Piero Pieroni, il Grande Organizzatore


di CHRISTIAN GIORDANO ©
in esclusiva per RAINBOW SPORTS BOOKS ©

Più che villa con piscina, casa sua è un mausoleo. Il sogno disordinato di ogni collezionista ciclistico, specie se tifoso di Roger De Vlaeminck: maglie incorniciate, trofei, memorabilia e pubblicazioni di ogni tipo. Ci sono persino i promemoria – plastificati – per i suoi corridori con tutto il necessaire da portare in ritiro o alle corse. Signore e signori, Piero Pieroni: forse il più grande organizzatore di squadre nell’ultimo mezzo secolo di ciclismo nostrano.

Lucchese di Gragnano, dove è nato il 29 luglio 1944, Pieroni comincia a correre negli Esordienti nel 1959. 

In quattro anni arriva fino ai Dilettanti, poi, grazie al diploma di Massaggiatore sportivo conseguito al Centro Tecnico di Coverciano, al corso di Massoterapista al Sant'Orsola di Bologna e al diploma di Fisioterapista a Pisa, si specializza nella prima delle sue molteplici vite professionali: quella del massaggiatore. In tale veste cura per otto anni Francesco Moser (seguito sin da quando il trentino era ancora dilettante), Bitossi, Fuchs, Colombo e Julio Jiménez. In nazionale collabora con i Ct Mario Ricci, Nino Defilippis e in particolare Alfredo Martini, fino al 1976.

Due nazionali Pieroni le guiderà da Ct lui stesso: quella ancora sovietica di Konyshev, Ugrumov, Ivanov, Tchmil e Abdoujaparov, iridato in Giappone) e poi quella danese, con cui Hans-Henrik Ørsted vincerà a Barcellona 1984 il primo dei suoi tre titoli mondiali nell’inseguimento su pista. 

Ma è forse con il Diploma di Direttore Sportivo conseguito al CONI presso la Scuola Centrale dello Sport di Roma e con il Diploma di Team Manager alla “Bocconi” di Milano che si completa l’ultima e forse definitiva formazione professionale dell’eclettico Pieroni: nei primi anni '80, come dirigente, in pratica da solo mette in piedi squadre che si chiamano Santini, Selle Italia, Fiorella Mocassini, Wührer, Fanini, GiS Gelati.

Fra i campioni da lui diretti ci sono Bitossi, Basso, il suo preferito De Vlaeminck e Saronni. Nella successiva reincarnazione diventa dirigente di squadre di alto o altissimo livello quali Alfa Lum, Seur, Mapei, Navigare Blue Storm e Scrigno.

A fine 2002 scende all’ammiraglia per dedicarsi, con la sua Sport Promotion Italy, al settore tecnico e organizzativo. Quello in cui forse più d’ogni altro è stato il miglior Piero Pieroni. Il Grande Organizzatore. 

Uno dei rammarichi più grandi però è non essere mai riuscito ad avere in squadra Roberto Visentini, e dire che l’aveva anche già preso. Sembrava tutto fatto, ma poi…

Pieroni vado a trovarlo un lunedì pomeriggio insieme con un accompagnatore d'eccezione, Riccardo Magrini. Pieroni è stato suo diesse, e fra i due ci son stati anche problemi. Ma fra uomini di mondo quali sono, adesso si professano amici. 

Saprò solo poi che in quella magione Piero ha vissuto anche momenti brutti, come l'aggressione con percosse da parte di un rapinatore nel maggio 2006 e un attacco di cinghiali nell'agosto 2017. Piero Pieroni però è una quercia come non ne nascono più. E per abbatterla ci vuole ben altro.


Gragnano (Lucca), lunedì 22 gennaio 2018

- Piero Pieroni, un ricordo di Roberto Visentini?

«No, un ricordo no: una gioia, perché Roberto è vivo e vegeto e sta meglio di noi. L’ho sentito che non è molto. Non ha legato molto con l’ambiente, perché è sempre stato un tipo un po’ brillante, effervescente. È stato un corridore di grande classe, ed ero convinto che avrebbe fatto grandi cose, molto più grandi di quelle che ha fatto. Ha vinto un Giro, no?».

- Quello dell’86. E magari ne ha buttati via, o forse gliene hanno fatti perdere, un paio.

«Lì bisognava fare una squadra prettamente per Visentini».

- Lei lo aveva preso Visentini, vero?

«L’avevo preso per la Gis nel ’79, nell’80 o nell’81, salvo il vero(il suo toscanissimo intercalare, nda), e poi arrivò il gruppo-Saronni e ci destabilizzò. Col commendatore [Pietro Scibilia] dovevano esser fatte due squadre, la Gis e la Imea Frigor, un’altra azienda del Gruppo Industriale Scibilia, e anche al commenda dispiaceva, però… Al Commenda gli dispiaceva, ma a me di più perché Visentini era un corridore eclettico, di grande classe, uno di grandi mezzi. Come De Vlaeminck, che dicono ’un poteva vincere le corse a tappe… Sì, non voglio dire un Giro d’Italia ma corse di un altro livello poteva farle più di tutte. Perché è gente di grande classe. Il problema è un po’ il sistema nervoso. Se gli registri il sistema nervoso riescono a far grandi cose».

- A proposito di sistema nervoso: lei ricorda cosa successe a Sappada al Giro dell’87?

«A Sappada, quando Roberto… Mi ricordo solamente quando è sceso dalla bicicletta che si voleva ritirare…».

- Quello accadde al Giro ’84. A Sappada ’87 ci fu il presunto tradimento del suo compagno Roche. Visentini era in maglia rosa e prese quasi sette minuti. Poi, sì, durò altre tre stagioni, ma forse il vero addio al ciclismo lo diede in quel Giro, no?

«Sì, ma lì ha sbagliato anche Davide Boifava: doveva mollarlo, il corridore. Se tieni due galli in un pollaio, fai più danni che disastri…».

- Invece di Roche che ricordo ha?

«Roche è stato un grande campione, un corridore asettico, non è che entusiasmasse. Un corridore che più ricordo volentieri è il grande Roger. De Vlaeminck era… anche più di Merckx. Moser è stato un grande, io l’ho vissuto quando era ragazzino. Ero suo massaggiatore quando era dilettante, ci ho fatto sei-sette anni insieme. È stato grandissimo, Francesco: un tornado. Un grintoso, un grande lottatore, però la classe di De Vlaeminck non l’aveva nemmeno Merckx».

- Due galli nel pollaio De Vlaeminck e Moser lo sono stati nel 1978 alla Sanson di Valdemaro Bartolozzi e Giorgio Vannucci: come si gestiscono due campioni, per di più così simili, nella stessa squadra?

«No, non vanno messi. Se uno ce li mette è presunzione. Il mio maestro Valdemaro Bartolozzi non credo abbia sbagliato lui, magari gliel’avrà imposto Teofilo Sanson. Non so, non saprei dire. Però due galli in un pollaio… Io avevo De Vlaeminck e c’era anche Barone. Un giorno, al Giro di Puglia, più Roger di me, fa: “Si fa vincer Carmelo?”. Ci teneva anche lui a vincere e così la corsa la si è persa. Roger era immenso, ma mi è dispiaciuto non aver avuto Visentini e fargli una squadra per vincere altri Giri e altre grandi corse. Un puledro purosangue, come Roger, ma non troppo compreso. Due campioni così dovevano avere squadre a loro completo e totale servizio, dal patron al diesse, ai meccanici, ai massaggiatori, ai dottori e tutto il team».

- E quindi fece bene il patron Tacchella a tenere insieme una Carrera spaccata in clan pur di portare a casa quel Giro?

«Penso che il maggiore responsabile fosse Boifava, non penso che Tacchella… Era molto discreto. Era un patron molto “lineare”, che non s’intrometteva più di tanto. Sa, magari è meglio trovarsi con due con un problema, che non averlo, il problema… Però io ero per: vai con un binario unico, e vai con un binario unico».

- Si può parlare di “tradimento” a parte di Roche o la sua fu solo una scelta di corsa?

«Fu tradimento, penso. Via, gli ha corso contro, via…».

- E quindi: Visentini o Roche, lei da che parte sta?

«Sto dalla parte di Visentini».
CHRISTIAN GIORDANO

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