I tre della prodezza e dell'incompiuta


di CLAUDIO GREGORI, Enciclopedia Treccani

Tre corridori italiani accendono grandi speranze: Battaglin, Visentini e Baronchelli. Tre uomini sospesi tra la prodezza abbagliante e l'incompiuta.


BATTAGLIN, CAMPIONE E GENTILUOMO

Il 21 aprile 1981 Giovanni Battaglin si schiera al via della Vuelta a Santander. Ha quasi trent'anni. Per due volte è già salito sul podio del Giro d'Italia. Ha vinto 3 tappe al Giro e portato la maglia rosa. È uno scalatore capace di imporsi nel Gran Premio della Montagna sia al Tour sia al Giro della Svizzera. La sua carriera è segnata da infortuni e crisi, da incompiute, da imprese e cadute verticali. 

Battaglin parte in sordina. Ma, nell'ottava tappa, che parte da Granada, una cronoscalata di 30 km, si rivela. Vince sulla Sierra Nevada e conquista la maglia amarillo. Belda e Pedro Muñoz cercano invano di scalzarlo. Per undici giorni Battaglin difende la sua leadership e, il 10 maggio, è primo a Madrid.

Tre giorni dopo, a Trieste, si schiera al via del Giro d'Italia. Battaglin perde subito 20 secondi nel prologo e sprofonda nell'ombra. Lascia la scena a Saronni e Moser, che si sfidano a viso aperto, con grande determinazione. Battaglin prova un attacco nella tappa di Lanciano, arriva ad avere quasi 3 minuti di vantaggio, ma fallisce. 

C'è il trio della Bianchi ‒ Prim, Baronchelli, Contini ‒ che insidia i due grandi. Battaglin però sul Terminillo attacca di nuovo, parte una fuga a sei e a Cascia affonda Moser, che era crollato in salita e poi caduto in discesa. Nella cronometro di Montecatini anche Battaglin cade e perde due minuti. Si va sulle Dolomiti con Contini in maglia rosa. Lì, a quattro tappe dalla fine, Battaglin attacca sul passo Furcia, vince a San Vigilio di Marebbe con 10 secondi soltanto su Saronni, ma prende anche 30 secondi di abbuono. 

Il giorno dopo, 5 giugno 1981, sulle Tre Cime di Lavaredo, a 2 km dal traguardo, attacca ancora nella scia degli svizzeri Breu e Fuchs. Arriva terzo con 22″ su Saronni e 35″ su Prim. Guadagna altri 10 secondi di abbuono e conquista la maglia rosa. Alla vigilia della cronometro finale, Soave-Verona (42 km), 39 secondi separano Battaglin da Saronni. Sembrano pochi. Invece Battaglin, che corre sulla sua terra, precede Saronni per un solo secondo e vince il Giro. Saronni, fischiato all'Arena di Verona, piange di rabbia. Battaglin è primo in classifica con 38″ su Prim e 50″ su Saronni. Senza gli abbuoni il Giro sarebbe stato dello svedese Prim con 2 secondi su Battaglin.

Battaglin è il primo italiano a conquistare la doppietta Vuelta-Giro, un'accoppiata riuscita prima solo al grande Merckx. Si era piazzato terzo nel Giro del 1973, dietro a Merckx e Gimondi. Ancora terzo 7 anni dopo, dietro a Hinault e Panizza. Era finito sesto al Tour del 1979, ma era risultato positivo sul Ballon d'Alsace. Il suo palmarès conta 4 vittorie di tappa al Giro, 4 al Giro di Svizzera, di cui tre in fila nel 1978, e solo una, per distacco, al Tour, a Caen nel 1976. Ha portato per 5 giorni la maglia rosa. Ha mostrato a volte una grande fragilità. Al Giro del 1983, in crisi sul passo Cento Croci, ha perso oltre mezz'ora.


IL TISTA

Se Battaglin è fragile, Giovanni Battista Baronchelli sembra un duro. Da dilettante ha vinto il Giro d'Italia e il Tour de l'Avenir. È un mantovano di Ceresara, nato il 6 settembre 1953. Forte in salita, a vent'anni mette alle corde Merckx al Giro, sulle Tre Cime di Lavaredo. Vince sei Giri dell'Appennino, un record che è la prova delle sue caratteristiche: ama le salite. Per questo è un grande interprete del Giro di Lombardia, una classica che non inganna sul valore degli atleti.

L'8 ottobre 1977, in questa gara, sul passo d'Intelvi resta un gruppo di 15 corridori tra cui De Vlaeminck e Maertens, che si controllano per la classifica del Superprestige, Moser e il giovanissimo Saronni, che scalpita. Poi fuggono in cinque. Tra di loro Baronchelli, che scatta sotto la pioggia a 19 km dal traguardo. Solo De Witte gli resiste, ma si mantiene passivo a ruota. Sulle prime rampe del San Fermo Baronchelli scatta e lo lascia al suo destino. Scollina con 50 secondi sul belga e 1′25″ sul primo gruppetto di inseguitori. Baronchelli vince in solitudine con oltre un minuto di vantaggio sui primi inseguitori.

Nove anni dopo Baronchelli, al termine di una stagione difficile in cui ha oltretutto dovuto cambiare squadra, a sorpresa regala il bis. È il 18 ottobre 1986. Ci sono sei uomini in fuga sulla Valpiana, l'ultima salita, con il veloce Kelly, che ha già vinto due volte questa corsa, e Baronchelli, fermo in volata. Il gruppetto entra a Milano. L'esito appare segnato. Ma in Corso Venezia, a 2 chilometri dal traguardo, all'improvviso, dopo che Kelly ha tirato, Baronchelli attacca. Kelly chiede all'australiano Anderson di chiudere. Questi si rifiuta. Secondi preziosi per Baronchelli, che fugge via e vince, a 33 anni, con 15 secondi su Kelly e Anderson.

Baronchelli, visto da fuori, appare duro come la roccia, chiuso come uno scrigno, invece è fragile come un bambino. A Nicotera, quando indossa la sua prima maglia rosa a 33 anni, si commuove e scoppia in singhiozzi. Dodici giorni dopo, a Foppolo, lascia il Giro imbronciato, per puntiglio, mentre è terzo in classifica. Baronchelli è un enigma. Parla a monosillabi. Il soprannome che porta, GiBi, due sillabe soltanto, ne esprime la personalità. Perde di pochissimo il Giro, finendo per due volte secondo: nel 1974 a 12″ da Merckx, nel 1978 a 59″ da Johan De Muynck. Per otto volte finisce nei primi sei al Giro, senza vincere mai. 

Gli mancano la testa, la squadra giusta e la fortuna. Chiuso, introverso, patisce le polemiche. Soffre sia Moser sia Saronni. Eppure al Mondiale di Sallanches '80, battuto solo da Hinault, che corre in casa, mostra la sua classe. Vince cinque tappe del Giro, il Gran Premio di Francoforte, il Giro dei Paesi Baschi e quello di Romandia, molte classiche italiane, la tappa di Santiago de Compostela alla Vuelta nei giorni in cui si rivela Miguel Induráin. Baronchelli è grande solo a metà.


IL VISENTA, BELLISSIMO E IMPOSSIBILE

Roberto Visentini è ricco, l'esatto contrario dello stereotipo del corridore, è insofferente, rissoso, egocentrico. Non è amato dai compagni. Però pedala bene. Campione del mondo junior, ha vinto il titolo italiano dell'inseguimento. È passista dotato, eccellente nelle tappe a cronometro e va bene in salita. È nato a Gardone il 2 giugno 1957. Elegge a teatro per le sue imprese il Giro d'Italia. Visentini, che ha già portato la maglia rosa nel 1980 e nel 1981, minaccia la vittoria di Saronni nel 1983. Lo stacca sul San Fermo, lo attacca nel 'tappone' dolomitico, lo insidia a cronometro. Alla fine Visentini arriva secondo in quel Giro; senza gli abbuoni lo avrebbe vinto con 38 secondi di vantaggio.

L'anno dopo Visentini fugge nella discesa di Montemarcello, si presenta solo a Lerici, con 19″ su Fignon, e si regala la prima vittoria da professionista in una corsa in linea. Arriva alle Dolomiti con solo un minuto di distacco dalla maglia rosa Moser e lì, il 7 giugno, regala una recita nuova. In Val Gardena, Moser va in crisi e trova aiuti lungo la strada. Visentini, allora, protesta, inveisce e viene insultato. A 14 km dal traguardo scende di bicicletta. Quando il suo direttore sportivo Boifava gli intima di arrivare al traguardo, lo fa. Ma si arrende. Arriva in grave ritardo. Il giorno dopo perde altri dieci minuti. Finisce il Giro al diciottesimo posto a 24 minuti da Moser. Torna a casa, mette il telaio della sua bicicletta nella morsa e con la sega lo taglia in cento pezzi, li mette in una borsa e porta tutto a Boifava dicendogli che non avrebbe corso più.

Undici mesi dopo è al via del prologo del Giro. Ha una bici rivoluzionaria, dal nome carnivoro, Piranha, che viene rifiutata dai giudici perché irregolare, eppure finisce secondo a 7″ da Moser. Il 20 maggio, quando il Giro arriva in Val Gardena, si prende la rivincita: resiste al forcing di Hinault e indossa la maglia rosa. Per nove giorni la porta con orgoglio, dalle Dolomiti alla Calabria. Poi Hinault gliela strappa nella crono di Maddaloni. Cede nella Cecina-Modena sulle rampe degli Appennini. Perde quasi sette minuti, poi si ritira. Va al Tour e finisce a un'ora dal vincitore Hinault.

Ma il 12 maggio 1986 è a Palermo, pronto a dare battaglia. Attacca sul Monte Poro; poi di nuovo sulla Crocetta. Nella sesta tappa scatta a due chilometri e mezzo dal traguardo e arriva da solo a Potenza con 11″ su Saronni, che prende la maglia rosa. Nella cronometro di Siena (46 km) solo Piasecki lo batte, di 7″, ma Visentini stacca la maglia rosa Saronni di 23″, LeMond di 33″, Moser di oltre un minuto. A Sauze d'Oulx strappa altri 16″ a Saronni, che si sente minacciato. Visentini infatti va all'attacco sul San Marco con LeMond e a Foppolo conquista la maglia rosa. LeMond invano lo attacca sul Pordoi. Visentini si difende bene e, nel giorno del suo 29esimo compleanno, vince il Giro. È primo, davanti a Saronni, Moser, LeMond.

Nel Giro del 1987 si presenta come l'uomo da battere. Vince il prologo di Sanremo e indossa subito la maglia rosa. Ma la corsa è stupefacente. Visentini scopre un aspide nella sua squadra: l'irlandese Roche. Questi conquista la maglia rosa nella terza tappa. Sul Terminillo chiede a Visentini collaborazione e ottiene un rifiuto. È una crepa insanabile. Il 4 giugno, nella cronometro di San Marino (46 km), Visentini surclassa il campo: lascia il secondo, Rominger, a oltre un minuto. Strappa a Roche, staccato di quasi tre minuti, la maglia rosa.

Due giorni dopo il Giro va a Sappada e, nella discesa della Forcella di Monte Rest, Roche allunga. Si crea una situazione surreale. Roche, della Carrera, è all'attacco e, dietro, i corridori della Carrera inseguono. Visentini chiede che Roche venga fermato, ma gli irlandesi hanno nei geni la lotta. Roche insiste. A 10 km dal traguardo Visentini si stacca. È un crollo psicologico. In pochi chilometri perde oltre 6 minuti e il Giro. Roche gli strappa la maglia rosa. A quel punto Visentini promette di attaccarlo con tutte le sue forze ma poi una caduta alla penultima tappa gli offre l'alibi per il ritiro. Nello spazio di tre mesi Roche vince Giro, Tour e Mondiale.

Visentini torna ancora all'assalto. Invano. Nella tappa del Gavia, nel Giro del 1988, beve cognac nella tormenta e arriva con 31 minuti di ritardo. 

Visentini, bellicoso e prodigo, minaccioso e fragile. Un re incompiuto. Eppure nella storia del Giro resta. Ha vinto 6 tappe ‒ 2 per distacco e 4 cronometro ‒ e ha portato per 27 giorni la maglia rosa, più di Girardengo, Magni, Gimondi e Hinault.

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