GIRO D’ITALIA 1975, SULLO STELVIO L’EPICA SFIDA TRA BERTOGLIO E GALDOS
di Nicola Pucci
Fausto Bertoglio ha poco più di 26 anni ed ancora deve brindare al primo successo da professionista, quando si allinea al via del Giro d’Italia del 1975, edizione numero 58 di una memorabile avventura nata nel 1909. In carriera vanta solo un'altra partecipazione alla Corsa Rosa, nel 1973, quando fu 46-esimo, per poi l’anno dopo mettersi in gioco al Tour de France con un altrettanto anonimo 23-esimo posto. Insomma, per il ragazzo bresciano che veste i colori della Jolljceramica sono ben lungi dall’accendersi le luci della ribalta. Almeno così parrebbe.
Ma chi sono i favoriti lungo le 23 tappe che dal 17 maggio al 7 giugno condurranno i forzati del pedale da Milano all’arrivo in salita del Passo dello Stelvio, prima volta nella storia del Giro, sommando 3.963 chilometri di fatica e sudore? Non c’è Eddy Merckx, il trionfatore delle tre edizioni precedenti, costretto a dare forfait insieme a tutta la Molteni per un attacco influenzale contratto al Giro di Romandia e che deve così rinviare l’assalto ad una sesta vittoria “rosa“; non c’è neppure Francesco Moser, che ha dirottato energie ed ambizioni sul Tour de France; non c’è José Manuel Fuente, che l’anno prima ha dato spettacolo in montagna e forte dei due trionfi alla Vuelta del 1972 e del 1974 sarebbe potuto figurare come principale pretendente alla vittoria finale. Ed allora il pronostico è rivolto verso quel Gianbattista Baronchelli che nel 1974, poco più che 20enne, si era preso l’ardire di mettere in seria difficoltà il “Cannibale” terminando alle sue spalle per la miseria di 12″, il margine più ridotto mai registrato a chiusura del Giro; l’altro iberico Francisco Galdos, già sul terzo gradino del podio nel 1972; l’inossidabile Felice Gimondi che in assenza del rivale numero uno vorrebbe tanto rinnovare l’appuntamento con la vittoria; Miro Panizza e Giovanni Battaglin, eccellenti l’uno sulle strade del Tour dove fu quarto nel 1974, l’altro su quelle del Giro stesso che lo ha visto terzo nel 1973. Ma su Bertoglio, statene certi, non punta nessuno.
La corsa ha svolgimento lineare, con le prime due vittorie in volata di Knut Knudsen, che veste la maglia rosa a Fiorano Modenese diventando il primo norvegese a compiere l’impresa, e Patrick Sercu, che si impone sul traguardo di Ancona, prima dell’assolo di Battaglin a Prati di Tivo dove il vicentino dà un saggio della sua classe in salita staccando Galdos di 21″ e relegando il resto del plotone ad oltre due minuti. Lo stesso Galdos il giorno dopo, verso Campobasso, approfitta di una foratura del capitano della Jolljceramica che cede 44″ per indossare le insegne del primato nel giorno della prima di sette vittorie di Roger De Vlaeminck, che metterà poi la propria ruota davanti a tutti anche a Castrovillari, Potenza, Tivoli, Orvieto, Baselga di Piné e Alleghe.
C’è gloria anche per Rik Van Linden, che dopo qualche secondo posto di troppo vince infine a Bari infilando Sercu, Basso e lo stesso De Vlaeminck. Ma è tra Castrovillari e Padula, il 23 maggio, che davanti fa capolino la figura di Fausto Bertoglio, che sulle rampe del Valico di Campotenese e poi del Monte Fortino è in avanscoperta con Domingo Perurena, Chinetti, Bellini e Riccomi per risalire in classifica al terzo posto, a 1’24” da Galdos e alle spalle del capitano Battaglin. Un trio, questo, che sembra dare la sua impronta al Giro anche il giorno dopo, quando verso Sorrento stacca il gruppo sul Monte Faito di un minuto e mezzo e seppur a distanza dal vincitore Marcello Osler, incrementa sensibilmente il vantaggio in classifica, con Gimondi, Baronchelli e Panizza che si trovano a dover recuperare oltre tre minuti.
Si arriva così al primo confronto probante, il 29 maggio, la cronometro di Forte dei Marmi, 38 chilometri che dovrebbero servire a far luce su chi sia il più serio candidato alla vittoria finale. Ed il responso non ammette repliche, con Battaglin ad imporsi con 13″ su un coriaceo Gimondi, 18″ su De Vlaeminck, 36″ su Baronchelli e 41″ su Bertoglio e Knudsen, e Galdos che crolla ad oltre tre minuti, complice una caduta, perdendo la maglia rosa che torna saldamente sulle spalle di Battaglin. E a sera, con il compagno di casacca Bertoglio in seconda posizione in classifica generale con un ritardo di 1’42”, il campione di Marostica può dormire sonni tranquilli in vista delle montagne che dovrebbero favorirlo ancora.
Dovrebbero, ma non sarà così. Perché dopo il giorno di riposo, il calendario propone un’altra prova contro il tempo, stavolta salendo verso Il Ciocco, 13 chilometri che mettono le ali a Bertoglio che vince la prima corsa della sua carriera lasciando Perletto a 43″ e Baronchelli a 59″, con Galdos che cede poco più di un minuto e Battaglin che a sua volta accusa 1’48” di disavanzo, venendo scalzato dalla vetta della classifica per soli 6″ da quel ragazzo che doveva aiutarlo a vincere il Giro e che ora, invece, il Giro si trova a poterlo vincere in prima persona. Per Battaglin è una mazzata psicologica inattesa, ed il conto da pagare è salatissimo. L’indomani si va da Il Ciocco ad Arenzano, 203 chilometri sotto la pioggia che se registrano la vittoria parziale di “Cuore matto” Bitossi, pure rappresentano un calvario per Battaglin che va in crisi nera sulla Foce dei Resinelli, non tiene le ruote, rema con oltre nove minuti di ritardo e a sera dice addio ai suoi sogni di classifica. Mancano sette tappe alla fine e Fausto Bertoglio, il corridore che nessuno aspettava, si trova a comandare il Giro con due minuti su Galdos e tre su Gimondi e Baronchelli, loro sì attesi protagonisti della vigilia, con Perletto e De Vlaeminck ad oltre quattro minuti e Panizza, non ancora nel pieno delle sue forze, a 5’04”.
La tattica della Jolljceramica, a questo punto, è scontata. Difesa ad oltranza del vantaggio maturato in classifica, sperando che Bertoglio non accusi una responsabilità a cui non era preparato. Fausto passa indenne le tappe di Orta e Pontoglio, mentre a La Maddalena, palesando sicurezza, è secondo alle spalle di Panizza, tenendo le ruote di Baronchelli e rosicchiando altri 4″ a Galdos. Sul Monte Bondone i migliori si guardano a vista con il solo Perletto a cedere il passo, ed allora, dopo altri 5″ aggiunti a Pordenone, saranno le due ultime, terribili tappe a definire il podio finale del Giro d’Italia.
Si comincia il 6 giugno con la Pordenone-Alleghe di 179 chilometri, che prevede la scalata di Staulanza, San Lucia, Marmolada e Pordoi, ed è proprio su quest’ultimo che Galdos sferra l’attacco deciso alla maglia rosa. Assieme a De Vlaeminck, che vince a Baselga di Piné, e un eccellente Constantino Conti, lo spagnolo stacca Bertoglio che accusa il colpo e sembra andare in crisi. Fausto sbuffa e pedala scomposto, ma ha la fortuna di trovare in Gimondi, pure lui in difficoltà, un prezioso alleato e i due italiani, dandosi il cambio, riescono a contenere il ritardo in poco meno di un minuto e mezzo e a sera Bertoglio, per soli 41″, è ancora in testa alla graduatoria generale.Galdos vince sullo Stelvio – da gazzetta.it
L’epilogo appartiene alla leggenda, e meriterebbe un capitolo a parte. Vincenzo Torriani, che in quanto a fantasia è un direttore d’orchestra senza pari, ha scelto il Passo dello Stelvio quale arena finale del Giro, con la speranza che al mattino dell’ultimo giorno i giochi siano ancora aperti e due contendenti siano ancora in grado di darsi battaglia. Esattamente quel che accade con Bertoglio e Galdos, con Gimondi e Baronchelli invece ormai tagliati fuori ad oltre tre minuti. E lungo i 48 tornanti di questo totem del ciclismo mondiale, dopo aver già spianato San Pellegrino e Costalunga con la tacita promessa di rimandare la decisione allo Stelvio, i due primattori librano un duello all’ultima stilla di energia, con Galdos che mette Pozo e Lasa a menare in testa a quel che resta del gruppo fin dai primi metri di ascesa e Bertoglio che vigila nelle prime posizioni, con lo scontro frontale che si accende sui tratti al 16% di pendenza uscendo da Trafoi, con i soli Perletto e Panizza, poi attardato da un guasto meccanico, a reggere l’urto dello spagnolo. E quando poi, in un tripudio di folla affascinata dallo sforzo dei giganti della strada e fra due pareti di neve a dare un tocco di magia all’impresa sportiva, anche Perletto è costretto ad arrendersi all’incedere senza indugi dei due campioni, giunge infine il momento della resa dei conti. Il grande iberico spinge in progressione con decisione, l’eroico italico vestito di rosa non molla un centimetro, anzi affiancando il rivale ad ogni tornante a voler significare di essere per niente intenzionato ad arrendersi. E col passare dei metri, se si affievolisce la speranza di Galdos, prende corpo il sogno di Bertoglio di portare a compimento, lui l’uomo della fatica e del sacrificio, la prodezza destinata all’albo d’oro.
Al traguardo è Galdos a passar per primo ma Bertoglio gli è a ruota e sotto il cartello che inneggia “Fausto come Coppi“, perché proprio qui il Campionissimo realizzò una delle sue imprese più grandi, l’accostamento che parrebbe irriverente, mai stavolta è più azzeccato. Il Giro d’Italia si tinge d’azzurro. Correva l’anno 1975.
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