forma la colonna sonora di un mondo che non appartiene soltanto all’europa centrale ma diventa patrimonio di tutti, adatto allo spirito di un anno che si apre, e dà il benvenuto in una coppa di champagne.
Sotto la bacchetta di Muti la duttilità espressiva e l’individualità inconfondibile volteggiano nella setosità e nel volume degli archi, nella lucentezza degli ottoni. Un’orchestra che riunisce Mitteleuropa e Mediterraneo, come era Vienna ai tempi dell’impero; 23 nazionalità, musicisti da tutta Europa, Russia e Ucraina, USA e Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Il primo trombone è un italiano, l’unico, Enzo Turriziani, nato nel 1989 a Rieti, ha compiuto i primi passi nella banda di Poggio Mirteto.
In una lettera di ringraziamento del 1979, dopo un concerto, Leonard Bernstein li chiamò «fratelli». C’è un aneddoto fantastico di Bernstein, il quale si propose come direttore musicale. Il portavoce dei Wiener gli rispose: «Maestro, ogni volta che viene a trovarci, per noi è sempre un grande piacere».
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