Un anno senza Il Più Grande: la rinuncia al Mondiale '78


di Alec Cordolcini, Mondofutbol.com

Danny Coster come Yoko Ono e una serie di ipotesi, teorie e mezze verità stile 22/11/63 (meglio il romanzo di Stephen King della serie tv): la rinuncia di Johan Cruijff al Mondiale argentino del 1978 rientra nella casistica dei grandi misteri, in questo caso del calcio, capaci di far discutere ancora a quasi quarant’anni dall’evento. È stato detto, e si è scritto, di tutto: Cruijff non si riteneva fisicamente pronto per la manifestazione; voleva manifestare apertamente il proprio dissenso nei confronti del regime di Videla; aveva paura di essere rapito; temeva per l’incolumità della propria famiglia; sua moglie Danny Coster gli aveva proibito di volare in Argentina dopo l’incidente della piscina al Mondiale tedesco del ’74. Nel mezzo, frammenti di verità che nessuno, compreso il diretto interessato, ha mai potuto né voluto assemblare fino in fondo.

Per capire le molteplici sfaccettature delle vicenda è necessario un piccolo excursus nel mondo della carta stampata olandese.

Il quotidiano più letto e popolare è il De Telegraaf, secondo i detrattori troppo “popolare”, quindi sinonimo di pruriginoso e talvolta superficiale. Per contro il Volkskrant presenta un’impostazione più elitaria, quindi troppo snobistica per gli antipatizzanti. Nel mezzo c’è Algemeen Dagblad, un ibrido più moderno e meno ingessato dei concorrenti. Cruijff è sempre stato un columnist del Telegraaf, e il co-autore della sua autobiografia Mijn Verhaal (pubblicata lo scorso anno anche in Italia) è Jaap de Groot, giornalista del Telegraaf. Nell’orbita cruijffiana ha sempre gravitato anche Frits Barend, nome di peso del giornalismo oranje (nel giugno ’78 chiese e ottenne un’intervista a Videla durante il banchetto in onore dell’Argentina campione del mondo, gli chiese dei desaparecidos e fu cacciato dalla sala), nonché amico di famiglia del fuoriclasse e autore nel 2006 di una monumentale biografia a lui dedicata. Dall’altra parte della barricata, quelli del Volkskrant non hanno mai smesso di sparare bordate contro Cruijff (“ha fatto la storia, ma ama anche riscriverla a suo piacimento”), Barend (“un bugiardo”) e il Telegraaf.

La miccia è esplosa nel 2008 quando Cruijff, ai microfoni di Radio Catalunya, parlò per la prima volta del tentativo di rapimento che lui e i suoi famigliari subirono nel 1978. Carlos Gonzáles, uno spagnolo che aveva lavorato per oltre vent’anni al porto di Rotterdam, e pertanto parlava fluentemente la lingua olandese, si presentò alla porta dell’appartamento dei Cruijff spacciandosi per un corriere postale. Cruijff aprì e si trovò una pistola puntata contro. L’uomo fu poi arrestato dopo che la moglie Danny riuscì ad avvisare i vicini, che chiamarono la polizia. Nel marzo ’79 Gonzáles fu condannato a sette anni di carcere. Cruijff disse di essersi deciso a raccontare la storia per porre fine ad anni di menzogne che avevano ricevuto nuova linfa dalla pubblicazione dell’autobiografia di Charly Rexach, Ara Parlo Jo, nella quale il suo ex vice ai tempi del Barcellona lo descriveva come succube della moglie.


La nostra relazione – scrisse Rexach – si deteriorò a causa della cattiva influenza di Danny Coster. Cruijff faceva tutto ciò che lei voleva.

La ricostruzione, ripresa dal Telegraaf e successivamente confermata sia nella bio di Barend che nell’autobiografia, è stata duramente criticata da Paul Onkenhout del Volkskrant. In un articolo intitolato Oud nieuws: hoe Johan Cruijff zijn eigen geschiedenis herschrijft (traducibile – non letteralmente – in: La solita solfa, ovvero come Johan Cruijff riscrive la propria storia), il giornalista contesta il legame tra il tentato sequestro e la scelta di non andare al Mondiale. La decisione era già stata presa, scrive Onkenhout, citando un’intervista di Cruijff a Voetbal International nel 1974 (“Questo è il mio primo e ultimo Mondiale”) e una dichiarazione alla BBC nel febbraio 1977 (“È assolutamente escluso che vada in Argentina”). Goffo inoltre, prosegue il pezzo, il tentativo di smontare lo scoop della Bild sui giocatori olandesi che passarono la notte tra alcol e donne (il citato episodio della piscina) prima della finale Mondiale del ’74, quando decine di testimoni assistettero alla chilometrica telefonata, fatta nella hall dell’albergo perché Rinus Michels aveva fatto rimuovere i telefoni dalle camere, di Cruijff alla moglie per convincerla dell’infondatezza dell’articolo. Ne consegue che Barend, ilTelegraaf e il gruppo legato al campione oranje abbiano rielaborato i fatti a loro piacimento.

Come ogni mistero che si rispetti, ognuno crede alla versione ritenuta maggiormente convincente, o che gli fa più comodo. Qualche certezza comunque rimane. Cruijff visse per mesi sotto scorta nella sua casa di Barcellona, con un agente che dormiva in una stanza nell’appartamento e i bambini accompagnati ogni mattina a scuola dalla polizia. Non diede mai spiegazioni di persona al CT dell’Olanda Ernst Happel, il quale tuttavia gli lasciò una porta aperta fino all’ultimo, arrivando anche a proporgli una presenza part-time in Argentina, ovvero solamente a partire dal secondo turno una volta disputate le prime tre partite. Venne addirittura promossa la petizione Trek Johan over de streep, ma la persuasione a cui faceva riferimento l’iniziativa non funzionò.
Il 26 ottobre 1977, dopo un match contro il Belgio valido per la qualificazione al famigerato Mondiale in Argentina, a 31 anni Cruijff si tolse per l’ultima volta la maglietta arancione.

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