Paul Auster, la moglie: «L’addio e lo sfregio»


Siri Hustvedt: la sua morte annunciata da altri prima di noi, ci hanno tolto questa dignità

3 May 2024 - Corriere della Sera
di Matteo Persivale
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Peculiarità - Come le incisioni di Richard Serra, le opere di Auster mostrano se stesse soltanto se le si guarda da vicino

La notizia della morte di Paul Auster diffusa dai media prima che i familiari potessero avvisare conoscenti e amici. «Ci hanno privato di questa dignità. Non so come sia successo, ma questo so: è sbagliato». Questo il commento di Siri Hustvedt, la moglie dello scrittore americano scomparso. Ilibri di Paul Auster, scomparso martedì a New York a 77 anni per le conseguenze del tumore al polmone che l’aveva colpito alla fine del 2022, sono fatti di taccuini. E come soltanto i più grandi sono capaci di fare, Auster ha raccontato il suo tempo — e le nostre vite — raccontando se stesso.

In Città di vetro, il primo volume della "Trilogia di New York" (Einaudi, come tutto Auster) che l’ha reso famoso, Quinn prende appunti su un taccuino rosso (e qualche anno dopo Auster darà il titolo di Il taccuino rosso ai suoi improvvisi). Anna, in Nel paese delle ultime cose, scrive su un taccuino blu. In Mr. Vertigo, Walter scrive la storia della sua vita su un quaderno di scuola. L’opera omnia di Willy G. Christmas di Timbuctú (improbabile che quelli che accusavano Auster di essere uno scrittore freddo abbiano letto questo romanzo) è raccolta in 74 taccuini. Taccuini anche ne Il libro delle illusioni, ne La notte dell’oracolo. C’è un taccuino rosso in Invisibile. Un altro in Sunset Park. Quasi tutti i protagonisti dei suoi libri tengono un diario di qualche tipo, e quel 4 3 2 1 che racconta quattro diverse vite di Archie Ferguson — alter ego dell’autore — lo fa in un modo che avrebbe fatto felice Italo Calvino, curvando sempre più la linea dell’orizzonte narrativo, come un arco. E Diario d’inverno è la storia del sessantaquattresimo anno di Auster.

Adesso l’America delle lettere sparge lacrime di coccodrillo: fu amatissimo dai francesi increduli davanti a uno scrittore americano che parlava perfettamente la loro lingua e conosceva meglio di loro Mallarmé, Sartre, Blanchot da lui tradotti. Diventò scrittore in Francia, durante un soggiorno di quattro anni, fresco di laurea, insieme con la prima moglie Lydia Davis anche lei scrittrice e madre del primo figlio Daniel.

Nel 1985 ecco che il più newyorchese degli scrittori della sua generazione pubblica Città di vetro con un piccolo editore losangeleno e, quando completa con gli altri due volumi "La trilogia di New York", Faber & Faber, editore di TS Eliot, lo promuove nel Regno Unito, ed ecco Francia e Italia (Trilogia di New York esce dapprima presso Rizzoli) e il resto del mondo. Dopo il primo matrimonio infelice, il secondo felice con un’altra scrittrice, Siri Hustvedt, la Iris — Siri al contrario — che salva il protagonista di Leviatano, Siri che gli ha dato la figlia Sophie, brava cantautrice. Siri che l’ha difeso anche dopo la sua morte: ieri, su Instagram, nel tributo al marito che pubblichiamo qui accanto, ha spiegato che la notizia del decesso di Paul è stata diffusa contro la volontà della famiglia «prima ancora che il suo corpo fosse spostato dalla nostra casa», derubando i suoi cari della possibilità di avvertire gli amici secondo i propri tempi e modi.

Auster è il preparatore meticoloso di trappole letterarie che, però, in libri politici come Uomo nel buio e Sunset Park raccontano l'America di oggi con brutalità e il cuore a sinistra. È l’ebreo laico che riflette su Anne Frank e la casa di Amsterdam accanto a quella di Cartesio, immaginandola sfuggita alle belve naziste, studentessa universitaria di filosofia a guerra finita. Auster visitatore di Bergenbelsen che analizza «l’architettura della barbarie» ed è colpito da un’allucinazione uditiva, urla dei morti che rimbombano nella sua testa.

Ci ha raccontato i suoi sogni, i dialoghi con il padre che in vita lo odiava ma quando Paul chiude gli occhi torna da lui — e al risveglio lo scrittore non ricorda mai cosa suo padre gli abbia rivelato «in una stanza buia dall’altra parte della tua coscienza».

Come le incisioni apparentemente nerissime di Richard Serra che appena ti avvicini rivelano progressivamente universi di significato, i libri di Auster mostrano se stessi a chi è pronto a guardarli da vicino. Come nei quadri di Ed Ruscha che ripetono ossessivamente i punti cardinali in bianco rosso e blu, l'America di Auster cerca di orientarsi in un’epoca che non riesce più a capire.

Impossibile da rinchiudere in una delle gabbie fondamentali per chi vuole essere studiato nelle università, sfuggì all’accademia (meglio così). Fu amico dei grandi come Don Delillo, di Russell Banks e di Salman Rushdie che difese subito dalla barbarie khomeinista in una lettera aperta al «New York Times» ("La mia preghiera per Salman Rushdie") diventata famosa.

Philip Roth per i critici era l’ebreo nevrotico, Norman Mailer lo spaccone, Gore Vidal l’hidalgo di sinistra, Cormac McCarthy il cowboy, Harold Brodkey il proustiano in un crescendo di luoghi comuni; ma Auster? In patria era «europeo». Fu in realtà americanissimo forse l’ultimo dei classici americani» secondo Guido Fink) come Hawthorne, da lui amato. Semplicemente poteva pubblicare saggi e narrativa asciuttissima e subito dopo una biografia letteraria di 800 pagine di Stephen Crane (Ragazzo in fiamme) e le mille di 4 3 2 1.

Feroce critico di sé, citava Samuel Beckett — «appena l’inchiostro si asciuga trovo quel che ho scritto rivoltante» — e quando «la Lettura» pubblicò nell’aprile 2022 un suo scritto — formidabile — sull’Ucraina, Auster ne seguì l’editing certosinamente, e quando ricevette a casa le copie del giornale telefonò per ringraziare: «Davvero i vostri lettori l’hanno trovato interessante?».

Appena prima della malattia gli toccarono due tragedie spaventose: la morte della nipotina piccolissima e poco dopo quella del figlio Daniel sconfitto da decenni di dipendenze, preludio della diagnosi di cancro — «Cancerland» — resa pubblica da Siri. Ebbe tempo di curare l’opera estrema, Baumgartner che resterà come il Ravelstein di Saul Bellow a testimoniare su quali vette altissime passò la vecchiaia, e di salutare il nipotino Miles neonato della sua Sophie. E poi? E poi, come ha scritto lui in Moon Palace: «Si arriva alla parte difficile: la parola fine, gli addii, le ultime parole famose».

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È mancato uno spazio privato Un’ingiustizia
3 May 2024 - Corriere della Sera
( traduzione di Maria Sepa)

Ero ingenua, ma immaginavo che sarei stata io ad annunciare la morte di mio marito, Paul Auster. È morto a casa, in una stanza che amava, la biblioteca, una stanza con libri dal pavimento al soffitto su ogni parete, ma che aveva anche finestre alte che lasciavano entrare la luce. È morto il 30 aprile 2024 alle 18.58 con noi, la sua famiglia, intorno a lui. Poco dopo ho scoperto che, prima ancora che il suo corpo fosse portato via da casa nostra, la notizia della sua morte circolava sui media ed erano stati pubblicati dei necrologi. Né io, né nostra figlia Sophie, né nostro genero Spencer, né le mie sorelle, che Paul amava come sue e che hanno assistito alla sua morte, abbiamo avuto il tempo di elaborare la nostra grave perdita. Nessuno di noi è stato in grado di telefonare o inviare email alle persone a noi care prima che iniziasse il clamore online. Ci hanno privato di questa dignità. Non so come sia successo, ma questo so: è sbagliato.

Paul non ha mai lasciato il "Paese del cancro". (...) Paul ne aveva abbastanza. Ma non ha mai mostrato segni di autocommiserazione, né a parole né altrimenti. Il suo coraggio stoico e il suo humor fino alla fine della vita rimangono un esempio per me. Aveva detto varie volte che gli sarebbe piaciuto morire raccontando una barzelletta. Gli dicevo che era improbabile, e lui sorrideva.

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In Italia a ottobre il libro fotografico sulle sparatorie
3 May 2024 - Corriere della Sera

Il libro di Paul Auster, Un Paese bagnato di sangue, uscirà postumo in Italia a ottobre, tradotto da Cristiana Mennella per la casa editrice Einaudi. Nel saggio, uscito negli Usa nel 2023 prima del romanzo Baumgartner, i testi di Auster sono accompagnati dalle foto di Spencer Ostrander: attraverso parole e immagini lo scrittore e il fotografo raccontano l’epidemia di sparatorie di massa nell’america del nostro tempo, immagini di posti anonimi e deserti mostrano le ferite di un intero Paese. Ostrander — che era anche il genero di Paul Auster, marito della figlia Sophie — aveva raccontato il progetto in una intervista a Viviana Mazza uscita su «la Lettura» #618 del 1° ottobre 2023. Testi e foto vogliono essere una denuncia e insieme un invito a una profonda riflessione, sull’america di oggi.

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