La prima Grand Départ in Italia, il Tour 2024 è già nella storia


di Christian Giordano ©
Sky Sport © - venerdì 29 giugno 2024

Il Tour de France 2024 parte dall’Italia.

Dice: capirai, sai che notizia, è da settant’anni (Amsterdam, 1954) che la Grande Boucle comincia dall’estero, embè? È già successo venticinque volte. Che vuoi che sia la 26ª, anche se da Firenze?

No, forse non ci siamo capiti: il Tour de France parte dall’Italia, per la prima volta nella storia. In 121 anni e, con questa, 111 edizioni, non era mai successo. È più chiaro, ora?

Capirai: dopo Germania, Svizzera, Lussemburgo, Danimarca, Spagna, persino Inghilterra e Irlanda (pure quella del Nord), in sei occasioni dall’Olanda e cinque dal Belgio, la notizia semmai è come mai da noi sia avvenuta solo adesso. Anno (poco domini) 2024.

Almeno una cosa però è sicura: una bellezza come i tre chilometri di autentica “Open to meraviglia”, questa sì non virtuale, dalla Sala dei Cinquecento a piazzale Michelangelo – “il Piazzale”, come dal 1869 lo chiamano i fiorentini – non s’era mai vista. E chissà se mai si vedrà.

Con un impressionante sforzo economico, organizzativo e logistico, Toscana, Emilia-Romagna e Piemonte – in rigoroso ordine di tappe – si sono fatte trine e una, unendo le forze per regalare al Belpaese un momento epocale. L’evento sportivo a cadenza annuale più seguito al mondo, e nel ciclismo – semplicemente – la corsa più importante nel calendario internazionale.

Nell’ambiente è notorio che «il campione “fa” il Giro, il Tour “fa” il campione». E se questa Grande Boucle è già nella storia per la prima Grand Départ italiana, può entrarci anche per questioni tecniche: la prima doppietta giallorosa 26 anni dopo l’ultima, quella di Marco Pantani.

Tadej Pogačar, il Merckx ma gentile di quest’epoca, ha stravinto il Giro al debutto.

E punta a conquistare il suo terzo Tour dopo i due secondi posti consecutivi dietro il danese Jonas Vingegaard, che da quest’anno si è aggiunto il cognome Hansen della consorte Trine Marie.

A insidiare il tris dello sloveno, sarà anche il suo connazionale Primož Roglić, ex compagno di Vingegaard nella Jumbo-Visma vincitutto nei grandi giri del 2023; e alla prima stagione nella Bora-Hansgrohe che proprio da questo Tour sarà marchiata anche Red Bull. Con nuovi logo, colori e livrea all-black.

Con obiettivi tutti da definire strada facendo, è il caso di dirlo, in vista dell’Olimpiade, anche i due fuoriclasse campioni del mondo: l’olandese Mathieu van der Poel in linea, il belga Remco Evenepoel a cronometro; e a 24 anni e mezzo, al suo primo Giro di Francia.

Il primo anche che, proprio a causa dei Giochi (26 luglio-11 agosto), non si concluderà (con la passerella) a Parigi, bensì (con una cronometro) a Nizza.

Okay la prima partenza italiana di sempre, ma gli italiani in gara?

Otto. Uno in più rispetto al 2023, dunque scongiurato il back-to-back negativo del minimo storico negli ultimi trent’anni.

Non abbiamo ambizioni di classifica. Ma il toscanissimo Alberto Bettiol (di Castelfiorentino), alla prima uscita in maglia tricolore di campione nazionale, e il camoscio abruzzese Giulio Ciccone, maglia a pois uscente del Tour, possono puntare ad almeno un successo di giornata che ci manca da cinque anni e 85 tappe.

Era il 27 luglio 2019, Vincenzo Nibali nella Albertville-Val Thorens, 20ª e penultima frazione del Tour vinto da Egan Bernal.

Il “Bettio” ci proverà già dal via, per puntare alla prima maglia gialla: 206 km da Firenze a Rimini adattissimi a fughe e a colpi di mano. La specialità della casa per il re del Fiandre 2019 e splendido vincitore, il 13 marzo con uno straordinario assolo, della Milano-Torino.

“Cicco”, dopo tanta sfortuna, si scatenerà quando la strada sale sul serio. E di occasioni ne avrà eccome: 68 GPM, 438 km di salite classificate e 4 arrivi in quota (Pla d’Adet, Plateau de Beille, Isola 2000 e Col de la Couillole) per un dislivello complessivo di 52.230 metri.

Poi ci sono i gregari extralusso.

Davide “Roccia” Formolo, non più di Pogacar nella UAE Emirates, ma di Enric Mas alla Movistar.

La ruota veloce Davide Ballerini e Michele Gazzoli nel treno per Mark Cavendish, il Cannonball britannico che si era già ritirato vincendo a Roma a fine Giro 2023. E invece è rientrato a caccia della vittoria di tappa numero 35 che lo proietterebbe oltre Eddy Merckx come recordman di successi parziali ogni epoca al Tour.

Luca Mozzato, a sorpresa piazzato al Fiandre 2024 dietro sua maestà Mathieu van der Poel, alla Arkéa tirerà le volate al francese Arnaud Démare, vincitore della (discussa) Sanremo 2016 e in cerca di rilancio dopo annate un po’ così.

Il redivivo Gianni Moscon per Evenepoel alla Soudal-QuickStep e Matteo Sobrero per Roglić.

Le tre tappe (e mezzo) italiane, ora. Essenziale nel portare da noi il Tour, l’ex Ct Davide Cassani che da presidente della APT Emilia-Romagna è stato anche il braccio oltre che la mente del progetto. Come per il mondiale di Imola 2020 organizzato a tempo di record, è sua la firma sui percorsi.


LE TRE TAPPE E MEZZA ITALIANE

T1: Firenze-Rimini, 206 km, dislivello 3600 mt (sabato 29 giugno)

Contrariamente alla tradizione, e facendo un po’ il verso all’ultimo Giro, si comincia col botto. Tappa sì di media montagna, ma lunga e con sette salite per 3600 metri di dislivello attraverso gli Appennini.
Si sfiora Ponte a Ema, in omaggio ai 110 anni della nascita di Gino Bartali, due volte in giallo e a distanza-record di dieci anni (1938, 1948).
E si tocca il Mugello, in memoria di Gastone Nencini, vincitore nel 1960.
A quota 930 metri, dopo cinquanta km, il passo del Valico Tre Faggi (12,5 km al 5,1%) è la vetta più alta di giornata, ma non l’ascesa più difficile. Le altre sono più corte, ma più ripide.
Da non sottovalutare (fidatevi, per esperienza), specie con la canicola, il Barbotto caro a Pantani: 5,8 al 7,6% ma con un tratto prossimo al 18. Non a caso proprio lassù, in cima, accanto al “Bar Botto” (locale con foto e memorabilia del Pirata), è stata allestita una tribunetta per gli spettatori.
In ricognizione, il finale su e giù da San Marino verso Rimini l’abbiamo pedalato due volte: la prima dietro un certo Bernard Hinault. Seguire in discesa come il Tasso, pur sessantanovenne, pennellava le curve, è stato come veder arabescare Picasso. Un’esperienza quasi trascendente. L’alba del surrealismo razionale.

T2: Cesenatico-Bologna, 199,2 km, dislivello 1850 mt (domenica 3 giugno)

Altro duecentello in back-to-back lungo la memory lane. Per i big primo test significativo, nella terra del Pirata, ultimo doppiettista Giro-Tour (1998), e con 1900 metri di dislivello.
Il gruppo toccherà lo Spazio Pantani, il museo che la sua città gli ha dedicato vicino alla stazione, e sfilerà in suo ricordo di fronte al cimitero dove Marco Pantani riposa.
Prima ascesa il Monticino (2 km al 7,5% medio), poi ci si disseta a Riolo Terme, culla delle acque minerali. A metà tappa, vicino Imola, il primo vero strappo di giornata: la Gallisterna (1,2 km al 12,8%), memorabile rampa (è il caso di dirlo) di lancio per l’iridato Julian Alaphilippe del 2020.
Anche qui, l’omaggio di sfuggita, nella vicina Brisighella, casa di Aldo Ronconi: una tappa (a Lussemburgo), due giorni in giallo e appena giù dal podio a Parigi nel 1947.
Scollinato il Montecalvo (2,7 km al 7,7%), un circuito conclusivo di 18 km ideale per gli attacchi.
Finale bello tosto con doppia (!) scalata del San Luca (1,9 km al 10,6%), dove gli studenti dell’ateneo più antico del mondo occidentale (1088) espiano il proprio voto alla Madonna.
E Primož Roglić ha vinto gli ultimi tre Giri dell’Emilia negli anni dispari (2019, ’21, ’23).
Occhio anche agli ultimi due degli anni pari: il russo Aleksandr Vlasov (2020), che però ha Roglić come capitano, e lo spagnolo Enric Mas (2022).
Da brividi la Curva delle Orfanelle: picco al 17,5% dove Fiorenzo Magni, clavicola rotta, assurse alla mitologia tirando con i denti la camera d’aria legata al manubrio nella crono poi vinta, come quel leggendario Giro del 1956, da Charly Gaul. L’idolo del Panta.
Last but not least, i 4 km di portici sono un World Heritage Site come Patrimonio dell’UNESCO.

T3: Piacenza-Torino, 230,5 km, dislivello 1100 mt (lunedì 1° luglio)

Prima occasione per i velocisti, ma non crediate sia una passeggiata. Terza da almeno 200 km su tre, e altrettante salitelle di 4ª categoria.
La prima nella Tortona (1,1 km al 6,3%) dell’addio a Fausto Coppi, in mezzo il Barbaresco (1,5 km al 6,5%) e l’ultima a Sommariva Perno (3 km al 4,6%), ai -45 km.
Poi sarà bagarre per tenere coperte le ruote veloci prima di lanciare i rispettivi treni per la volata.
Torino ospita per la terza volta un arrivo del Tour. Nel ’56 vinse l’enfant du pays Nino Defilippis, nel ’61 il francese Guy Ignolin e nel ’66 il nostro Franco “Cuore matto” Bitossi.

T4: Pinerolo-Valloire, 139,6 km, dislivello 3600 mt (martedì 2 luglio)

Si arriva in Francia e si torna a salire. Montagna vera, però.
Dopo il Sestriere (ben 39,9 km al 3,7% fino ai 2035 mt) e il Monginevro (8,3 km al 5,9%) si scende fino a Briançon per poi scalare il Lautaret verso lo spauracchio Galibier: un mostro che incute terrore con la sua maestosa oscurità più e prima ancora che coi suoi 2642 metri di altitudine. Qui una delle pagine immortali della tragica epopea pantaniana.
Novità: bonus per i primi tre che scollinano, e pepe sulla coda di un piatto già succulento prima del gustoso (e forse indigesto) dessert, la picchiata finale di 18,9 km verso i 1413 mt di Valloire.
A 100 anni dalla prima vittoria di un italiano – Ottavio Bottecchia (Botescià, oltralpe) – e a dieci dall’ultima – lo “Squalo” Vincenzo (Nibalì, per loro) – sarà un Tour già per i posteri.
Anche, se non soprattutto, perché comincia da noi.

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