Nostalgia canaglia
il Venerdì di Repubblica, n. 1581, 6 luglio 2018
Il 2018 è stato finora l'anno della nostalgia per le grandi passioni. Nei luoghi che più spesso ho frequentato, il giornalismo, il cinema, la sinistra, è curioso che questo sentimento sia esploso nel cinquantennale del '68, l'anno del maggio francese e della morte di Bob Kennedy e di Martin Luther King, di Odissea 2001 di Kubrick, dell'apogeo dei Beatles, la rivoluzione culturale.
Ma come sempre, si celebra il passato o si sogna il futuro per parlare al presente, alla nostalgia di utopie delle nuove generazioni. Il grande cinema popolare è stato il miglior diario sentimentale di questo passaggio. È stato deludente il sequel di Blade Runner di Denis Villeneuve, pallido spettro del capolavoro di Ridley Scott dell'82. «Ho visto cose che voi umani...». Eppure significativo della nostalgia del cinema per la grandezza e il coraggio perduti. Molto belli erano invece Dunkirk di Nolan e L'ora più buia di Joe Wright, con un colossale Oldman-Churchil, che raccontano gli stessi eventi del 1940, l'incubo della fine della democrazia europea travolta dalla follia autoritaria e razzista.
Passato, presente, futuro? Una fitta al cuore dei vecchi cronisti è stato The Post. Non saprei dire se bello come il milgior cinema di Spielberg, forse no, ma di sicuro necessario. Storia di quando i giornali sapevano aprire un varco al chiacchiericcio pettegolo quotidiano, prendere per mano i lettori e raccontare loro la verità sul potere, fino a cambiare il clima e il sentimento della società. Così fu per lo scandalo dei Pentagon Papers del Washington Post, che aprì poi la strada al Watergate, alla destituzione di Nixon e alla fine della guerra in Vietnam.
Quello che manca ora non sono i bravi cronisti, le notizie, gli scoop, penso a Wikileaks o ai Panama Papers, al giornalismo eroico di Daphne Caruana Galizia e Ján Kuciak. Manca piuttosto la capacità di organizzare tutto questo in un grande racconto popolare capace di cambiare l'opinione pubblica attraverso grandi campagne. E ancora prima, la passione, sempre quella, di fare a cazzotti col potere.
Senza passioni civili, il giornalismo, il cinema, la politica sono puro intrattenimento, monetizzazione del tempo libero degli utenti, per giunta meno originale e vario di Netflix che infatti finirà per mangiarseli tutti. Almeno ogni tanto Netflix non dà al pubblico ciò che il pubblico vuole, ma quello che il pubblico ancora non sa di volere. I media non più.
Siamo un paese con microcriminalità e immigrazione in calo da anni, mentre l'emigrazione svuota le migliori energie, mafie e corruzione dilagano, ma nessuno le sa raccontare. Il menù fisso anche oggi prevede sbarchi e paure metropolitane. A che serve andare oltre il titolo?
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